Erano finiti sotto inchiesta sette medici. Due giudici non hanno rilevato responsabilità penali
Si chiude definitivamente il capitolo Citrobacter, quel batterio killer che tra il 2018 e il 2020 contagiò cento nati prematuri nei reparti di Maternità dell’Ospedale della Donna e del Bambino a Borgo Trento a Verona, provocando la morte di quattro neonati e una disabilità permanente ad altri sei. Per due di questi casi erano finiti sotto inchiesta cinque anni fa sette tra dirigenti e medici dell’azienda ospedaliera universitaria integrata con l’accusa di omicidio colposo e lesioni colpose in ambito sanitario per il decesso a cinque mesi di Alice Carnevale e per le gravi lesioni provocate a Benedetta G. a un mese dalla nascita per l’infezione da Citrobacter.
«Non sussistente il rapporto di causalità»
Lo scorso dicembre la giudice Livia Magri ha prosciolto i sette indagati con sentenza di non luogo a procedere. La procura aveva tempo fino a lunedì per presentare ricorso e alla fine ha deciso di non impugnare la sentenza, dopo che due giudici per le indagini preliminari hanno esaminato l’intera documentazione senza rilevare delle responsabilità penali.
«Dopo una meditata riflessione si ritiene di non impugnare la decisione della dottoressa Livia Magri – dichiara il procuratore capo Raffaele Tito -. Due diversi giudici non hanno ritenuto sussistente il rapporto di causalità tra l’omissione (che la Procura considera chiara e inequivoca alla luce della relazione depositata dai propri consulenti tecnici) e la morte e le lesioni dei bambini nati prematuri all’Ospedale della Donna e del Bambino di Verona. Il rapporto di causa non può ricorrere sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di elevata probabilità logica di cui deve essere fornita adeguata prova rigorosa».
La «fase di silenzio e immobilismo» secondo l’accusa
Nemmeno le famiglie di Alice e Benedetta potranno impugnare la sentenza, in quanto non si sono potute costituire parte civile all’udienza preliminare. I genitori delle due bimbe sono stati risarciti dall’ospedale di Borgo Trento.
L’accusa aveva evidenziato come tra febbraio e maggio 2020 ci sarebbe stata una «fase di silenzio e immobilismo», poiché tra il 14 gennaio e il 6 maggio 2020 non si sarebbe più tenuta – stando ai verbali consultati dai tecnici della procura – alcuna riunione dell’equipe medica sulle infezioni del batterio killer. La colpa dei sette medici e dirigenti sarebbe quindi stata, secondo gli inquirenti, quella di aver aspettato la data del 6 maggio prima di inasprire le misure di contenimento del Citrobacter. Nelle motivazioni della sentenza la giudice Magri aveva però sottolineato come i provvedimenti adottati in maggio «non fossero molto diversi da quelli decisi il 14 gennaio, a eccezione della sospensione dello screening universale».
L’incertezza sugli effetti del contenimento
La gip ha inoltre evidenziato come i consulenti della procura non fossero certi che un inasprimento delle misure avrebbe risparmiato la vita alla piccola Alice ed evitato le lesioni gravi di cui soffre Benedetta. Oggi la bimba ha quattro anni e presenta danni permanenti di tipo motorio e cognitivo: non riesce a camminare ed è tenuta in vita da drenaggi e tubicini. «Non si vede come poter ipotizzare – scrive Magri – che le azioni di contenimento dei contagi del 6 maggio, se messe in atto alla fine di febbraio, avrebbero sortito un effetto di contenimento dell’epidemia. Gli stessi consulenti si esprimono prudentemente».
L’origine dell’inchiesta
L’inchiesta era partita nel 2020 da una segnalazione di Francesca Frezza, la mamma di Nina che per prima denunciò nel 2019 la morte della figlia a causa del batterio killer. Da lì era stato aperto un fascicolo di indagine dal pubblico ministero Maria Diletta Schiaffino. Una maxi perizia aveva però stabilito che solo per due casi, quello di Alice e Benedetta, poteva essere richiesto il processo: per i consulenti tecnici solo le loro infezioni erano di certo compatibili con quella nosocomiale. «La nuova regola di giudizio è collegata alla ragionevole previsione di condanna ed è stata introdotta dalla cosiddetta Riforma Cartabia nel 2023, quindi successivamente al periodo in cui sono state esplicate le indagini – precisa il procuratore capo Tito -. Questa nuova regola impone al giudice penetranti valutazioni prognostiche in ordine alla responsabilità dell’imputato». All’udienza preliminare non sono state però rilevate delle responsabilità penali per i sette medici e il caso Citrobacter è quindi ormai chiuso.
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