Cosa rimarrà delle norme europee sulla sostenibilità con il pacchetto Omnibus?

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Le normative sulla sostenibilità delle imprese, quelle che hanno caratterizzato la scorsa legislatura europea, sono troppe e vanno semplificate. Questa è una delle priorità dei primi cento giorni della neo-insediata Commissione di Ursula von der Leyen. Che a breve presenterà una misura ad hoc, un pacchetto Omnibus. Secondo indiscrezioni sempre più insistenti, però, più che una semplificazione potrebbe rivelarsi un colpo di spugna.  

A cosa serve il pacchetto di semplificazione Omnibus

Partiamo dal principio. La precedente Commissione europea, guidata sempre da Ursula von der Leyen, ha imperniato la propria missione politica sul Green Deal, il colossale piano per azzerare le emissioni nette di gas serra del Continente entro il 2050. Per accompagnare le imprese in questa trasformazione radicale, ha messo a punto – non senza difficoltà – un corpus normativo molto articolato. I testi chiave sono tre. Il primo è la tassonomia delle attività economiche eco-compatibili. Poi c’è la direttiva che amplia il perimetro delle aziende tenute a redigere la rendicontazione di sostenibilità (Corporate sustainability reporting directive, Csrd). Infine, la direttiva che impone alle grandi imprese di esercitare la due diligence sul rispetto dei diritti umani e dell’ambiente lungo la filiera (Corporate sustainability due diligence directive, Csddd).

Fin qui lo storico. Ma sembra chiaro che l’orientamento della nuova Commissione sarà diverso. Il Partito popolare europeo (Ppe), lo stesso che ha espresso come candidata Ursula von der Leyen, paventa le ripercussioni negative sulle imprese (soprattutto piccole e medie) di quello che descrive come un eccesso di regole e burocrazia. Trovando una sponda nel Rapporto sulla competitività europea redatto da Mario Draghi. Per questo la Commissione sta lavorando a un pacchetto di semplificazione Omnibus che dovrebbe snellire le regole, soprattutto per le imprese più piccole, e adattarle ai vari settori. La pubblicazione della proposta ufficiale è in programma per il 26 febbraio 2025. A quel punto partirà la procedura legislativa.

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Addio alla Csrd? Le dichiarazioni di Stéphane Séjourné

Ma l’intento è quello di semplificare, oppure di stralciare parti fondamentali della normativa? A far sorgere il dubbio è un’intervista di Stéphane Séjourné, vicepresidente esecutivo della Commissione europea e Commissario europeo per l’industria, l’imprenditoria, le piccole e medie imprese e il mercato unico. «Modificheremo profondamente molti aspetti della burocrazia», ha anticipato all’emittente radiofonica France Info. «Manteniamo gli obiettivi climatici, ma cambiamo il percorso delle imprese per raggiungerli».

Parole simili fanno presagire che la normativa sulla rendicontazione di sostenibilità, in particolare, possa essere pesantemente ridimensionata. Lo staff di Séjourné si è affrettato a precisare che nessuno intende cancellare la Csrd, quanto piuttosto «ridurre di dieci volte» la mole di dati richiesti alle imprese. Anche perché, come precisano vari osservatori interpellati dalla testata francese Novethic, la rendicontazione obbligatoria di sostenibilità (almeno per le grandi imprese) esiste da molto più tempo, per la precisione dalla Non-financial reporting directive (Nfrd) del 2014. Accantonarla significherebbe, in sostanza, tornare indietro di 15 anni.

Le grandi imprese difendono le normative sulla sostenibilità

In attesa del testo del pacchetto Omnibus, decine di organizzazioni non governative hanno fatto appello all’Unione europea affinché «dimostri la sua leadership nella protezione dei diritti umani, dell’ambiente e del clima, prevenendo ulteriori passi indietro in termini di responsabilità delle imprese». Se questa presa di posizione era – tutto sommato – prevedibile, suona già più inaspettato che le grandi corporation si schierino esattamente dalla stessa parte.

«Gli investimenti e la competitività si fondano sulla certezza delle politiche e sulla prevedibilità delle leggi. L’annuncio che la Commissione europea sta lavorando su un pacchetto Omnibus che potrebbe includere una revisione delle legislazioni esistenti rischia di compromettere entrambi questi fattori», si legge in una lettera firmata da colossi del calibro di Ferrero, Nestlé, Unilever, Primark. Gruppi che hanno già investito risorse anche ingenti per allinearsi ai requisiti europei, in particolare per esercitare la due diligence sulla propria catena di fornitura. E, ora, sono spaventati dalla prospettiva di dover rifare tutto da capo.

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