È partita oggi da piazza San Pietro la quinta edizione di “From 100% to 5%”, la più grande prova comparativa europea organizzata da Motor1.com e InsideEVs per misurare l’efficienza delle auto elettriche, che ha testato 12 diversi modelli. I risultati saranno resi noti il 10 febbraio, ma nel frattempo è stato presentato in anteprima europea lo studio Jato dynamics Il prezzo giusto dell’auto elettrica, che ha dato l’occasione per un confronto tra i rappresentanti delle principali associazioni automotive nazionali sui temi strategici della transizione verso la mobilità elettrica.
Lo studio evidenzia come nel mercato dell’auto elettrica il 51% dei veicoli è realizzato da costruttori cinesi, il 22% da brand americani, il 18% da marchi europei. Negli ultimi 5 anni il prezzo medio delle auto elettriche in tutto il mondo ha registrato un deciso calo a fronte, invece, di un aumento medio dei prezzi di listino delle vetture con motore endotermico, ma i risultati cambiano molto a seconda dell’area geografica considerata.
Nell’Eurozona, in particolare, il prezzo medio al dettaglio delle auto “alla spina” è diminuito del 15% tra il 2018 e il 2024, mentre quello delle vetture diesel o a benzina è cresciuto del 7%; un trend simile si è evidenziato negli USA con una riduzione ancora più significativa dei prezzi delle Bev (-25%). Al contrario, in Italia – dove la quota di immatricolazioni elettriche resta bloccata al 4%, ben al di sotto della media europea, complice ancora la carenza di veicoli nei segmenti A e B – il prezzo medio al dettaglio delle auto elettriche è aumentato del 14% in sei anni.
Stando allo studio di Jato, le vetture elettriche sul mercato italiano risultano più costose del 25% (nel 2023 la percentuale era del 36%) rispetto a quelle “endotermiche”. Il 2025 si preannuncia come l’anno della svolta, con l’arrivo sul mercato italiano di diversi modelli nei segmenti A e B, con un costo di listino inferiore ai 30mila euro, ma la strada per chiudere il gap è ancora molto lunga.
Basti pensare che oggi il prezzo medio al dettaglio di un’auto elettrica comprata in Italia è superiore del 126% rispetto a quello di una vettura acquistata in Cina. Stesso discorso vale per il Regno Unito dove una vettura elettrica costa mediamente il 122% in più rispetto al mercato cinese e negli Stati Uniti dove la percentuale di maggior costo raggiunge il +109%. In altre parole, il prezzo medio di una vettura elettrica in Italia è oggi di 67.058 euro, poco sopra la media europea (62.709 €) e degli Usa (62.044 €), molto distante dalla Cina (29.682 €).
«In Italia il 20% circa delle aziende della componentistica ha già investito nella produzione di componenti per veicoli elettrici – commenta Gianmarco Giorda, dg di Anfia – Occorre però lavorare per salvaguardare e accrescere la competitività della nostra filiera in un dominio tecnologico in cui, ad oggi, l’Ue non è il player più forte. In Italia, è importante introdurre un credito d’imposta per la ricerca e l’innovazione e mettere in campo azioni per attrarre investimenti nel Paese, così da agevolare il rinnovamento del settore».
Nel merito il dg di Unrae, Andrea Cardinali, sottolinea che l’Unione nazionale rappresentanti veicoli esteri «da tempo propone al Governo una serie di strumenti concreti per accelerare la diffusione di veicoli a zero e bassissime emissioni: un piano di sostegno alla domanda pluriennale, almeno fino al 2027; la revisione del regime fiscale delle auto aziendali, con interventi su detraibilità dell’Iva e deducibilità dei costi, da parametrare in base alle emissioni di CO2; una politica mirata per lo sviluppo capillare di infrastrutture di ricarica elettrica».
Gli fa eco Francesco Naso, il segretario generale di Motus-e, che guarda avanti: «Il 2025 sarà molto importante per la mobilità elettrica. Se infatti sui segmenti più alti di mercato la parità di prezzo con l’endotermico è a portata di mano, la forbice si sta chiudendo anche sui modelli di massa. L’auspicio è che questo trend venga accompagnato da politiche di supporto stabili, anche sulle flotte aziendali, e da azioni a costo zero che valorizzino l’impegno degli operatori della ricarica, che stanno realizzando in Italia una rete tra le più avanzate d’Europa».
In un simile contesto s’innestano anche i risultati dell’analisi presentata oggi al ministero delle Imprese dall’Osservatorio Tea – l’osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano, guidato dal Center for automotive & mobility innovation dell’Università Ca’ Foscari Venezia (Cami) e dal Cnr-Ircres – nell’ambito dell’evento “Mobilità elettrica e industria italiana: i risultati della survey 2024”.
La ricerca si basa sulle risposte a una survey condotta nel 2024 a cui hanno partecipato 397 delle oltre 2.100 imprese mappate dall’Osservatorio, rappresentative dell’ecosistema industriale automotive italiano. Dalle risposte emerge che il 48,1% delle aziende rimarrà sostanzialmente fermo a livello di investimenti nel triennio 2024-2027, rinunciando a sviluppare nuovi prodotti in scia al clima di incertezza che si è generato in Italia sulla transizione tecnologica dei trasporti. A livello numerico, le aziende che continueranno a investire lo faranno guardando più alla mobilità elettrica (31% dei rispondenti) che alle motorizzazioni endotermiche (20,9%).
In termini di volumi di risorse, il 61,6% degli investimenti sarà rivolto a componenti che non sono collegati al tipo di alimentazione del veicolo, rispecchiando la natura fortemente invariante del portafoglio prodotti e delle competenze della filiera. Il 17,9% degli investimenti si concentrerà sullo sviluppo di componenti esclusivi per i veicoli elettrici, il 10,1% sui componenti peculiari per i veicoli endotermici, il 6,7% su ingegneria e design e solo il 3,8% sul software, che rappresenterà invece uno dei principali terreni di sfida dei prossimi anni.
«La ricerca rende il quadro di una filiera estesa che non è esposta in modo particolare all’elettrificazione del drivetrain – spiega il direttore dell’Osservatorio Tea, Francesco Zirpoli – le crisi in atto sono da attribuire prevalentemente ad una diminuzione significativa e generalizzata delle commesse che riguarda prevalentemente i fornitori che hanno un alto volume d’affari con Stellantis. L’analisi identifica un numero molto significativo di imprese che presenta alte potenzialità di crescita nel prossimo triennio. Sono quelle che investono più della media in innovazione e che dall’Italia sono cresciute verso l’estero».
Cosa chiedono quindi le aziende per affrontare nel migliore dei modi la transizione e per preservare (o rilanciare) la propria competitività?
In cima alle preoccupazioni della filiera c’è il nodo dei costi dell’energia, seguito dall’esigenza di un’accelerazione sull’adozione delle fonti rinnovabili, percepita come un elemento di competitività rilevante per via delle certificazioni sull’impronta carbonica richieste ai fornitori di componenti. Inoltre, si invocano politiche per la diffusione dell’infrastruttura di ricarica, per facilitare assunzioni e formazione del personale e per stimolare la domanda di veicoli elettrici, agendo così indirettamente anche sulle economie di scala.
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