Trump, addio politiche green? Le imprese sceglieranno la sostenibilità

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Donald Trump è tornato alla guida degli Stati Uniti puntellando il suo discorso di insediamento con gli stessi temi che aveva cavalcato durante la campagna elettorale: basta con lo ius soli, sì ai respingimenti forzati delle persone migranti, stop alle politiche inclusive di genere, militarizzazione ed espansione delle frontiere, via libera ai dazi per “difendere l’America”, bloccare l’eolico offshore e poi Drill baby drill!, quel vecchio slogan rispolverato e reiterato fino al punto di produrre conseguenze già prima dell’insediamento.

Scardinare la transizione green

Di fatto, quello slogan è un via libera alle trivelle, in barba all’allarme climatico e alle sue manifestazioni sempre più frequenti e violente. L’obiettivo è cancellare molte di quelle protezioni per gli ecosistemi fragili volute da Joe Biden e scardinare la transizione verso la mobilità elettrica. 

Temi che hanno dato sostanza ad alcuni degli ordini esecutivi firmati proprio il 20 gennaio, il primo giorno del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, subito dopo il giuramento. Ma quella che è un po’ la sintesi, ampiamente anticipata della scelte energetiche presenti e future del nuovo inquilino della Casa Bianca, è l’uscita dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

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Così anche nel 2019

Lo aveva già fatto nel 2019 durante il suo primo mandato e il suo successore, Joe Biden, aveva aderito di nuovo all’intesa con un ordine esecutivo firmato nel primo giorno dell’inizio del suo mandato.

«Speriamo che finisca come quattro anni fa. Uscire dall’Accordo di Parigi è un percorso molto lungo e implica una serie di passaggi che possono durare degli anni», spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, «quando Biden riavviò l’iter per rientrare, gli Stati Uniti non erano ancora usciti».

Stefano Ciafani, foto Mauro Scrobogna / LaPresse

La transizione green conviene

Resta un gesto simbolico nell’anno più caldo di sempre e in cui per la prima volta il pianeta ha superato la soglia dell’aumento di 1,5 gradi al di sopra dei livelli preindustriali. «Dobbiamo intervenire nella maniera più veloce possibile, perché quello che abbiamo fatto fino ad oggi non è sufficiente. Certo», sottolinea «il disimpegno dello stato americano è un problema, ma», avverte, «le aziende americane non si disimpegneranno».

Anche nel corso del primo mandato, Trump aveva parlato della necessità di riprendere «a scavare il carbone per rendere più indipendente il paese, che però è andato in tutt’altra direzione». Al punto che «durante i quattro anni dell’amministrazione di Trump l’estrazione di carbone e diminuita anno dopo anno».

Il mercato internazionale continua a spingere sulle tecnologie verdi, «con la Cina che sta conquistando sempre più spazio».

A rischio gli sforzi di tutti

Il punto è che però la salute del Pianeta riguarda tutti, a livello globale, nazionale e locale. La decisione di abbandonare l’Accordo di Parigi è un passo indietro nella lotta al cambiamento climatico. Senza dimenticare che gli Usa sono il secondo più grande paese che emette gas serra che riscaldano il Pianeta.

Un’azione che non solo mette a rischio gli sforzi collettivi per limitare l’aumento delle temperature globali, ma manda anche un messaggio pericoloso, rischiando di indebolire la volontà politica di altre nazioni di rispettare i propri impegni.

Decarbonizzazione, il ruolo dell’Europa

E l’Europa? «L’Europa ha l’occasione di rafforzare la leadership mondiale sulla decarbonizzazione che Ursula von der Leyen spinse 5 anni fa con la sua prima commissione e il lancio del Green deal nel novembre del 2019», precisa il presidente di Legambiente. Ora nelle prossime settimane l’Europa presenterà il Clean industrial deal e «vedremo se la commissione von der Leyen 2 vorrà rafforzare effettivamente la leadership sulla decarbonizzazione o se deciderà di lasciarla alla Cina come di fatto sta facendo Trump».

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La scelta del mercato

Resta il fatto che questa scelta indebolisce le trattative a livello internazionale per limitare le emissioni di gas serra e la lotta alla crisi climatica. Anche dal punto di vista della narrazione è un colpo.

«L’amministrazione Trump non finanzierà le tecnologie verdi come ha fatto l’amministrazione Biden, è certo», sottolinea Ciafani, «però va anche detto che ormai le tecnologie verdi non hanno più bisogno di particolari incentivi, sono diventate molto più economiche rispetto a tutte le altre tecnologie. Insomma, è molto probabile che l’economia americana continuerà a spingere sulla decarbonizzazione anche se gli Stati Uniti di Trump decideranno di mollare la presa».

La foto di apertura mostra manifestazioni contro il cambiamento climatico negli Stati Uniti. Foto Sipa Usa/LaPresse.

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