Sullo sfondo della diversa versione letterale dell’art. 182, c. 2 del Tuir ante e post riforma rimane, del tutto invariato nel suo contenuto disciplinare, l’art. 17, c. 1, lett. l) del Tuir che raccorda il regime fiscale della tassazione separata (rinunciabile per il solo tramite della specifica opzione da rappresentare nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui è avvenuta o ha avuto inizio la percezione ai sensi del successivo c. 3) ai redditi imputati ai soci in dipendenza di liquidazione delle società in nome collettivo e in accomandita semplice se il periodo di tempo intercorso tra la costituzione della società e l’inizio della liquidazione è superiore a 5 anni (per le imprese individuali provvede la lett. g) in ordine ai redditi conseguiti in dipendenza della liquidazione di imprese commerciali esercitate da più di 5 anni).
La prima peculiarità disciplinare da analizzare riguarda la definitività/provvisorietà dei risultati fiscali da raccordare ai periodi d’imposta intermedi nel caso la liquidazione venga ultimata in un segmento di tempo non eccedente 3 esercizi (incluso quello in cui essa viene intrapresa). Dal confronto dei due dati normativi (ante e post riforma) emerge che si transita da una provvisorietà vincolante a una provvisorietà facoltativa.
I riferimenti letterali “determinato in via provvisoria, salvo conguaglio in base al bilancio finale (versione letterale ante riforma)” e “può rideterminare il reddito dell’ultimo di tali esercizi e progressivamente quello degli esercizi precedenti” (testo letterale post riforma) appaiono in tal senso inequivoci. Tale avvicendamento disciplinare appare non solo opportuno, ma persino necessario allo scopo di razionalizzare la struttura impositiva della liquidazione con la ratio dell’Irpef, le cui dinamiche fiscali s’intersecano con un indice annuo di capacità contributiva (in caso di raccordi temporali più ampi il regime disciplinare ordinario viene aggiustato con la previsione della tassazione separata).
In altri termini, l’accumulo dei redditi frazionali dei 3 periodi d’imposta, sottoposti a un’unitaria tassazione progressiva (salvo il regime fiscale della tassazione separata, possibile, però, al solo riscontro dei presupposti dell’art. 17, lett. lett. g) e l) del Tuir) era nella condizione di determinare un’evidente distorsione impositiva, in quanto il raccordo dell’Irpef con una scansione di plurime manifestazioni reddituali, veniva a determinare con la disciplina ante riforma, in virtù della progressione delle aliquote in unione con la stratificazione degli scaglioni, un’incisione fiscale più onerosa di quella che si determina nel caso in cui la liquidazione si prolungasse oltre il convenzionale unitario periodo d’imposta di 3 esercizi.
Un esempio rende agevole la comprensione dell’esposta incongruenza impositiva. Si ipotizzi un complessivo periodo liquidatorio di 3 esercizi con redditi intermedi rispettivamente di 10, 30 e 20. In tale caso, in mancanza del presupposto per la fruizione del regime della tassazione separata, il carico impositivo liquidato su un reddito unitario di 60, in luogo delle singole incisioni fiscali su 10, 30 e 20 viene a determinarsi, in virtù delle note prerogative dell’Irpef, in una misura più onerosa di quella che si genererebbe in caso di ulteriore prolungamento della liquidazione, sovvertendo un regime fiscale pensato come agevolativo (in tal senso orienta la previsione del regime fiscale della tassazione separata nel caso la liquidazione non si protragga oltre tre esercizi) in un regime impositivo più oneroso.
Ma è soprattutto l’eterogeneità della ratio impositiva dell’Irpef, fiscalmente strutturata per incidere redditi personali di un solo periodo d’imposta ordinariamente coincidente con l’anno solare, che il precedente regime fiscale della liquidazione manifestava la maggiore inconciliabilità con le dinamiche impositive sottese all’obbligazione tributaria delle persone fisiche e ai coordinamenti costituzionali che la presidiano. Una manifestazione d’imposta non raccordata alle specifiche prerogative del tributo, per la Corte Costituzionale, urta con il costituzionale principio della ragionevolezza e tale antitesi in primis è ripudiata dall’art. 3 Cost.
Per ogni altro approfondimento sulla ristrutturazione fiscale della liquidazione si rinvia allo specifico articolo pubblicato sul Ratio 2/2025.
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