“La scorsa settimana ho vissuto una delle esperienze più profonde e significative della mia vita. Ho trascorso 5 giorni in Israele” – a dirlo in una nota Angelo Vaccarezza- .
^Proverò a tradurre in parole ogni sensazione, ogni sentimento, ogni attimo vissuto in un mondo che è DAVVERO, e lo dico a ragion veduta, a tutti noi sconosciuto. Potrebbe sembrare assurdo, ma i primi 10 minuti in terra di Israele sono stati il condensato di ciò che si sarebbe sviluppato nei giorni dopo.
Arrivato all’aeroporto “Ben Gurion” di Tel Aviv, ho incontrato un ragazzo ebreo, cittadino americano, arrivato dagli Stati Uniti per arruolarsi, e combattere per difendere Israele. Ho incontrato una ragazza francese in procinto di compiere “l’Aliyah”, cioè il ritorno alla terra dei padri: in Francia, sono venute a mancare quelle condizioni di sicurezza per gli ebrei di poter vivere serenamente; andava in Israele, per restare là dove la sua esistenza sarebbe stata rispettata.
Accolta da una comunità che non la emarginera’ e che è in festa per il suo “ritorno”; Due scelte, intense, ragionate ma profondamente coraggiose e significative: chi, vivendo una vita tranquilla, agiata, stravolge completamente tutto per la propria Patria e chi alla Patria ritorna per vivere e viverla senza tema di essere in pericolo.
Mani strette, chilometri e persone che hanno arricchito la mia vita, il mio sapere, e mi hanno fatto riflettere sul vero significato dell’esistenza. Sono davvero grato a questi cinque giorni che mi hanno permesso di vedere cosa è realmente Israele; un concetto su tutti: solo visitando i territori possiamo dire di conoscere davvero la storia e le storie delle molte persone che hanno incrociato il nostro cammino: i media, i canali di informazione, spesso raccontano una verità distorta, ad uso di chi vuole una narrazione lontana, molto lontana, dalla realtà.
Realtà fatta delle giovani studentesse beduine del College “Sapir”, degli studenti drusi dell’Universita di “Ariel”. Realtà fatta di abbracci come quello con il padre di Sivan Elkabetz, 23 anni, assassinata insieme al fidanzato il 7 Ottobre del 2023 nel Kibbutz “Kfar Aza”, o con uno dei tanti poliziotti arabi in sevizio di vigilanza al “Nova Festival”, che hanno combattuto contro i tagliagole di Hamas per salvare piu’ vite possibile.
Quel sette Ottobre che è un punto atroce, ma fermo della storia di Israele e del mondo occidentale. Non esiste nulla, nulla che possa aiutare I miei occhi e la mia mente a comprendere le ragioni di un massacro, perchè di questo si e’ trattato, di donne, uomini, giovani, anziani, donne incinte, bambini, neonati.
Non ho la capacità di immaginare la crudeltà mentale di chi ha deliberatamente pensato, organizzato ed eseguito tutto l’orrore che ho ascoltato da chi lo ha vissuto.
Lo Stato di Israele è un complesso multisfaccettato di esistenze, realtà e difficoltà, dove ognuno ha la libertà di poter essere se stesso, dove ognuno professa la sua religione, dove lo stato da la concreta possibilità a tutti di dotarsi dell’arma più potente per cambiare il mondo: la cultura, la formazione scolastica, l’unico strumento per superare davvero divisioni, chiusure, intolleranze. Auguro a tutti una volta nella vita, di visitarlo, di visitare a Gerusalemme “Yad Vashem” il museo della Shoah.
Riflettete su come il passato possa ritornare se si dimenticano le lezioni che ci ha impartito. Lezioni che dovrebbero far riflettere in un momento storico come questo, in cui l’antisemitismo torna preponente ad infiammare le piazze del mondo. Gerusalemme è oggi un luogo dove le tre grandi religioni monoteiste convivono in maniera equilibrata; ognuna con regole e limiti assolutamente rispettati, con una misurata coesistenza e rispetto dell’ altrui pensiero.
Ma quello che mi ha colpito piu’ di tutto, e che a essere sincero non avrei mai immaginato, è la gioia di vivere degli israeliani, la serenità con cui conducono le loro esistenza, la facilità con cui fanno amicizia; forse conoscono più di noi il concetto di aleatorietà della vita. Accanto a questo aspetto, un altro però è vivo e presente: la solitudine. Gli Israeliani, rispetto al resto dell’occidente stanno sempre di più imparando a essere autosufficienti, a bastarsi da soli. Ecco quindi la nascita di case, spazi, per accogliere sempre più coloro che in Israele tornano, stanchi di vivere sulla propria pelle l’antisemitismo che, specie in Europa sta crescendo a macchia d’olio.
A difendere la loro incolumità l’esercito, che in Israele è formato dal popolo: i ragazzi effettuano il servizio di ferma di leva che dura tre anni, per le ragazze è ridotto a due, ma la maggioranza di loro diventa riservista. Ho incontrato, durante gli ultimi giorni, uno studente dell’Università di “Reichmann”, che mi ha confidato due cose: la difficoltà di far convivere due anime, quella del ragazzo con sogni e aspirazioni, e quella dell’ufficiale della I.D.F. che durante una perquisizione a seguito di uno scontro con i miliziani di Hamas, ha trovato una copia del libro straniero maggiormente tradotto in lingua araba: Il “Mein Kampf”.
Credo tutti conosciate l’autore, credo tutti sappiate di cosa tratta, credo non ci sia bisogno di aggiungere altre parole allo stupore di questa dolorosa ma soprattutto illuminante scoperta. Ma l’immagine con cui vi voglio lasciare è quella del carrubo, l’albero che e’ stato scelto per il viale dei giusti, il carrubo e’ l’albero i cui frutti non possono essere visti da colui che lo pianta, ma colti da chi ne seguirà le orme, come da generazioni hanno fatto i figli di Israele”, conclude Vaccarezza.
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