Congo-Kinshasa: i ribelli M23 si avvicinano a Goma, dichiarato morto il governatore del Nord Kivu

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Il presidente della Repubblica democratica del Congo (Rdc), Felix Tshisekedi, ha interrotto la sua visita in Svizzera, dove si era recato per partecipare al Forum economico mondiale di Davos, in seguito all’intensificarsi dei combattimenti tra l’esercito e il gruppo ribelle Movimento 23 marzo (M23), che da giorni ha lanciato una vasta offensiva nelle province orientali del Nord e del Sud Kivu e si sta ora avvicinando alla città di Goma, capoluogo del Nord Kivu. È quanto riferito dall’emittente congolese “Radio Okapi”, secondo cui Tshisekedi presiederà oggi una riunione del Consiglio superiore della difesa straordinario. Anche Vital Kamerhe, presidente dell’Assemblea nazionale, ha deciso di interrompere la sua missione ufficiale a Can Tho, in Vietnam, per tornare a Kinshasa nelle prossime ore. Nel frattempo fonti citate dal sito “Jeune Afrique” hanno confermato la morte del governatore militare del Nord Kivu, Peter Nkuba, in carica dal settembre 2023. Il suo ruolo nel coordinamento dei gruppi armati locali che operano a sostegno dell’esercito congolese, i wazalendos, era stato dettagliato in diversi rapporti del gruppo di esperti delle Nazioni Unite. Nkuba era considerato un interlocutore chiave delle Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (Fdlr), il gruppo ribelle considerato il principale gruppo residuo di ribelli hutu ruandesi, che collaborano con l’esercito congolese contro l’M23 e i suoi sostenitori dell’esercito di Kigali.

Fonti governative riferiscono inoltre che Kinshasa ha chiesto la convocazione di una sessione pubblica d’urgenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in seguito all’intensificarsi dei combattimenti, e che la ministra degli Esteri, Therese Kayikwamba, sarebbe in viaggio verso New York per ufficializzare la richiesta. Intanto gli scontri, concentrati attorno alla località di Sake, a una ventina di chilometri da Goma, continuano a causare massicci spostamenti di popolazione e un deterioramento della situazione umanitaria. Secondo le Nazioni Unite, i ribelli avrebbero già preso il controllo della città, anche se l’esercito ha dichiarato di aver respinto per ora l’assalto. Secondo fonti di “Jeune Afrique”, comunque, i ribelli controllerebbero buona parte della città. Dall’inizio dell’anno i combattimenti nella regione orientale della Rdc si sono intensificati e i ribelli M23, sostenuti dal Ruanda, hanno preso il controllo di un territorio più vasto che mai, conquistando nell’ultima settimana le città strategiche di Masisi e Minova, e minacciando ora la presa di Goma, il capoluogo del Nord Kivu. Secondo le Nazioni Unite, più di 200 civili sono stati uccisi nelle zone conquistate dall’M23. L’eventuale caduta di Goma, città di oltre un milione di abitanti che si trova vicino al confine con il Ruanda, rappresenterebbe un passo decisivo per i ribelli, che già nel 2012 avevano brevemente preso il controllo della città, salvo poi ritirarsi subito dopo in seguito alla stipula di un accordo di pace. Secondo quanto riferito da fonti della “Bbc”, numerose strade che conducono alla città sono state bloccate, alimentando il timore che le scorte alimentari in città possano esaurirsi.

Nel frattempo, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha lanciato un allarme sul fatto che l’attuale conflitto rischia di trasformarsi in una guerra regionale più ampia. In una dichiarazione pubblicata oggi, Guterres ha quindi invitato “tutti gli attori a rispettare la sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica democratica del Congo e a porre fine a ogni forma di sostegno ai gruppi armati”. Anche l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) si è detto seriamente preoccupato per la sicurezza e l’incolumità dei civili e degli sfollati interni nell’est della Rdc, a causa dell’ulteriore intensificarsi del conflitto nelle province del Sud e del Nord Kivu. Il numero di sfollati, afferma l’Unhcr in una nota, è salito a più di 400 mila solo quest’anno, quasi il doppio rispetto a quanto riportato solo la scorsa settimana. Dall’ultimo aggiornamento del 17 gennaio, sono cadute bombe sui siti degli sfollati interni. Il 20 gennaio le esplosioni nel sito di Kitalaga, nel Sud Kivu, hanno ucciso due bambini, mentre il 21 gennaio sono stati distrutti cinque rifugi di fortuna a Nzuolo e ieri il sito di Bushagara è stato pesantemente colpito, causando panico e nuove ondate di persone in fuga.

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La violenza si è intensificata anche nei territori di Minova e Kalehe, nel Sud Kivu, provocando la fuga di altre 178 mila persone a causa degli intensi scontri che hanno portato gruppi armati non statali a prendere il controllo della città di Minova e della località di Kalungu. Almeno l’80 per cento della popolazione, secondo l’Unhcr, è inoltre in fuga verso la città di Goma, capoluogo del Nord Kivu, e i membri dell’Agenzia Onu stanno monitorando i movimenti transfrontalieri e sono pronti a rispondere a qualsiasi potenziale deflusso di richiedenti asilo. Nel frattempo, prosegue la nota, i pesanti bombardamenti a Sake hanno spinto le famiglie presenti in almeno nove siti per sfollati alla periferia di Goma a fuggire in città per cercare sicurezza e riparo. Molti hanno passato la notte scorsa dormendo per strada e negli spazi verdi della città. Gli scontri persistenti tra i belligeranti in queste aree continuano a deteriorare il contesto di protezione per i civili nelle province del Sud e del Nord Kivu, che già ospitano 4,6 milioni di sfollati interni. Le violazioni dei diritti umani, tra cui saccheggi, ferite, omicidi, rapimenti e arresti arbitrari di sfollati scambiati per ribelli, si sono intensificate. Gli ospedali sono quasi pieni di civili feriti. Donne, bambini e anziani vulnerabili vivono in condizioni di sovraffollamento e precarietà, con accesso limitato a cibo, acqua e servizi essenziali.

Negli ultimi mesi si sono verificati intensi combattimenti tra i ribelli e le forze governative nella regione ricca di minerali, con oltre 200 mila persone costrette ad abbandonare le proprie case. Dal 2021 l’M23 combatte periodicamente e prende il controllo di vaste zone della Rdc orientale, costringendo centinaia di migliaia di civili a fuggire. Dopo una pausa nei combattimenti alla fine di luglio dello scorso anno, i combattimenti sono ripresi intensamente ad ottobre, per poi intensificarsi ulteriormente alla fine di dicembre. All’inizio di questa settimana l’organizzazione per i diritti umani Amnesty International ha dichiarato che un significativo aumento degli attacchi in aree civili da entrambe le parti nel mese scorso ha avuto conseguenze devastanti per i civili. In un recente rapporto, l’organizzazione non governativa Amnesty ha documentato più di 150 attacchi con armi esplosive in aree densamente popolate tra il gennaio e luglio 2024 e la morte di più di 100 civili. Il governo di Kinshasa e le Nazioni Unite hanno più volte accusato l’M23 di essere una forza armata per procura del Ruanda, che tuttavia ha sempre negato le accuse, sebbene le autorità di Kigali non abbiano mai smentito un rapporto delle Nazioni Unite secondo cui circa 4 mila soldati ruandesi combatterebbero a fianco dell’M23 nell’est della Rdc. Gli ultimi colloqui tra le parti, previsti per il 15 dicembre scorso con la mediazione dell’Angola, sono stati annullati all’ultimo minuto a causa delle divergenze tra i leader dei due Paesi.

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