Dall’Università di Udine una risposta alla devastazione culturale dell’Isis: ecco il parco archeologico in Iraq

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Alla distruzione perpetrata dall’Isis del patrimonio culturale nell’antica Mesopotamia è dedicato il secondo incontro degli Appuntamenti con la Storia 2025, delll’Associazione Friuli Storia: venerdì 24 gennaio, alle 18.30 nella sala consiliare di Reana, la lezione dello storico e archeologo Daniele Morandi Bonacossi, professore ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte della Asia Occidentale e del Mediterraneo Orientale antichi nell’Università di Udine, che qui presenta l’argomento. Introduce il direttore scientifico di Friuli Storia, Tommaso Piffer. Info friulistoria.it

Daniele Morandi Bonacossi

Mai nella storia dell’uomo, neppure nei momenti più bui dei conflitti mondiali del secolo scorso, il patrimonio culturale dell’umanità aveva subito devastazioni così sistematiche e intenzionali come accaduto in Siria e Iraq fra il 2014 e il 2017. Dopo la conquista di Mosul e dell’Iraq nord-occidentale da parte del sedicente Stato Islamico (Isis) nel giugno del 2014, una parte significativa dello straordinario patrimonio culturale di questi paesi si era trovata sotto il controllo di forze islamiste, che perseguivano – e tuttora perseguono – la deliberata distruzione dei monumenti e siti archeologici come strumento politico e di lotta per il potere.

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Nel suo accanimento contro quelli che considerava simboli di idolatria – come i monumenti e le immagini dell’antichità o di altre religioni non islamiche – e di eresia o apostasia (ad esempio i luoghi di culto sciiti, ma anche i mausolei funerari sunniti), il furore iconoclasta jihadista ha – ancor più della guerra – costituito il più grave fattore di devastazione dei beni culturali di Siria e Iraq.

Molti siti e monumenti, come Palmira, il suq medievale di Aleppo, le grandi capitali dell’impero assiro in Iraq (Nimrud e Ninive), Hatra, la grande città carovaniera di epoca romana nel deserto iracheno e molti altri, furono danneggiati o distrutti. Lo stesso anziano direttore del sito di Palmira, Khaled al-Asaad, colui che più di ogni altro aveva contributo a inserire l’antica città carovaniera nell’elenco dei siti Unesco Patrimonio dell’Umanità, fu trucidato per essersi rifiutato di collaborare con i terroristi.

Attraverso la distruzione dei patrimoni culturali millenari di questi paesi, l’Islam tradito del “Califfo” Abu Bakr Al-Baghdadi intendeva annullare ogni diversità, colpire il pluralismo, appiattire la caleidoscopica ricchezza di culture e religioni del Vicino Oriente su di un’antistorica e artefatta “purezza” dell’Islam delle origini. In questo senso, la guerra al patrimonio culturale rappresentò l’altra faccia della guerra che l’Isis conduceva contro gli uomini e le millenarie identità etniche e religiose che essi rappresentavano.

Fu – come sostenne Irina Bokova, allora direttrice generale dell’Unesco – una “pulizia culturale” che si affiancava alla pulizia etnica perpetrata contro gli Yazidi, le comunità cristiane assire e caldee, i Turcomanni, gli Shabak e le altre minoranze di Iraq e Siria. Per queste ragioni la lotta per difendere e garantire la sopravvivenza di queste comunità non poteva, né potrà mai, essere svincolata dalla protezione del loro patrimonio culturale, che è sì essenziale nel definirne l’identità, ma è anche – e soprattutto – universale come simbolo della pluralità delle culture, ricchezza irrinunciabile dell’Umanità e di per sé inviolabile.

Il Califfato e la sua guerra in nome di un’inesistente purezza della cultura, tuttavia, non rappresentano l’unico rischio per il patrimonio archeologico e artistico di Iraq e Siria. Ad essi, infatti, si affiancano tuttora minacce più sfuggenti, ma altrettanto gravi, come gli scavi clandestini condotti dallo stesso Stato Islamico o da bande organizzate di “tombaroli” collegati al terrorismo jihadista, ma praticati anche dalle popolazioni locali di diverse regioni di quella che fu l’antica Mesopotamia gravemente depauperate da anni di guerra.

Ma anche dalle distruzioni più feroci e sistematiche il patrimonio culturale può rinascere attraverso le moderne tecnologie di documentazione, restauro e valorizzazione. In questo contesto, l’Università di Udine è impegnata in un vasto progetto di creazione di un parco archeologico del grande sistema d’irrigazione costruito nel nord dell’Iraq dal sovrano assiro Sennacherib (704-681 a.C.): una rete di canali lunga oltre 200 km, acquedotti e monumentali rilievi rupestri scolpiti sulle montagne del Kurdistan iracheno per celebrare la costruzione di quello che fu la più ambiziosa opera idraulica mai costruita prima dell’impero romano. Con il sostegno del Ministero degli Esteri, della Regione e della Fondazione Friuli, l’Ateneo udinese offre in questo modo il suo contributo alla difesa del patrimonio culturale dell’Umanità.

*professore ordinario di Archeologia dell’Asia Occidentale antica Università di Udine



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