Pesaro, il «no» dei movimenti al nuovo impianto di Gnl in piena area alluvionale

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Il ministero dell’Ambiente e della transizione ecologica l’8 gennaio scorso ha approvato la Valutazione di impatto ambientale (Via) per un grande impianto di gas naturale liquefatto (Gnl) a Pesaro. Il tutto in zona di massimo rischio alluvionale (R4) del fiume Foglia. La proponente è Fox Petroli, importante azienda di Pesaro che da un secolo commercializza prodotti petroliferi e dagli anni ‘60 detiene un deposito costiero di carburanti e oli proprio in via Senigallia 12, nel meandro del fiume.

Il deposito è sottoutilizzato. Per questo Fox Petroli ha presentato al ministero un progetto che prevede la dismissione di parte dei vecchi serbatoi inutilizzati e la costruzione di un nuovo impianto di Gnl da produrre in loco a partire dal metano trasportato mediante metanodotto Snam. Saranno prodotte 400 tonnellate al giorno di Gnl per una potenzialità complessiva di 146mila tonnellate l’anno.

Le insufficienti misure di prevenzione del rischio alluvione

Come misure di mitigazione per il rischio alluvione, l’azienda propone «l’ancoraggio, a livello di fondazioni, delle apparecchiature e dei serbatoi in modo che essi non galleggino o subiscano danni strutturali di varia natura a seguito della spinta della portata di piena», oltre a costruire grandi muri attorno ai serbatoi. Misure che, a quanto pare, il ministero dell’Ambiente ha ritenuto valide.

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Augusto De Sanctis del Forum H20, che per primo ha scoperto il caso, è sconcertato: «In un Paese normale non si sarebbe potuto autorizzare un impianto di questo tipo vicino al fiume. È una picconata a tutte le norme per la prevenzione del rischio idraulico. L’autorizzazione dell’impianto vecchio risale agli anni ‘60 e si può capire che allora c’era poca consapevolezza, ma ora? Il tutto poco dopo le alluvioni disastrose che hanno sconvolto le nostre regioni e dopo la tragedia di Calenzano. Il vecchio impianto, ormai a fine vita, andava delocalizzato o meglio chiuso, lasciando spazio al fiume. Invece è stato aggiunto un grande impianto industriale classificato tra quelli di maggior pericolo per la direttiva Seveso».

L’impianto di Gnl a Pesaro è in una zona a massimo rischio di esondazioni

In pratica si passerà, per la quantità di sostanze pericolose detenute, dalla categoria “di soglia inferiore” attuale a quella “di soglia superiore” (alla pari di Calenzano, per intenderci). Cioè il massimo livello di rischio per incidenti rilevanti, rendendo obbligatorio anche il Piano di emergenza esterno.  Negli elaborati della stessa Fox Petroli si legge che «nel caso di piena duecentennale, lo scenario di esondazione è estremamente critico, non solo per la zona dell’impianto in progetto, ma per tutta l’area di Tombaccia».

L’impianto verrebbe colpito da circa 70 metri cubi di acqua al secondo. Il Forum italiano movimenti per l’acqua fa notare che il livello di rischio alluvionale è pure sottovalutato. Considera infatti la portata di piena del Foglia con frequenza duecentenaria, quando oggi si usa normalmente quella con portata della piena cinquecentenaria, vista l’estremizzazione del clima.

Tutti i dubbi sul nuovo impianto di Gnl a Pesaro

«Tutta la presentazione del progetto è stata inoltre fuorviante, in quanto sembrerebbe prospettare lo smantellamento dell’esistente deposito da sostituire appunto con il nuovo impianto», prosegue De Sanctis. «Eppure il nuovo impianto affiancherà e non sostituirà la movimentazione di combustibili liquidi, in quanto conserverà vari serbatoi con una capienza complessiva di 30.500 m3, ai quali si aggiungerebbe l’impianto di Gnl».

In sostanza si dismettono solo i serbatoi che non sono più utilizzati, per realizzarne però dieci nuovi, di cui cinque con la capacità di stoccaggio di 185 m3 e gli altri cinque di 245 m3. Per poter caricare le autobotti di metano liquido si useranno pompe criogeniche, che consentiranno di portare il gas naturale alla temperatura e pressione di liquefazione (-161 gradi). Le due nuove linee produttive dell’impianto saranno inoltre alimentate da due motori a metano da 15 MW di potenza, anch’essi da realizzare ex novo.

Secondo il cronoprogramma del progetto, i tempi per il “decommissioning” sono 10 mesi, mentre la costruzione e installazione di nuove apparecchiature è di 14 mesi. In appena due anni Pesaro si troverà con un “gassificatore” stretto tra il fiume e i quartieri residenziali.

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Le proteste dei movimenti sul territorio

Il Forum italiano dei movimenti per l’acqua ha già intanto inviato una diffida agli enti pubblici a vario titolo coinvolti nel procedimento autorizzativo per l’ampliamento dell’impianto industriale. La Campagna per il clima fuori dal fossile ha invece organizzato per sabato 1° febbraio un convegno che si prospetta partecipatissimo. L’appuntamento è alle 10:30 nella sala del Consiglio comunale di Pesaro.

«Capiamo che al ministero dell’Ambiente siano affezionati alle fonti fossili nonostante la crisi climatica, ma qui si sfida il buon senso. Alla faccia di tutte le grandi retoriche sulla necessità di lasciare libere le aree di esondazione dei fiumi», conclude De Sanctis. «Il metano inoltre, come dimostrano gli studi scientifici, è un pericoloso gas a effetto serra e ci sono emissioni fuggitive che le aziende non riescono ad arginare, alimentando quindi la crisi climatica all’origine degli eventi estremi».



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