I flop del pm Crisanti

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Assolti a Padova gli imputati del processo sui tamponi rapidi in Veneto, iniziato dopo l’esposto del microbiologo star oggi senatore del Pd. Prima era crollata la maxi-indagine bergamasca contro il governo e la regione Lombardia, basata su una consulenza sempre di Crisanti


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L’assoluzione piena a Padova di Roberto Rigoli (ex coordinatore delle unità di microbiologia del Veneto) e Patrizia Simionato (ex direttrice generale di Azienda zero) nel processo sul caso “tamponi rapidi” porta con sé anche la notizia dell’ennesima débâcle giudiziaria di Andrea Crisanti, trasformatosi da virologo star durante l’emergenza Covid-19 (pur non essendo un epidemiologo, ma un microbiologo esperto di zanzare) in una sorta di pubblico ministero contro la gestione della pandemia da parte del governo e di alcune regioni del Nord, per poi diventare senatore del Partito democratico proprio sfruttando la visibilità mediatica guadagnata e la sua battaglia contro il governatore leghista Luca Zaia. Era partito infatti proprio da un esposto di Crisanti il processo sui tamponi rapidi acquistati dalla regione Veneto durante l’emergenza, naufragato giovedì al tribunale di Padova a dibattimento in corso, ancor prima di finire l’ascolto dei testimoni, così come è stato sempre Crisanti a vergare la consulenza a sostegno della maxi-indagine aperta dalla procura di Bergamo sulla gestione della pandemia da parte del governo Conte e dei vertici della Regione Lombardia. Anche questa inchiesta si è conclusa con l’assoluzione di tutte le persone coinvolte da parte del tribunale dei ministri e di quello bergamasco. Insomma, il “pm” e senatore Crisanti ha fatto flop: forse al Pd dovrebbero pensare a una separazione delle carriere. 

 

Rigoli e Simoniato dovevano rispondere delle accuse di falso ideologico e di turbativa d’asta: secondo la procura, avevano alterato il procedimento amministrativo con cui la regione Veneto nell’agosto e nel settembre 2020, cioè tra la prima e la seconda ondata della pandemia, acquistò con affidamento diretto quasi 500 mila test rapidi prodotti dalla multinazionale Abbott, per un importo totale di circa 2 milioni di euro. In particolare Rigoli, incaricato di confermare l’idoneità clinico-scientifica dei test antigenici, non avrebbe svolto correttamente il compito assegnatogli. In uno studio Crisanti aveva contestato l’efficacia dei test rapidi acquistati dal Veneto, sostenendo che il margine di errore poteva arrivare fino al 30 per cento. Tutte queste accuse sono state spazzate via giovedì dal tribunale di Padova, a dibattimento ancora in corso, in virtù della norma che prevede che il giudice debba pronunciare immediata sentenza di assoluzione quando, a processo ancora in corso, risulta evidente l’innocenza degli imputati.

 

D’altronde, la fragilità dell’ipotesi accusatoria era emersa fin da subito. Basti pensare che all’epoca dei fatti contestati anche altre regioni, come Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia, oltre alla provincia autonoma di Trento, decisero di affidarsi ai test antigenici rapidi prodotti dalla Abbott, per un appalto complessivo di 148 milioni di euro. 

 

“Alla soddisfazione si unisce un sentimento di tristezza”, ha dichiarato l’avvocato Giuseppe Pavan, legale di Rigoli: “Nonostante gli sforzi del legislatore di consentire che il processo penale si svolga soltanto in presenza di un solido impianto accusatorio si è qui portata avanti un’accusa destituita di ogni fondamento e di ogni base scientifica. Per conseguenza il dottor Rigoli ha dovuto subire in questi anni un’immeritata gogna mediatica. Nessuno potrà restituire a lui e alla sua famiglia questo periodo di immotivata sofferenza”.

 

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Sul tema della gogna anche il governatore Zaia avrebbe qualcosa da dire: nel corso dell’indagine, i pm giunsero a intercettare alcune conversazioni tra Zaia e Roberto Toniolo, direttore di Azienda zero, in cui il primo criticava Crisanti con un linguaggio colorito. Nonostante non avessero alcuna rilevanza penale, le intercettazioni furono magicamente mandate in onda dalla trasmissione Report. Seguirono polemiche furiose sul piano politico, soprattutto nei confronti del governatore Zaia. Fu probabilmente proprio questo clamore mediatico a indurre il gup a rinviare a giudizio gli imputati nonostante la fragilità delle accuse. 

 

Per Crisanti è la seconda batosta giudiziaria. Resta memorabile quella relativa alla maxi-indagine sulla gestione della pandemia da parte del governo e della regione Lombardia. In una consulenza realizzata per la procura di Bergamo, il microbiologo si spinse ad affermare che l’istituzione con i tempi “giusti” della zona rossa in Val Seriana avrebbe evitato più di quattromila morti. Teorema respinto dai giudici. La carriera da accusatore non fa per Crisanti. 
 





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