Settore moda: per combattere la crisi, un piano di rilancio da 500 ml

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Contributi e agevolazioni

per le imprese

 


Un pacchetto di incentivi da 500 milioni di euro per il settore moda, nel 2025, varato dal ministero delle Imprese e del “Made in Italy” per sostenere un settore di punta della manifattura italiana, oggi alle prese con il calo delle vendite, il calo dell’export e costi di produzione in crescita sua per le materie prime che per le forniture energetiche.

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Secondo una valutazione del Centro studi Unimpresa, il piano varato dal ministro Urso prevede interventi per i contratti di sviluppo (100 milioni), per progetti di investimento superiori a 20 milioni di euro, con contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati; mini contratti di sviluppo (100 milioni), per investimenti tra 3 e 20 milioni, con analoghe agevolazioni; transizione ecologica e digitale (15 milioni), per Pmi, con contributi fino al 50% delle spese sostenute per formazione, tecnologie digitali e certificazioni di sostenibilità; sostenibilità nella filiera moda (30,5 milioni): destinati a investimenti in macchinari, brevetti e ricerca per le Pmi del tessile e della concia; credito d’imposta R&S (250 milioni), per aziende in difficoltà, con sospensione delle rate garantite da Fondo di garanzia e Sace.

Il percorso del governo, illustrato al Tavolo della Moda, a Roma, a cui ha partecipato anche Unimpresa, punta a rilanciare definitivamente l’industria del settore moda italiano, da sempre sinonimo di qualità e creatività, che si trova oggi ad affrontare una sfida epocale.

La transizione digitale e ambientale, unita alle stringenti regolamentazioni europee sulla sostenibilità, sta mettendo a dura prova le aziende manifatturiere, molte delle quali faticano a mantenere le porte aperte.

Il settore moda è in crisi: da un lato, i grandi marchi del lusso, sempre più volubili, riducono gli ordini e impongono prezzi di produzione insostenibili; dall’altro, la ricerca di margini di profitto elevati spinge molte imprese a delocalizzare le produzioni all’estero. Una corsa al ribasso che colpisce duramente le piccole realtà artigianali, vero cuore pulsante del “Made in Italy”.

C’è però una speranza: il “reshoring”, ovvero il ritorno in Italia di quelle aziende che per anni hanno prodotto oltre confine, abbandonando i distretti di eccellenza regionali. Il rientro di queste attività potrebbe rilanciare l’artigianalità italiana, dando nuova linfa a mestieri che rischiano di scomparire: sarti, modellisti, tessitori e conciatori. Un’opportunità resa concreta dal decreto legislativo 209 del 2023, che offre agevolazioni fiscali del 50% per sei anni a chi trasferisce la propria produzione in Italia da paesi extra Ue. Un intervento di in grado di rilanciare il “Made in Italy”, con l’obiettivo di riportare l’Italia ai fasti del dopoguerra, quando il settore moda contribuiva per oltre il 6% al Pil nazionale, trasformandolo in un simbolo di raffinatezza riconosciuto in tutto il mondo.

«Quella che era fiore all’occhiello dell’Italia, la moda italiana, è diventata un’eccellenza fragile. È di estrema importanza preservare i veri artigiani che sono figure che richiedono un ricambio generazionale nella formazione delle nuove leve – commenta il presidente Unimpresa Moda e consigliere nazionale di Unimpresa, Margherita de Cles -. Le eccellenze fragili sono, in particolare, gli artigiani delle micro, piccole e medie imprese del Paese. Partendo dai progetti sulla transizione ecologica di Invitalia si chiede di dedicare maggior attenzione alle micro e piccole imprese, al fine di accedere a sovvenzioni in grado di potere supportare la qualità della filiera tenendo fermi i principi di sostenibilità, qualità e tracciabilità, dando vita a un mercato del settore creando e stimolando nuova economia».

Per de Cles «per stimolare la filiera delle microimprese del settore moda e per rilanciare quel Dna unico e tipico della creatività italiana, occorre promuovere un sistema fiscale agevolato, ad esempio per i primi sette anni sulla falsa riga dell’imprenditoria giovanile, riducendo la b e lasciando libere soprattutto le microimprese per porsi nelle condizioni ideali di esprimere al meglio la propria originalità, che è la base fondamentale della caratteristica unica del nostro Paese. Per quanto riguarda la formazione, è necessario istituire percorsi formativi finalizzati, specifici e strutturati per ricreare quel clima di libertà creativa essenziale al patrimonio culturale italiano che purtroppo oggi è eccellenza fragile. Resta fondamentale il reshoring delle aziende italiane grazie a incentivi specifici. E, al fine di garantire sicurezza sul lavoro, servono maggiori controlli e diritti ai lavoratori, contrastando sfruttamento e speculazione delle Pmi».

 

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