Grande spettacolo sabato al Maradona. Il Napoli va sotto di una rete. Ma rimonta e vince. E lo fa con il piglio della grande squadra. Che non si avvilisce per un gol subito. Ma prende di petto l’avversario. Il Napoli allora è una grande squadra ? Francamente non so rispondere. In particolare se la si paragona a quella del terzo scudetto. Non c’è più Oshimen. Che da solo valeva 30 gol. Non c’è più Kvara che ha portato a Parigi la sua tecnica sopraffina. Non c’è più Kim , né il suo fortissimo sostituto Buongiorno. Non c’è più neppure il raffinato Zielinski. Eppure questo Napoli non mi fa rimpiangere quello passato. Come mai ? Come si spiega ciò ? Io credo che per comprendere la forza di questa squadra e le grandi capacità del suo tecnico basti osservare le immagini di quello che è accaduto dopo il fischio finale. Ngonge che aveva giocato pochi minuti esultava a più non posso quasi avesse segnato tre gol. E con lui tutti quelli che erano in panchina. Oltre ovviamente ai giocatori che avevano disputato la gara. Ciò significa che il Napoli oltre ad essere una buona squadra “fa squadra”. E che dire di Politano, grandissimo protagonista della partita, che dopo una rincorsa mozzafiato stramazza al suolo privo di energie.
Oppure di Juan Jesus che, pur infortunato, decide di restare in campo per non creare problemi. Forse a lui tutti noi dovremmo chiedere scusa per averne accolto la presenza in squadra con scetticismo. Lui e Politano con i loro gesti hanno evidenziato quanto sia forte tra i calciatori il legame di gruppo. Perciò ripeto : prima di inseguire le stelle (comete o cadenti) a fior di decine e decine di milioni occorre riflettere. L’amalgama non si compra al mercato (vero presidente Massimino ?), ed ancor meno il senso di appartenenza e il legame umano con il tecnico ed i compagni. Il Napoli potrà vincere o meno il campionato. Ma lotterà fino in fondo grazie al miracolo compiuto da Conte di trasformare un gruppo di buoni giocatori in una comunità dove ognuno cerca di dare il meglio di sé per la squadra. Ne abbiamo parlato pochi giorni fa dell’importanza di saper fare squadra in tutti i campi. Non solo nel calcio. E senza andare lontano pensiamo a due opere fondamentali per la vita cittadina. La tangenziale e la metro. Che hanno visto la luce grazie alla collaborazione tra soggetti di estrazione politica, di cultura, di formazione differente. In fondo anche l’evento per tutti noi fausto della liberazione della giornalista Cecilia Scala si è realizzato anche grazie allora capacità di fare squadra tra governo ed opposizione. Questo per me è un punto chiave.
Quasi una fissazione. Non rinunciare mai alla affermazione delle proprie idee e della propria individualità finché questo non nuoccia all’interesse collettivo. Non è un problema di buone intenzioni (delle quali è lastricata la via dell’inferno). A mio avviso è soltanto un problema di buon senso. O forse addirittura di intelligenza. Napoli cresce in tutti gli ambiti nei quali opera in un certo senso ispirandosi al Napoli. E cioè provando a lavorare come una comunità coesa.
Questo riguarda anche il mondo delle imprese. Che non prospera grazie (o soltanto grazie) all’impegno di singole eccellenze. Ma quando sposa il modello Olivetti. Adriano Olivetti muoveva dall’idea di costruire una comunità tesa a raggiungere obiettivi ambiziosi e nella quale tutti potessero riconoscere la possibilità di soddisfare i propri bisogni. Credo che mai nulla fu più attuale. Certamente qualcuno mi potrebbe obiettare che l’Italia è in cima al mondo del tennis grazie a Jannik Sinner. Che ha stravinto in Australia con una facilità disarmante confermandosi il primo del mondo senza il tifo assordante del Maradona. E la sua vittoria ha ben altro valore che quella del Napoli contro la Juve. Ottenuta senza mortaretti e bengala. Da solo. Senza far squadra con nessuno. Sinner, immenso fuoriclasse, sembra incarnare l’antitesi dell’uomo del sud. Freddo. A tratti glaciale. Cecchino inesorabile. Ma solitario. Ebbene sono convinto che tali osservazioni sono infondate. Dietro Sinner, o a fianco a Sinner, c’è un gruppo nutrito di preparatori, tattici, medici, nutrizionisti certamente tra di loro molto affiatati. Che fanno comunità tutti i giorni, da mattina a sera. E lo sostengono. Sicuramente Sinner mette in campo il suo stratosferico talento ma state pur certi che da solo non sarebbe arrivato dove è adesso. Mettiamocelo in testa, da solo non ce la fa mai nessuno. In nessun campo.
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