Manipolazione Euribor: rinvio alla Corte di Giustizia UE

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La Corte d’Appello di Cagliari, con ordinanza del 24 gennaio 2025, sul tema degli effetti della manipolazione dell’Euribor rispetto alle clausole di determinazione del tasso nei contratti di mutuo, ha rinviato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione della portata applicativa della restrizione della concorrenza oggetto delle pronunce della Commissione e della CGUE sulla manipolazione dell’Euribor, ovvero se tale restrizione costituisca intesa vietata dall’art. 101 TFUE soltanto nel mercato dei derivati o in qualunque mercato sia stato impiegato il parametro Euribor manipolato.

La Corte ricorda preliminarmente che l’Euribor (acronimo di Euro Inter Bank Offered Rate) è il tasso elaborato sulla media delle quotazioni segnalate per operazioni interbancarie da un gruppo di banche europee (EBF, oggi EMMI), ovvero un tasso medio ricavato dalle stime ritenute applicabili in impieghi a breve termine da un primario istituto europeo nei confronti di altro istituto primario, privo di riferimento a specifiche rilevazioni di transazioni.

Con le decisioni 4 dicembre 2013 e 7 dicembre 2016 la Commissione Antitrust Europea aveva accertato un’infrazione unica e continuata nella condotta di certe banche appartenenti al panel per aver partecipato ad un cartello, costituito allo scopo di alterare il procedimento di fissazione del prezzo di alcuni componenti dei derivati e quindi il rendimento medio Euribor pubblicato nel periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008; condotta consistita:

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  • nell’aver comunicato/ricevuto preferenze per un settaggio a valore costante in dipendenza delle proprie posizioni commerciali o esposizioni
  • nell’essersi scambiate informazioni non di dominio pubblico sulle informazioni per l’invio di futuri dati per l’Euribor
  • nell’aver allineato i dati da comunicare alle informazioni confidenziali ricevute
  • nell’aver comunicato alle altre banche la quotazione appena inoltrata all’EBF o ancora prima di inoltrarla.

Violando, pertanto, come accertato dalla Corte di Giustizia nelle cause C-8512/2013 e C-8530/2016 l’art. 101 TFUE.

Il caso di specie posti innanzi la Corte d’Appello di Cagliari, all’uopo sospeso con rinvio alla CGUE, concerne la validità della clausola del contratto di mutuo fondiario avente ad oggetto il tasso (variabile) di interesse corrispettivo, determinato in misura pari alla somma di una quota fissa dell’1,50% e di una quota variabile, costituita dal tasso mensile di 1/12 del tasso Euribor a sei mesi, moltiplicato per i giorni effettivi del semestre di applicazione, diviso per 360; il contratto era stato stipulato nel 2005.

Secondo la Corte territoriale l‘interpretazione del divieto contenuto nell’art. 101 TFUE, laddove statuisce “Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto“, è questione di interesse generale, in quanto dirimente per la decisione di numerose controversie pendenti in ordine alla nullità della clausola contrattuale che richiami l’Euribor, pubblicato nel periodo 29 settembre 2005/30 maggio 2008, per la determinazione del tasso di interesse variabile, anche se inserita in contratti con programmazione di durata stipulati in data antecedente alla accertata pratica anticoncorrenziale.

La Corte ricorda che la Cassazione (con sentenza n. 34889/2023; cfr. conf. n. 4001/2024), pronunciandosi sugli effetti che l’Euribor frutto di intesa nulla avrebbe sui contratti di mutuo stipulati dai consumatori finali, aveva rimarcato che le intese vietate dalla legge antitrust non consistono soltanto in accordi in senso tecnico, ma anche in comportamenti non contrattuali o non negoziali, di talché la decisione del 4 dicembre 2013 della Commissione Antitrust doveva considerarsi prova privilegiata a supporto della domanda volta alla declaratoria di nullità dei tassi manipolati, e alla rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione, a prescindere dal fatto che la banca avesse o no partecipato all’intesa illecita.

Ponendosi poi il problema che le parti del contratto non siano consapevoli dell’alterazione del parametro utilizzato nella singola regolamentazione degli interessi, la successiva pronuncia della Cassazione n. 12007/2024 aveva osservato che, anche se le parti del singolo contratto non fossero consapevoli delle intese o pratiche illecite di terzi volte ad alterare il parametro esterno costituito dall’Euribor, qualora tali intese o pratiche abbiano effettivamente raggiunto, in concreto, il risultato dell’effetto manipolativo perseguito, applicando ugualmente quel parametro, nel suo valore falsato, il concreto regolamento di interessi resterebbe alterato, a danno di uno dei contraenti.

Peraltro – prosegue la Cassazione richiamata dalla Corte territoriale – ove si accerti che il parametro richiamato sia stato alterato da una attività illecita posta in essere da terzi, verrebbe meno il risultato, almeno parzialmente prevedibile, del meccanismo costituente il presupposto del riferimento al parametro esterno voluto dalle parti: conseguentemente, non potrebbe ritenersi più in grado di esprimere la effettiva volontà negoziale delle parti stesse, almeno con riguardo alla specifica clausola che prevede il richiamo in questione, per tutto il tempo in cui l’alterazione del meccanismo esterno di determinazione del corrispettivo dell’operazione abbia prodotto i suoi effetti.

In conclusione, secondo tale pronuncia della Cassazione, si pone il problema della sostituzione, ove il parametro esterno richiamato nel contratto, invece di venire oggettivamente meno, perché in radice non più esistente, divenga sostanzialmente inidoneo a costituire l’espressione della volontà negoziale delle parti, perché alterato nella sua sostanza, a causa di fatti illeciti posti in essere da terzi: in tal caso se il valore genuino e non alterato del dato di riferimento esterno non sia ricostruibile, sarà di impossibile determinazione e la clausola stessa dovrà ritenersi viziata da parziale nullità, limitatamente al periodo in cui manchi tale dato.

Infatti, applicare il parametro illecitamente alterato sarebbe palesemente contrario all’effettivo regolamento degli interessi voluto dalle parti, che hanno fatto riferimento a quel parametro proprio in virtù del suo ordinario – e non alterato – meccanismo di determinazione.

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La Corte territoriale ricorda poi che, sempre sul tema della manipolazione dell’Euribor, richiamato nei contratti di mutuo, si era espressa in senso difforme la Prima Sezione della Cassazione (n. 19900/2024) la quale aveva affermato che la restrizione della concorrenza valutata dalla Commissione Antrust aveva riguardato soltanto il mercato dei derivati, e non avrebbe potuto produrre effetti nel mercato dei mutui a tasso variabile che facciano applicazione del parametro Euribor frutto dell’intesa illecita, con la conseguenza che detti contratti non potrebbero costituire lo sbocco dell’intesa vietata: non costituiscono il mezzo di violazione della normativa antitrust, in quanto l’intesa illecita concerneva il mercato degli EIRD e ciò a prescindere da ogni considerazione in ordine alla conoscenza dell’esistenza dell’intesa illecita e/o dall’intenzione di avvalersi del relativo risultato oggettivo; ha, inoltre, puntualizzato che le decisioni della Commissione Antitrust sono vincolanti, ma non costituiscono prova privilegiata.

Tanto premesso, per la Corte d’Appello di Cagliari si rende necessario chiarire se “alla luce del disposto dell’art. 16 c. 1 Reg. CE n. 1/2003, la prova delle manipolazioni dell’Euribor, come accertate nelle decisioni della Commissione sopra indicate e nella sentenza Corte di Giustizia nella causa C-883/19, HSBC Holdings e altri contro Commissione, debba ritenersi definitivamente raggiunta anche per le giurisdizioni nazionali e se la restrizione della concorrenza oggetto delle pronunce della Commissione e della CGUE costituisca intesa vietata dall’art. 101 TFUE soltanto nel mercato dei derivati o in qualunque mercato sia stato impiegato il parametro Euribor manipolato“.

Per la Corte, sarebbe infatti contraddittorio ipotizzare che i dati forniti per la determinazione dell’Euribor nel periodo dell’accertata manipolazione possano essere utilmente richiamati in un qualsiasi mercato, tra cui quello dei mutui a tasso variabile.

Infine, ritenere che il secondo comma dell’art. 101 TFUE abbia ad oggetto soltanto la censura alla pratica anticoncorrenziale e non produca effetti a cascata sui rapporti negoziali che recepiscono il frutto dell’accordo vietato, per la Corte d’Appello di Cagliari ne svilirebbe la portata deterrente e ridurrebbe il divieto a mero precetto astratto, poiché sarebbe proprio l’impiego dei dati distorti a concretare gli effetti anticoncorrenziali del mercato.



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