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L’articolo 5, D.Lgs 192/2024 (Decreto Ires/Irpef), nel recepire i relativi criteri direttivi della L. 111/2023 (Legge delega per la riforma fiscale), prevede il concorso alla formazione del reddito di lavoro autonomo di tutte le somme ed i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta in relazione all’esercizio dell’arte o della professione, perseguendo, in tal modo, la simmetria impositiva con il reddito di lavoro dipendente, pure esso coordinato dal criterio della “onnicomprensività”.
Tuttavia, nella stesura delle due formule normative si rinviene una divergenza letterale, il cui peso specifico merita di essere valutato.
Per una migliore comprensione si riportano i due testi di legge:
- articolo 51, comma 1, Tuir: “Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme ed i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”;
- articolo 54, Tuir, “Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra tutte le somme ed i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta in relazione all’attività artistica o professionale e l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività, salvo quanto stabilito nel presente articolo…”
Dal confronto delle due norme, emerge come l’organizzazione testuale dell’articolo 51 includa l’inciso “anche sotto forma di erogazioni liberali”, invece mancante nel perimetro determinativo del reddito di lavoro autonomo. Tale scostamento testuale ha fatto insorgere il dubbio che le erogazioni liberali a favore dei lavoratori autonomi non assumano rilievo impositivo. Il dubbio appare, però, essere agevolmente dissipabile, attraverso la verifica se la latitudine impositiva dell’inciso costituito “dalla differenza tra tutte le somme ed i valori in genere a qualunque titolo percepiti”, possa conseguire delle modifiche dalla congiunzione con la locuzione “anche” (“anche sotto forma di erogazioni liberali” inserita nel solo reddito di lavoro dipendente). In altri termini, se la portata propositiva del sintagma “a qualunque titolo percepiti” possa assumere un prisma di significato più ampio attraverso l’unione con “anche”, oppure la sua rilevanza semantica risulta già essere così generale da rimanere insensibile a qualsiasi integrazione letterale.
Sul versante letterale, va innanzitutto sottolineato come la locuzione “anche” non prospetti un significato di solo valore additivo (di c.d. coordinata copulativa), ma anche di congiunzione esemplificativa solo ausiliaria della rivelazione dell’intento legislativo, già incapsulato nella frase principale. Nella determinazione del reddito di lavoro dipendente, come nella determinazione del reddito di lavoro autonomo, l’inciso “a qualunque titolo percepiti in relazione al rapporto di lavoro o all’attività artistica o professionale” è già assorbente qualsiasi provenienza causale (onerosa, gratuita) di raccordo con ogni tipo di contratto sia tipico che atipico, per cui l’unione con “anche” non è nella condizione di ampliare la portata degli effetti fiscali, ma solo di rappresentarli con maggiore precisione/comprensione.
Proprio l’evoluzione storica della determinazione onnicomprensiva del reddito di lavoro dipendente appare significativa in tal senso. L’approdo ad una tale latitudine di base imponibile è stato perseguito legislativamente attraverso una progressiva sostituzione di termini specificamente selezionati.
Originariamente, l’articolo 48, D.P.R. 597/1973 testualmente recitava: “Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutti i compensi ed emolumenti percepiti nel periodo d’imposta in dipendenza del lavoro prestato”.
Con l’entrata in vigore del Tuir, l’articolo 48 venne riformulato con il diverso snodo letterale: “Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutti i compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo d’imposta in dipendenza del rapporto di lavoro”. E, infine, l’articolo 51, Tuir, nella sua vigente versione letterale, già sopra esposta, dispone: “Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme ed i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta in relazione al rapporto di lavoro”.
Proprio la modifica dell’inciso “in dipendenza del rapporto di lavoro” con “in relazione al rapporto di lavoro”, ha consentito di conseguire un generale effetto espansivo della base imponibile, rendendo sufficiente un raccordo di mera occasione delle somme e dei valori in genere con l’occupazione lavorativa, senza la necessità del riscontro di una giustificazione causale con le incombenze contrattuali. Nel reddito di lavoro dipendente, quindi, l’inciso “anche sotto forma di erogazioni liberali” non è in alcun modo in grado di interferire con una qualsiasi ulteriore addizione di effetti fiscali nel perimetro della base imponibile già tracciato dalla generale espressione “a qualunque titolo percepiti in relazione al rapporto di lavoro”, per cui esso si derubrica a semplice rafforzativo di specificazione. Anche se mancante, quindi, esso non influirebbe nella determinazione della busta paga imponibile del dipendente come, quindi, non influisce la sua mancata previsione testuale nella determinazione quantitativa del reddito di lavoro autonomo dell’esercente l’arte o professione.
Nel reddito di lavoro autonomo, quindi, in virtù delle individuate e tassative esclusioni, rimangono fiscalmente rilevanti tutte le liberalità beneficiate dal professionista/artista nell’esercizio della relativa attività e tale generalizzata inclusione rende persino più ampia la base imponibile del reddito di lavoro autonomo rispetto alla busta paga imponibile del lavoratore dipendente, dal momento che nei confronti di quest’ultimo non concorrono a formargli il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente d’importo non superiore (nella misura prevista a regime) nel periodo d’imposta a 258,23. La mancata previsione di tale esclusione comporta che, nei confronti del lavoratore autonomo verranno, come già rappresentato in altro scritto su ECnew, a riassumere rilevanza di effetti fiscali anche le tradizionali liberalità natalizie (panettoni e simili). Solo il legislatore può rimediare a tale difformità di rilevanza di effetti fiscali, non l’interprete.
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