Tchavolo a Roma – jazz-manouche.it

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Ho trascorso tre giorni incredibili insieme ad alcuni ragazzi della scena manouche romana, guidata da Daniele Corvasce, il promotore di una serie di concerti che si sono tenuti in occasione dell’anniversario della nascita di Django Reinhardt il 23 gennaio (e susseguiti nei giorni successivi fino al 25 gennaio) assieme ad una leggenda del jazz manouche , Tchavolo Schmitt.  

Vorrei raccontarvi un po’ di questi giorni cercando di far emergere alcuni aspetti del carattere di questo straordinario artista.  

Stare con Tchavolo durante tutta la giornata è stata un’esperienza impagabile: vivere le fasi preparatorie dei concerti e i momenti di convivialità prima e dopo, come prendere un caffè, mangiare, e soprattutto bere vino con lui, è stato semplicemente magico.  

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Appena arrivato, nel pomeriggio di giovedì, parlo con Daniele, che mi racconta di aver trascorso la mattinata con Tchavolo, mostrandogli il Colosseo e le bellezze di Roma. Mi dice che, sebbene non fosse la prima volta per lui, Tchavolo si è meravigliato e commosso nel vederle, come un bambino, stupito e affascinato. Dopo, si sono fatti un giro tra le bancarelle di abiti usati, dove Tchavolo ha comprato un cappello tipo Fedora (aveva dimenticato il suo a casa e non potrebbe mai suonare senza) e un paio di scarpe in pelle rosse, che sembrava molto soddisfatto di aver trovato.  

Nel pomeriggio, vado a casa di Lorenzo che sta ospitando Tchavolo in questi giorni, finalmente lo vedo. Mi chiede quanta strada ho fatto e, quando gli rispondo “quattro ore di autobus”, aggiungo: “Per vedere lei, signor Tchavolo”. Lui reagisce con una delle sue espressioni sospirate: “Oh, voilà!”. Gli spiego che ho lasciato a casa moglie e figli per venire a Roma e gli mostro una foto dei miei figli. Lui si emoziona. Si emoziona, in realtà, per tutto: Mi fa un piccolo apprezzamento anche subito dopo aver accennato con la chitarra una breve frase di Django.  

Tchavolo Schmitt ed il trio di Daniele Corvasce al Cotton Club , 23 Gennaio 2025.

La sera suonano al Cotton Club, che registra il tutto esaurito. Ci troviamo lì qualche ora prima del concerto: assisto al soundcheck e ceno con i musicisti. Durante la cena tentano di abbozzare una scaletta, ma a Tchavolo l’idea non piace. Tuttavia, partecipa comunque. Poco prima di salire sul palco, il maestro annuncia che non vuole seguire la scaletta e dice ai musicisti di affidarsi all’orecchio e seguirlo. Toccherà quindi a Daniele (chitarra solista), Mauro (chitarra ritmica) e Lorenzo (contrabbasso) capire al volo il brano da suonare, partendo da un accenno alla melodia o da un’introduzione improvvisata dal maestro.  

Il pubblico è in visibilio: ogni solo di Tchavolo viene accolto con applausi e ovazioni, soprattutto quando esegue gli assoli con gli accordi (“chord solo”) caratterizzati da una potenza, una dinamica e una ritmicità incredibili. Anche Daniele si distingue per i suoi assoli: frasi di gran gusto, perfettamente in linea con lo stile di Django, nonostante l’accompagnamento vigoroso di Tchavolo. Il maestro apprezza i soli di Daniele e la sezione ritmica, in particolare Mauro, al quale stringe la mano più volte dopo i brani.  

Tchavolo suona con un’energia e un’espressività uniche, dall’inizio alla fine del concerto, senza mai perdere intensità. Alla fine, il pubblico si accalca per salutarlo, ringraziarlo e scattare foto con lui. La serata si conclude con immancabili brindisi di vino bianco.  

Da sinistra: Mauro Gregori, Tchavolo Schmitt, Daniele Corvasce, Lorenzo Guidi.

Il mattino seguente, Tchavolo e gli altri partecipano a un’intervista negli studi di Rai Radio 3 per il programma “La stanza della musica”. Io approfitto per fare una passeggiata al Parco degli Acquedotti, vicino al mio alloggio, e studiare un po’. Li raggiungo davanti agli studi Rai per pranzare insieme. Durante il pranzo, Tchavolo racconta aneddoti della sua gioventù e qualche errore del passato, sempre con un sorriso.  

Più tardi ci troviamo a casa di Lorenzo. Confesso al maestro di essere un suo grande fan e gli dico che mi sono appassionato al jazz manouche grazie anche ai film e ai documentari in cui è presente (“Le fils du vent”, “Swing”, “Latcho Drom”) Si emoziona, si mette una mano sul cuore e mi guarda come un nonno amorevole. Colgo l’occasione per mostrargli la mia chitarra e suono per lui e sua moglie Marie Christine alcune canzoni italiane (“Nel blu dipinto di blu” e “Buonasera Signorina”) che apprezzano molto.  

Prima di uscire, aiuto Tchavolo ad abbottonarsi il colletto della camicia: un momento di tenerezza unico. Poi guardiamo insieme la copertina di un vinile di Django. Tchavolo osserva l’immagine, la bacia, si fa il segno della croce e ripone il disco con cura.  

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Quella sera il concerto si svolge in una galleria d’arte. Tchavolo e Marie sono affascinati dai quadri, tanto da farsi fotografare accanto a uno di essi. Le dinamiche del concerto sono uguali alla sera prima, i musicisti non sanno quale brano vorrà suonare Tchavolo, lui si ferma un attimo prima di cominciare, cercando nella mente il brano da suonare. Una volta deciso, dà il segnale e i musicisti lo seguono con un accompagnamento energico, un momento particolare è stato quando ha chiamato “What Is This Thing Called Love”brano non previsto, dove i ragazzi sono stati bravissimi ad intuire dal breve incipit il brano in questione e ad attaccare a tempo. 

Il trio di Daniele Corvasce assieme a Tchavolo Schmitt presso la galleria d’arte “Piazza Mileto Art Gallery”

La serata termina al Gipsy Bar, un locale che Marie definisce “simile ai vecchi bar di Parigi”. Tchavolo, emozionato dalla musica di Django in sottofondo, improvvisa qualche passo di danza e propone: “Allez, jouons!”.  

Durante la serata, Tchavolo coglie l’occasione per fare i complimenti a Daniele. Gli dice che suona molto bene, che la sua musica viene dal cuore e che non è puro virtuosismo come quello di molti altri musicisti. È evidente quanto sia colpito dalla sensibilità musicale di Daniele, e questo momento rimane impresso a tutti noi.  

Daniele Corvasce e Tchavolo Schmitt al Gipsy bar (quartiere Pigneto, Roma)

Suonano brani straordinari, coinvolgendo Marie, che canta alcune canzoni francesi dal fascino dimenticato, il maestro arrangia i pezzi in modo magistrale. A un certo punto, Tchavolo si commuove su un pezzo nostalgico e romantico. Sono seduto accanto a lui e lo abbraccio per consolarlo.  

Tchavolo Schmitt al Gipsy bar

Verso la fine, racconta del suo incontro con Chet Baker: una notte lo trovò al bancone di un bar, con una bottiglia di whisky e la tromba accanto. Bevvero insieme e suonarono “My Funny Valentine”. Raccontando questa storia, Tchavolo si commuove di nuovo.  

L’indomani, ci ritroviamo al locale Santa Libbirata per la masterclass. Appena arriva, lo accogliamo con applausi. Tchavolo ci saluta tutti calorosamente e quando mi vede esclama il mio nome e mi abbraccia. Prima di iniziare, facciamo una jam su “I’ll See You in My Dreams” Dopo aver cantato e suonato, mi sorride dandomi una pacca sulla spalla e con aria compiaciuta accenna con la voce il brano appena suonato. 

Masterclass con Tchavolo Schmitt nel locale “Santa Libbirata” (quartiere Torpignattara)

Durante la masterclass, gli domando quale sia stato il suo primo approccio alla chitarra e come si sia appassionato alla musica di Django. Mi racconta che già a 5 anni ascoltava la mamma suonare brani di Chopin con la chitarra. Lui osservava in silenzio e poi, di nascosto, tentava di emulare i suoi movimenti e replicare i brani sullo strumento. Parla anche del padre, dicendo che purtroppo lo ha perso quando era ancora piccolo. La madre gli ha raccontato che era un grande musicista polistrumentista, nonché un grande amico di Django. Django, infatti, frequentava spesso la loro casa ed era molto legato alla famiglia di Tchavolo. Poi si dice dispiaciuto di non aver mai potuto incontrare Django, morto poco prima della sua nascita, ma di essersi appassionato immediatamente alla sua musica.  

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Ci racconta anche la storia della sua chitarra, una Jean Barault. Dice di averla commissionata al liutaio, ma, al momento della consegna, gli fece notare che mancava un segno distintivo, qualcosa che la rendesse unica, come lo erano le Selmer. Così, prese un foglio di carta e disegnò un piccolo riccio, simbolo distintivo del popolo manouche, e propose di metterlo sulla cordiera. Da quel giorno, tutte le chitarre prodotte da questo liutaio portano il simbolo del riccio sulla cordiera.  

Il riccio sulla cordiera delle Jean Barault (da djangobooks.com)

Non ci da grandi consigli su come suonare e non parla di tecnicismi sullo strumento, ci dice piuttosto che la prima cosa è saper andare a tempo, mai tirare indietro con la ritmica ma piuttosto spingere avanti, dopodiché ad ogni domanda fatta risponderà con frasi che invitano a suonare con il cuore e a trovare la musica dentro di noi.

La vera masterclass è poterlo osservare da vicino e cercare di assorbire il più possibile dai suoi assoli, dalle introduzioni dei brani e dal modo in cui accompagna creando delle linee di basso stupefacenti che si alternano agli accordi. 

La sessione finisce e ci salutiamo tutti, abbraccio Tchavolo un ultima volta prima di ripartire.

Tutti i partecipanti alla masterclass con Tchavolo Schmitt il 25 Gennaio 2025 a Roma

Questi tre giorni sono stati un’esperienza unica, carica di emozioni, che porterò sempre con me. Le parole di Tchavolo, i suoi consigli e la sua energia faranno per sempre parte della mia identità di musicista. 

Link utili:

Lezioni chitarra manouche: Le basi del jazz Manouche

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Libri – Link di acquisto:
– Django. Vita e musica di una leggenda zingara. [italiano]
– Django. The life and music of a gypsy legend. [inglese]

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Alain Bonelli – ABC Django:
– Pagina Facebook.
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