Abramovich accusato di evasione fiscale: yacht dichiarati commerciali ma usati dalle sue società

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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

Abramovich accusato di aver evaso milioni di tasse attraverso una diversa destinazione d’uso dei suoi yacht. Registrati ad uso commerciale, ma usati dalle sue società. Il miliardario russo nega l’evasione fiscale

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Guai in vista per l’oligarca russo Roman Abramovich. Un’inchiesta congiunta realizzata da BBC, Guardian e Bureau of Investigative Journalism ha rivelato che miliardario noto per la sua influenza nel mondo del calcio e dell’energia, avrebbe risparmiato milioni di euro grazie a una strategia fiscale fraudolenta legata alla gestione dei sue barche di lusso, e noti super yacht.

Una truffa per evitare di pagare l’Iva sugli yacht

Secondo i documenti analizzati dall’inchiesta, Abramovich avrebbe classificato falsamente cinque dei suoi ryacht come mezzi commerciali. Questa strategia ha consentito di evitare il pagamento dell’Iva (Imposta sul valore aggiunto) nei paesi europei in cui le sue imbarcazioni ricevevano servizi, come il rifornimento di carburante o la manutenzione. Normalmente, le imbarcazioni private sono soggette all’Iva, che nei paesi dell’Ue si aggira intorno al 20%.

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Tra i superyacht coinvolti spicca l’Eclipse, che per un periodo è stato il più grande yacht al mondo. Nonostante la classificazione come navi commerciali, l’inchiesta ha dimostrato che questi yacht non erano noleggiati a clienti esterni, come previsto dalla normativa.

In realtà, le barche erano affittate e gestite dalla Blue Ocean Yacht Management, una società con sede a Cipro controllata direttamente da Abramovich.

Documenti trapelati mostrano che tutti i presunti clienti della Blue Ocean erano in realtà società registrate nelle Isole Vergini britanniche e di proprietà dello stesso Abramovich. Questo sistema permetteva di mantenere un’apparenza di legalità, pur violando le normative fiscali.

La difesa: Abramovich non era al corrente

In risposta alle accuse, gli avvocati di Abramovich hanno dichiarato che il loro cliente ha sempre agito seguendo le consulenze fiscali e legali di esperti. Inoltre, hanno negato qualsiasi responsabilità personale del miliardario, sostenendo che egli non fosse consapevole di questo metodo per aggirare il pagamento delle tasse.

Email e prove schiaccianti

L’inchiesta ha anche utilizzato documenti ottenuti grazie all’ottenimento di comunicazioni intercettate. Un’email inviata nel 2005 da Jonathan Holloway, allora direttore della Blue Ocean Yacht Management, descriveva esplicitamente l’obiettivo della truffa.

Nella comunicazione si legge: “Vogliamo evitare di pagare l’Iva sul prezzo di acquisto degli yacht e, ove possibile, evitare di pagare l’Iva sui beni e i servizi forniti agli stessi”.

“La nostra struttura – si legge ancora – deve separare il più chiaramente possibile le diverse parti in modo che un investigatore che controlli la nostra operazione la veda come una struttura legittima”.

Holloway sottolineava anche la necessità di strutturare l’operazione in modo da sembrare legittima, ma riconosceva che se le società fossero state messe sotto scrutinio, la frode sarebbe venuta allo scoperto.

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Ma invitato a commentare su queste dichiariazioni, Holloway ha dichiarato alla BBC di non potersi aspettare di ricordare “le singole circostanze di ogni nave che ho gestito”.

Azioni legali delle autorità europee

Le mega imbarcazioni di Abramovich non erano sfuggite all’attenzione degli inquirenti europei; tuttavia, non avevano intuito la portata della truffa

Nel 2012, le autorità fiscali cipriote avvevano contestato l’esenzione Iva della Blue Ocean, sostenendo che la società doveva più di 14 milioni di euro di tasse non pagate tra il 2005 e il 2010. Nel 2015, i procuratori del porto di Trieste, in Italia, hanno cercato di recuperare 500.000 euro per tasse di rifornimento non pagate. Tuttavia, il caso fu archiviato poiché i rappresentanti di Abramovich sostennero che gli yacht erano destinati ad attività commerciali.

Lo scorso marzo, il Tribunale di Cipro ha respinto il ricorso della Blue Ocean, confermando la decisione delle autorità fiscali. Quattro mesi dopo, la società è stata sciolta.



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