Grazie alla bilateralità, edili in pensione prima

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In Italia è sempre più difficile andare in pensione. Nonostante le tante promesse del governo Meloni, le ultime due manovre hanno allontanato ancora il traguardo dell’uscita dal lavoro per tutti, nel pubblico e nel privato. La legge Fornero è ancora là, e le misure pensionistiche peggiorano anno dopo anno. A pagare dazio sono soprattutto i lavoratori dei settori più gravosi e usuranti. Operai che per 30 anni sono esposti al sole d’estate e al freddo d’inverno. Il lavoro edile è noto per essere fisicamente impegnativo, in molti arrivano ad un punto in cui non sono più in grado di svolgere mansioni pesanti, ma che purtroppo per lo Stato italiano non risultano ancora prossimi all’età pensionabile

“Inganno. Non c’è altro termine per definire il comportamento del governo Meloni verso i lavoratori. Il centrodestra ha preso anche i loro voti perché ha sbraitato per anni contro la Fornero. In campagna elettorale ha promesso la sua cancellazione, ma nelle due leggi di bilancio che hanno fatto non solo non hanno toccato la Fornero, ma hanno peggiorato tutte le misure sviluppate negli anni per anticipare l’uscita dal mondo del lavoro”. A dirlo è Ezio Giorgi del dipartimento Edilizia della Fillea Cgil nazionale.

Quali misure pensionistiche sono state peggiorate dalle manovre 2024 e 2025?
Ricordate Quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi, ndr)? Oggi siamo a Quota 103 (62 e 41). A Opzione donna potevano accedere tutte le donne che avevano i requisiti di età e contribuzione, ma il governo ha introdotto una serie di criteri soggettivi tali da rendere impraticabile questa scelta. Tanto per dare un’idea, nel 2023 sono andate in pensione 11.594 persone con Opzione donna, a settembre del 2024 sono soltanto 2.749. Per quanto riguarda l’Ape sociale, è stato invece innalzato il requisito dell’età anagrafica da 63 anni a 63 anni e 5 mesi. E così via…

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E per quanto riguarda gli operai edili?
Con il governo Draghi e il ministro Orlando siamo riusciti ad abbassare il requisito contributivo dell’Ape Sociale, da 36 anni a 32 anni. E poi siamo intervenuti con la contrattazione nazionale. Tieni presente che nel sistema delle Casse edili sono presenti circa 80.000 lavoratori dai 60 anni in poi, di cui 14 mila over 65. Siamo intervenuti sia con la contrattazione che con la bilateralità, in particolare proprio con le Casse edili. Nel rinnovo del contratto collettivo del 2018 abbiamo introdotto il Fondo prepensionamento. Si tratta di un fondo finanziato esclusivamente dai datori di lavoro attraverso una contribuzione obbligatoria accantonata presso le Casse edili. L’operaio che perde il lavoro per qualsiasi motivo, tranne che per dimissioni, può accedere e viene accompagnato alla pensione. Il Fondo, una volta finita la Naspi, che arriva fino ad un massimo di due anni, interviene garantendo al lavoratore altri due anni, sia di contribuzione volontaria, sia di indennità retributiva.

Possiamo fare un esempio?
Prendiamo un operaio edile che può andare in pensione con la vecchiaia, cioè i 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi. A 63 anni, però, perde il lavoro e mettiamo che abbia i due anni di Naspi. Finita la Naspi, dovrebbe lavorare altri due anni. Invece interviene il Fondo prepensionamento, che garantisce al lavoratore gli ulteriori 24 mesi che gli restano per agganciarsi al requisito pensionistico. Con l’indennità retributiva, che è equiparata al massimale Cigo in vigore (per l’anno 2024 è stato di 1.576,83 euro netti). Ma anche con la copertura integrale dei versamenti volontari che il lavoratore dovrà effettuare all’Inps per coprire i due anni. La Naspi, per i lavoratori ultracinquantenni, prevede però una riduzione dell’importo a partire dall’ottavo mese. Quindi, verso la fine dei 24 mesi, il lavoratore si troverebbe l’indennità decurtata in maniera importante. Ma il Fondo Prepensionamento interviene anche durante il periodo di Naspi. Infatti, dall’ottavo mese in poi è prevista un’integrazione che garantisce al lavoratore, per tutti i 24 mesi, lo stesso importo che ha preso al primo mese di Naspi.

Cosa deve fare un operaio edile per accedere al Fondo?
Interrotto il rapporto di lavoro, deve rivolgersi all’Inca, il patronato della Cgil, e fare domanda di Naspi. Contemporaneamente deve chiedere di attivare il Fondo prepensionamento. L’Inca rilascerà un’attestazione al lavoratore in cui indica la data presunta del pensionamento e il periodo presunto di Naspi. Poi, assistito dalla Fillea territoriale, presenterà domanda di accesso al Fondo alla Cassa edile. Se ci sono tutti i requisiti, il gioco è fatto. La Cassa edile controllerà il requisito soggettivo del lavoratore, che deve avere 2.100 ore di versamenti nel sistema bilaterale nei 24 mesi antecedenti la data di interruzione del rapporto di lavoro, e istruisce la domanda.

Come si è arrivati a questo risultato?
Soprattutto grazie alla contrattazione e alla bilateralità. Il sistema delle Casse edili, che ormai ha più di cento anni di storia, garantisce non solo legalità con il Documento regolarità contributiva e la Congruità, ma anche prestazioni sociali ai lavoratori su tutto il territorio nazionale. Pensiamo alle borse di studio per i figli dei lavoratori, alle integrazioni mutui per prime case, agli asili nido, alla maternità, paternità, eccetera. Nel caso del Fondo prepensionamenti c’è un doppio intervento: da un lato la contrattazione che istituisce il Fondo, dall’altro le Casse edili che controllano il versamento dell’aliquota da parte delle aziende e ne gestiscono il regolamento.



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