Sono centinaia di migliaia le persone che sono riuscite a tornare a piedi e in auto nel nord di Gaza, grazie alla svolta di domenica sera sul destino dell’ostaggio israeliano Arbel Yehud, della quale intanto la Jihad palestinese ha diffuso un video in cui lei afferma di stare bene. Dopo una negoziazione serrata, il governo di Benyamin Netanyahu e Hamas hanno infatti concordato di attuare un ulteriore rilascio di ostaggi giovedì, quando saranno liberati Arbel, la soldatessa Agam Berger e un altro rapito. In cambio, le forze israeliane hanno acconsentito al passaggio dei gazawi attraverso il corridoio di Netzarim – che divide in due la Striscia – permettendo loro di tornare a casa, o a ciò che ne rimane.
Una marea umana
Sin dalle prime ore del mattino di ieri, un fiume di sfollati si è riversato verso la parte settentrionale dell’enclave. Una marea umana di pacchi, buste, carretti, bici e anche automobili per chi è più fortunato: i pochi resti di una vita sventrata dall’ennesima guerra nella Striscia. In serata, Hamas ha riferito che 300.000 civili sono tornati nel nord nella prima giornata di apertura del valico. Un attraversamento organizzato e che potrebbe richiedere anche giorni di attesa, con contractor egiziani che ispezionano persone e auto con scanner alla ricerca di armi ed esplosivi, perché l’accordo sulla tregua prevede che per tornare a nord si debba essere disarmati.
Una città deserto
E se da una parte la gioia è il sentimento che riempie la folla finalmente libera di tornare a casa, dall’altra resta la desolazione per una terra ormai ridotta a deserto e a cumuli di macerie da 15 mesi di bombe a tappeto: secondo le stime del governo, la popolazione di Gaza City e del nord avrà bisogno di 135.000 tende e roulotte. “Ma le case le ricostruiremo, anche se sarà con fango e sabbia”, dicono i superstiti
Idf vigila su palestinesi in viaggio verso nord
Intanto, l’esercito israeliano vigila sui palestinesi in viaggio verso nord e fa sapere di aver sparato ieri ‘colpi di avvertimento’ per allontanare dei ‘sospetti’ che si avvicinavano alle truppe. “Nella parte settentrionale di Gaza – scrive l’Idf su Telegram – le truppe hanno identificato un sospettato che rappresentava una minaccia per loro e hanno sparato colpi di avvertimento per allontanarlo. Il sospettato non si è allontanato e, poiché continuava a rappresentare una minaccia per le truppe, sono stati sparati altri colpi per allontanare la minaccia. Come d’uso da qualche giorno, la nota conclude precisando che le Idf “sono determinate a mantenere pienamente i termini dell’accordo per restituire gli ostaggi” ma ” continueranno a prendere tutte le misure necessarie per sventare qualsiasi minaccia immediata per i soldati”. Le Idf “invitano gli abitanti di Gaza a seguire i loro annunci e a evitare di avvicinarsi alle truppe dispiegate nella zona”.
Wafa, attacchi israeliani a Nuseirat, morti un uomo e un bambino
Un uomo è stato ucciso e altre persone sono rimaste ferite nella tarda serata di ieri dopo che un aereo israeliano ha preso di mira un bulldozer a ovest del campo profughi di Al-Nuseirat, nella Striscia di Gaza centrale. Lo riferisce l’agenzia Wafa che segnala anche un altro attacco che ha colpito un carretto uccidendo un bambino. Testimoni oculari hanno riferito che un aereo israeliano ha colpito il bulldozer che stava tentando di liberare un veicolo intrappolato tra i detriti nella zona. L’attacco aereo ha causato la morte dell’autista e il ferimento di altre persone. Ieri sera, aggiunge la Wafa, un bambino è stato ucciso e molti altri civili sono rimasti feriti dopo che le forze israeliane hanno bombardato un carro trainato da un animale a ovest del campo profughi di Al-Nuseirat. L’Idf segnalava ieri sera su Telegram che un aereo dell’IDF ha aperto il fuoco nella parte centrale di Gaza “per allontanare alcuni veicoli sospetti che si stavano dirigendo verso nord, in un’area non autorizzata al passaggio secondo l’accordo e senza essere ispezionati, in violazione dei termini dell’accordo stesso”.
La proposta di Trump di “svotare Gaza”
Con l’apertura del passaggio verso nord, Hamas ha però rivendicato il ritorno degli sfollati come “una vittoria” per il popolo palestinese e “la sconfitta dei piani di occupazione” e dello “sfollamento” proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che nei giorni scorsi ha ventilato l’idea di “ripulire” Gaza trasferendo i gazawi in Giordania ed Egitto. Una proposta immediatamente condannata dai Paesi interessati e da altri leader regionali, compreso il presidente dell’Anp Abu Mazen. Come previsto, l’idea è invece piaciuta all’ultradestra israeliana, da Smotrich a Ben Gvir. E potrebbe finire sul tavolo di un colloquio tra lo stesso tycoon e Netanyahu: secondo il portale israeliano Walla News che cita tre fonti israeliane e americane, il premier israeliano sarebbe infatti pronto a volare alla Casa Bianca già la prossima settimana – dal 3 al 5 febbraio – diventando così il primo leader straniero a visitare Washington dall’insediamento del nuovo presidente Usa.
Gli ostaggi israeliani che torneranno in una bara
Nel frattempo, la gente in Israele resta divisa tra il sollievo di poter riabbracciare i primi rapiti liberati e la logorante attesa per coloro che restano a Gaza, mentre è giunta dalla lista di Hamas – convalidata dal governo israeliano – la tragica conferma che tra i 33 ostaggi da rilasciare nella prima fase di cessate il fuoco, 8 torneranno in Israele da morti. Questa settimana l’attesa sarà accorciata a giovedì, quando saranno rilasciate Arbel Yehud, Agam Berger e un altro rapito. Nel frattempo, la Jihad palestinese ha diffuso un video di Yehud, in cui la giovane rassicura la sua famiglia dicendo che sta “bene” e aggiunge che spera di tornare presto a casa “come le altre ragazze”. Poi si rivolge a Netanyahu e a Trump chiedendo loro di proseguire con la tregua “in modo che tutti i prigionieri possano tornare” a casa.
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