Sotheby’s è stata la prima casa d’aste per fatturato nel 2024: il report

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Sono stati diffusi il 23 gennaio 2025 anche i dati di consuntivo degli andamenti 2024 di Sotheby’s, che con quelli disponibili già dallo scorso dicembre di Christie’s e le cifre di Phillips rese note qualche giorno fa contribuiscono a darci un quadro generale delle performance del mercato dell’arte conclusosi da poco. Il minimo comune denominatore? Neanche a domandarselo, la flessione delle vendite e dei fatturati.
E sale però Sotheby’s, come già nel 2023, sul primo gradino del podio con il maggior fatturato tra le grandi case d’asta globali. Più in dettaglio, nel 2024 Sotheby’s ha realizzato vendite per $6 miliardi, cifra che la pone alla testa della classifica a tre, con Christie’s a seguirla a quota $5,7 miliardi e Phillips terza classificata con $843 milioni.
Come evidenziato dalla casa inglese, in un mercato dell’arte con meno lotti e collezioni disponibili alla vendita – in calo del 14% il volume aggregato – e una domanda che sopravanzava l’offerta, Sotheby’s ha registrato un tasso di venduto dell’85%, il più alto degli ultimi dieci anni.

Il report 2024 di Sotheby’s, tra flessioni ed espansioni

L’anno appena passato ha visto entrare nella proprietà di Sotheby’s, di maggioranza di Patrick Drahi, il fondo sovrano di Abu Dhabi ADQ con investimenti per 1 miliardo di dollari, e la casa inglese aprire le nuove sedi di Parigi e Hong Kong, mentre si aspetta quella al Breuer Building di New York, così come si guarda alla prima asta della maison in Arabia Saudita il prossimo 8 febbraio 2025.
Le difficoltà della congiuntura attuale non hanno certo risparmiato Sotheby’s, che, secondo gli osservatori internazionali, ha tagliato un centinaio di posti di lavoro e ha intanto, di certo, fatto marcia indietro sulla struttura delle commissioni d’asta. Meno di un anno fa, a maggio 2024, la casa aveva infatti ridotto il proprio buyer’s premium, le commissioni dovute dal compratore, a una percentuale flat del 20% (10% per lotti oltre i $6 milioni) e introdotto un forfait per il venditore del 10%. E però più di qualcosa è andato storto e la reazione degli attori coinvolti è stata tutt’altro che positiva, soprattutto considerati i costi per i consignor e la riduzione dei risultati dei lotti affidati alla casa, proprio nel momento in cui tutto bisognava fare tranne che disincentivare l’offerta. O lasciare che si rivolgesse alla competitor diretta, Christie’s, che infatti ha guadagnato qualche punto di share di mercato. Lo scorso 19 dicembre Sotheby’s ha così annunciato il ritorno, a partire dal 17 febbraio 2025, alle tariffe precedenti: premio del 27% per gli acquirenti di opere fino a 1 milione di dollari, del 22% per quelle tra 1 e 8 milioni di dollari e del 15% per quelle oltre gli 8 milioni di dollari e commissioni sul venditore con “termini su misura”.

Al Faisaliyah Tower, Riyad. Courtesy of Sotheby’s

Tutti i numeri di Sotheby’s, Christie’s e Phillips

Il risultato consuntivo per il 2024 di Sotheby’s, dicevamo in apertura, si è attestato a $6 miliardi – con oltre $2 miliardi da attribuire alla categoria Luxury –, cifra che segna una contrazione del 23% rispetto ai circa $7,8 miliardi fatturati nel 2023. Superiore al -6% di Christie’s, con $5,7 miliardi nel 2024 contro i 6,1 miliardi del 2023, che aveva infatti recuperato terreno nel 2° semestre 2024, rispetto a una prima parte dell’anno più in panne.
Sul totale di Sotheby’s le aste hanno contato per $4,6 miliardi, -28% sul 2023 a quota $6,4 miliardi, contro i $1,4 miliardi delle vendite private, al secondo miglior risultato tracciato e +17% rispetto al 2023.
Ancora superiore era la crescita, +41% per un totale di oltre 1,5 miliardi di dollari, per le trattative private da Christie’s, che aveva invece cifre simili alla competitor per le aste, con un totale di $4,2 miliardi, -16% rispetto al 2023.
Flessione poi anche da Phillips sul fronte delle aste, a quota $721 milioni, in calo del 14% rispetto ai $840,7 milioni del 2023, seppure con un buonissimo 86% di venduto. Arrivano a $121 milioni poi le vendite private dichiarate, mentre non è stato ufficialmente condiviso dalla casa un totale aggregato sul 2024.

Louay Kayyali, Then What ??, 1965. Courtesy Sotheby's 
Louay Kayyali, Then What ??, 1965. Courtesy Sotheby’s 

A febbraio la prima asta di Sotheby’s in Arabia Saudita

Guardando, invece, al 2025, Sotheby’s ha dedicato alla galassia e all’arte americana la prima sessione di peso, sul finire di gennaio a New York, dove arriverà poi il turno degli Old Masters. E intanto si guarda soprattutto al catalogo di Origins, la prima asta di una casa internazionale in Arabia Saudita, in calendario il prossimo 8 febbraio 2025 non a Riyad, dove, nell’avveniristica Al Faisaliah Tower di Norman Foster, Sotheby’s apre una nuova sede, ma a Diriyah, dove nel 1727 fu istituito il primo Stato Saudita.
Lì, dove tutto è iniziato, si preparano così a sfilare, per le ricchezze nuove e consolidate del Regno e non solo, e compresi i portafogli in criptovaluta che sono accettati a questa vendita, i migliori collezionabili del lusso – tra gioielli, orologi, borse e cimeli sportivi – ma soprattutto i grandi nomi dell’arte saudita e internazionale.
Tra i top lot di certo una gouache di René Magritte, L’État de veille (1958), con stime di $1-1,5 milioni, come la scultura Man on Horse di Fernando Botero. Altri highlight includono anche Giorgio de Chirico, Due cavalli in riva al mare (stima: $350.000-450.000), un lavoro su carta di Wassily Kandinsky (stima: $250.000-350.000) già in collezione al Guggenheim di New York e lotti dei market darlings più contemporanei, come Nicolas Party e Toyin Ojih Odutola, e dei pionieri dell’arte a base di AI come Refik Anadol, in catalogo con Machine Hallucinations: Mars (stima: $800.000-1,2 milioni). Sul fronte della produzione araba, c’è poi dell’aspettativa per Louay Kayyali. Il suo dipinto Then What? (1965) potrebbe aggiornare, con una stima di $500.000-700.000, il record d’asta dell’artista siriano. In questo che si configura a tutti gli effetti il primo vero test su potenziale e solidità del mercato dell’arte del Golfo Persico.

Cristina Masturzo

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