La sofferenza di Stellantis sui mercati incide sui 430 siti produttivi del settore operanti in regione
I numeri parlano chiaro: in Campania ci sono circa 430 unità produttive tra fabbricazione di autoveicoli e altri mezzi di trasporto che danno complessivamente lavoro a 24.600 addetti. La grave crisi di Stellantis sta mettendo letteralmente in ginocchio un settore che pure negli scorsi anni ha rappresentato un fiore all’occhiello del made in Campania. La maggior parte di questo apparato produttivo è composto da piccole e anche piccolissime aziende, con un significativo know how tecnologico e produttivo che si rischia di perdere definitivamente.
Nella solo area metropolitana di Napoli si tratta di quasi 16 mila occupati, altri 3.500 in Irpinia e circa 2.700 nel Casertano. In quest’ultima provincia le vertenze sindacali sono molteplici e si addensano nubi minacciose sul futuro degli operai metalmeccanici di Terra di Lavoro.
Sono da pochi giorni partite le procedure di licenziamento per i 418 lavoratori della Jabil, dopo che la multinazionale dell’elettronica ha annunciato l’intenzione di lasciare Marcianise entro marzo. Per i 150 lavoratori dell’azienda di informatica Softlab, che ha sede a Maddaloni — si tratta di tutti ex Jabil fuoriusciti qualche anno fa dagli organici della multinazionale Usa — è scaduta la cassa integrazione senza essere impegnati in alcuna attività produttiva e non c’è stata finora alcuna proroga.
Caserta è senza dubbio uno dei territori più in sofferenza sul fronte occupazionale. Non a caso è lì che il 13 gennaio scorso i metalmeccanici hanno scioperato per l’intera giornata e sono sfilati in corteo per le vie della città. Recentemente è scesa in campo anche la federazione degli industriali, presieduta da Emilio De Vizia, con un documento di sette pagine, intitolato «Automotive, criticità e prime proposte del sistema associativo campano» che Il Corriere del Mezzogiorno è in grado di anticipare, nel quale si lanciano alcune proposte: misure di defiscalizzazione del costo del lavoro delle imprese per bloccare il processo di delocalizzazione della filiera, interventi che incidano sulla neutralità tecnologica guardando alle produzioni di energia meno inquinanti, come i biocarburanti, dazi in caso di mancato utilizzo di componentistica made in Italy per una certa percentuale della produzione, accompagnamento delle imprese del settore automotive nella transizione green, anche cofinanziando i costi generati dalla trasformazione in atto del settore, sviluppo dei centri di ricerca e incubatori di impresa per individuare soluzioni tecnologiche e produttive green o comunque a basso impatto ambientale.
Ieri a Roma al ministero del Lavoro si è tenuto il tavolo di crisi di Metro Italia Pozzuoli. I 65 lavoratori del centro commerciale, ai quali si sommano altri 23 dell’indotto, non si rassegnano alla chiusura del cash and carry annunciata a fine 2024. Il centro commerciale, che si occupa della rivendita all’ingrosso di prodotti per il settore alberghiero, chiuderà i battenti il prossimo 30 aprile. Mentre al ministero dello Sviluppo Economico, ai 7 tavoli di crisi di fine 2024, se ne è aggiunto un altro che riguarda la Conbipel di Atripalda, chiusa dallo scorso dicembre, i cui lavoratori attendono da Btx, così come dai gruppi che hanno presentato manifestazioni d’interesse per l’acquisizione dell’azienda, un piano industriale che faccia chiarezza sul loro futuro. C’è poi la vertenza Almaviva che impiega 44 addetti in sede locale. Restano ancora in fase di monitoraggio i tavoli di Italian Green Factory (ex Whirlpool), Trasnova, Fos, ed ex Industria Italiana Autobus. Mentre spaventa sempre più la stima dell’associazione nazionale costruttori, secondo la quale l’anno appena concluso ha fatto registrare una pericolosa flessione tendenziale degli investimenti in costruzioni del -5,3%, accompagnata da un evidente rallentamento del trend positivo dell’occupazione in edilizia nella seconda metà del 2024, riscontrabile non solo in tassi di crescita di minori intensità per i lavoratori iscritti, ma anche in alcuni segni negativi nelle ore lavorate.
E si sa che nel Mezzogiorno, e segnatamente in Campania, l’edilizia è l’attività che garantisce la maggior quantità di occupazione nel comparto industriale.
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