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Ha fatto il giro del mondo, sabato 25 gennaio, la notizia della morte di Dražen Dalipagić Praja, uno dei migliori giocatori di pallacanestro jugoslavi e mondiali di tutti i tempi. Un ricordo a firma di Božidar Stanišić

Se n’è andato per sempre. Il nostro Praja. Tutti noi che ancora ricordiamo la Jugoslavia e una delle sue meraviglie, la pallacanestro, siamo rimasti colpiti dalla triste notizia arrivata da Belgrado.

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Mentre scrivo queste righe, si sta concludendo la cerimonia organizzata nel palazzo del municipio di Belgrado per rendere omaggio a Praja. Oltre ai membri della sua famiglia, erano presenti anche i suoi compagni di squadra dell’ormai mitica generazione del basket jugoslavo – Slavnić, Kićanović, Radovanović, Jerkov, Todorić – e tanti altri atleti.

Ai presenti si è rivolto Andrea Fadini, manager e amico di Praja. “Dalipagić ha lasciato un segno profondo in Italia. La notizia della sua scomparsa ha profondamente scosso tutti gli appassionati di basket…”.

L’allenatore Duško Vujošević ha affermato che Praja “era un grande jugoslavo, non lo ha mai nascosto, ha sofferto molto per quanto accaduto nel paese. Ha dimostrato quanto amasse la Jugoslavia lasciando Boston per non perdere il diritto di giocare per la nazionale [jugoslava].”.

Immagino già una monografia sulla vita e la carriera sportiva di Dražen Dalipagić, nato a Mostar nel 1951. Un libro in cui i giovani giocatori e gli appassionati di pallacanestro troveranno tutti i fatti importanti che hanno segnato il percorso sportivo di Praja, la sua decisione, piuttosto tardiva, di dedicarsi definitivamente al basket (da giovane sognava di giocare per la squadra di calcio Velež, appassionandosi anche alla pallamano) e la sua parabola fulminante – dagli esordi nella Lokomotiva di Mostar negli anni ‘60, alla Crvena Zvezda di Belgrado dove ha concluso la sua carriera da giocatore, passando per il lungo periodo trascorso nel Partizan di Belgrado, poi nei club italiani (Venezia, Udine, Verona) e nel Real Madrid negli anni ‘80.

Nel libro verranno riportati meticolosamente tutti i suoi successi – le medaglie vinte con il Partizan, e soprattutto con la nazionale jugoslava: nelle dodici grandi competizioni (1973-1984) Praja e i suoi compagni di squadra hanno vinto altrettante medaglie, di cui cinque d’oro.

Naturalmente, il libro fornirà anche resoconti dettagliati delle partite più importanti ed emozionanti, dalla finale alle Olimpiadi di Montreal del 1976, quando la Jugoslavia vinse l’argento nel duello con gli americani, alla medaglia d’oro ai Mondiali di basket a Manila nel 1978, dove il grande Gomeljski, tecnico della nazionale russa, sconfitta dagli jugoslavi, definì Dalipagić “il miglior giocatore al mondo, non solo tra i dilettanti”, passando per l’oro vinto alle Olimpiadi di Mosca del 1980 e il bronzo a quelle di Los Angeles quattro anni più tardi.

Un periodo in cui la nazionale jugoslava divenne campione indiscusso del basket europeo. Praja fu ufficialmente confermato il miglior cestista in Europa nel 1977, 1978 e 1980, e il miglior atleta in Jugoslavia nel 1978 (prima di lui, gli unici giocatori di pallacanestro jugoslavi a ottenere questo riconoscimento furono Radivoje Korać nel 1960 e Ivo Daneu nel 1967).

Nella nostra monografia, ovviamente, troverà posto anche l’impietosa statistica del periodo precedente all’introduzione del tiro da tre punti. Nel corso della sua carriera Praja ha giocato 844 partite segnando 21.110 punti (25 a partita): con il Partizan 8.278 punti in 305 partite (media 27); alla Coppa dei Campioni del 1982, nella partita contro la Pallacanestro Cantù (campione europeo di quell’anno) – 55 punti; con la Bosna di Sarajevo nella finale della Coppa Radivoje Korać nel 1978 – 50 punti. Ha raggiunto la media più alta nella storia del campionato italiano (33 punti), segnando in totale 7.993 punti in 241 partite; per ben tre volte è stato il miglior marcatore della Lega basket serie A (superando Oscar Schmidt), due volte il migliore nella serie B. Detiene il record per aver segnato 1.417 punti in una stagione italiana (1987-88). In Italia, dove in ben quindici partite ha segnato più di cinquanta punti, si ricorda ancora la partita in cui Praja ha rifilato 70 punti alla Dietor Bologna.


Nel libro troverete anche alcuni dati che parlano della popolarità di Praja in Italia. Basta sfogliare i quotidiani più letti, non solo quelli sportivi. In questi giorni in molti hanno reagito alla triste notizia arrivata da Belgrado, ricordando anche che Dražen Dalipagić Praja è membro sia della Hall of Fame di Springfield (dal 2005) sia di quella della FIBA (dal 2007).

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La storia, ovviamente, non finirà qui. Il libro darà voce ai numerosi compagni di squadra, allenatori ed esperti di pallacanestro che parleranno di Praja. Tutti evidenzieranno, ne sono certo, che Praja ha introdotto le qualità del gioco americano nel basket jugoslavo: la capacità di concentrazione, il salto in attacco, la stabilità e la tenacia fisica. Qualità a cui si aggiunge l’immaginazione, elemento senza il quale Praja non sarebbe diventato uno dei miglior giocatori al mondo. Anche con l’aiuto dei suoi compagni di squadra, tutti visionari.

Cosa potrei aggiungere a tutto questo da dilettante, semplice appassionato di basket?

Che le strade delle nostre città, in tutta la Jugoslavia, erano quasi deserte quando si giocavano le partite più importanti delle squadre locali e internazionali? Che nel complesso di Skenderija a Sarajevo, quando giocavano la Bosna e il Partizan, non c’era spazio per infilare un uovo tra il pubblico? Che non c’era un cortile, parco e garage senza un canestro e che i bambini che si davano dei soprannomi: Praja, Kićo (Kićanović), Kindže (Delibašić), Krešo (Ćosić), Moka (Slavnić), Varaja (Varajić)? Che nello sport l’entusiasmo, la creatività e la fantasia valevano più del denaro e del prestigio? Che sui volti dei giocatori, dopo aver segnato un punto, anziché le smorfie, comparivano sorrisi semplici e naturali? (Un’altra osservazione, da dilettante: ricordo che Praja, subito dopo aver tirato verso canestro, sicuro di segnare, tornava spesso in difesa).

E che tifavamo per la Jugoslavia – la nazionale dei visionari del basket? Tifavamo per la squadra, ma anche per il nostro paese.

Anche Praja era uno dei nostri. Un vero jugoslavo. Per molti di noi è rimasto “il nostro Praja”. Un’icona dello sport, una personalità che ci ricorda che nella pallacanestro, come in ogni cosa, prima di tutto bisogna essere umani, compagni e amici. È un messaggio sempre attuale: lo sport, come la società, deve avere i suoi principi valoriali.

Concludo con le parole di un ammiratore di Dražen Dalipagić: “Un saluto al volatore celeste”.

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Un libro che ripercorre il panorama del basket jugoslavo, e quindi nomina anche Praja tra i tanti altri, è uscito con Bottega Errante Edizioni: “Jugobasket“, di Alessandro Toso.

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