L’avviso di garanzia a Meloni, un grande spot per la riforma della giustizia

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«L’avviso di garanzia per il caso Almasri, un gigantesco spot a favore della riforma della giustizia», dice Giovanni Orsina, storico e politologo della Luiss Guido-Carli. Siamo ritornati allo scontro tra potere politico e potere giudiziario che ha caratterizzato i governi Berlusconi? «Oggi non stiamo parlando di un avviso di garanzia per un reato privato ma di un presunto reato commesso nell’esercizio della funzione pubblica». E sulle opposizioni: «L’attenzione si è spostata: lo scontro non è tra governo e opposizioni, ma tra governo e magistratura, o meglio una parte della magistratura che però è quella che fa notizia». 

Domanda. Ricevuto l’esposto, la Procura di Roma non poteva non iscrivere la premier Meloni, i ministri Piantedosi e Nordio e il sottosegretario Mantovano sul registro degli indagati per aver rimpatriato il comandante libico Almasri. Insomma, l’avviso di garanzia era un atto dovuto, sostengono i difensori dell’azione del procuratore capo Lo Voi.

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Risposta. Non ho le competenze necessarie per commentare, mi limito a notare che non pochi specialisti in verità dicono il contrario, che non fosse un atto dovuto, argomentando che l’iscrizione sul registro degli indagati è sempre preceduta da una valutazione dell’eventuale reato. A ogni modo, se invece fosse effettivamente un atto dovuto, questo confermerebbe allora la necessità e l’urgenza di cambiare le regole. Non mi pare logico che un magistrato possa esser «costretto» a iscrivere sul registro degli indagati un presidente del consiglio, due ministri e un sottosegretario di stato, ossia a scatenare un conflitto tra poteri dello stato di dimensioni immani. Insomma: se l’atto è davvero dovuto e non voluto, allora siamo davanti a un gigantesco spot a favore della riforma della giustizia.

D. E se fossimo invece all’atto voluto?

R. Saremmo davanti a una grande forzatura da parte di un pezzo di potere giudiziario. Una forzatura autolesionistica, a mio avviso.

D. Siamo tornati ai tempi dello scontro politica-magistratura che ha caratterizzato i governi Berlusconi?

R. Ci sono molte differenze rispetto a 30 anni fa. La prima è che qui non stiamo parlando di un avviso di garanzia per un reato commesso da una figura politica nella sua veste di privato cittadino, ma di un presunto reato commesso nell’esercizio della funzione pubblica. Insomma: discutiamo dei limiti della discrezionalità di una scelta politica fatta per la tutela della sicurezza dei cittadini. È per certi versi la replica di quanto accaduto con il processo di Palermo contro Matteo Salvini per la decisione, assunta da ministro dell’interno del governo Conte, di non far sbarcare i migranti della Open Arms, che poi si è visto come è andato a finire.

D. Non si rischia di affermare che il potere politico è fuori da ogni controllo?

R. Certo che non lo è né può esserlo, il nostro sistema ha e deve avere i suoi contrappesi. Ma quando si tratta di portare scelte politiche nei tribunali è necessario che le basi giuridiche e fattuali siano fortissime. Non si scatena un conflitto interno alle istituzioni, dannoso per tutti, senza ottime ragioni. Esiste un principio di leale collaborazione tra i poteri che suggerisce di evitare – per così dire – liti temerarie.

D. Il tribunale dei ministri, a cui la pratica è stata ora trasmessa, potrebbe non dare il luogo a procedere e in ultima istanza resta comunque il voto delle Camere, che certamente a maggioranza voterebbero per il no. Anche l’azione del governo dunque è tutelata…

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R. Vediamo. Certo, se il tribunale non procede allora vuol dire che l’iniziativa della procura era fragile. E allora a maggior ragione bisognava cercare di non aprire uno scontro tra poteri.

D. Intanto però che si svolge la procedura lo scontro sui giornali e in Parlamento proseguirà. L’azione del governo non rischia di uscirne macchiata presso l’opinione pubblica?

R. L’aria è cambiata rispetto non a 30 ma a 10 anni fa, quando c’era un ben diverso clima di antipolitica. Per altro, nel caso specifico non stiamo parlando di corruzione, qui c’è la scelta politica di un presidente del consiglio e di due ministri assunta apertamente e sulla base della valutazione degli interessi nazionali. Presso l’elettorato di centrodestra, questa vicenda non farà che consolidare il consenso a Meloni. Si tratta di elettori molto concreti e semplici, che da questa vicenda trarranno la conclusione che il governo difende gli interessi dei cittadini.

D. C’è il resto del Paese.

R. Ma sì, certo. C’è un terzo dell’elettorato, di sentimenti progressisti, che si schiererà contro il governo. Ma questi tanto con Meloni non andrebbero in nessun caso.

D. L’avviso di garanzia rafforza l’opposizione della sinistra?

R. Un po’ sì, perché accresce la visibilità della questione, ma un po’ anche no, perché l’offensiva giudiziaria finisce per scavalcare e mettere in ombra quella politica. L’attenzione si è spostata: lo scontro non è tra governo e opposizioni, ma tra governo e magistratura, o meglio una parte della magistratura che però è quella che fa notizia.

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D. E il governo?

R. Può abbandonare il terreno politico, sul quale aveva qualche difficoltà, e spostare l’attenzione su un’iniziativa giudiziaria particolarmente improvvida. Direi che gli è andata bene.

D. C’è chi sostiene, lo fa anche Matteo Renzi, che la Meloni sta usando un avviso di garanzia per fare la vittima.

R. La Meloni lo sta usando politicamente. È quello che fanno i politici: fanno politica. Non la si sta accusando di un reato privato, ma di aver assunto una decisione di carattere politico che riguarda il rapporto con paesi terzi e con la sicurezza dei cittadini. Temi tipici della politica di sempre.

D. Non esistono anche limiti etici nell’interesse nazionale?

R. Sì, certo. Ma il rapporto fra le due cose è storicamente negoziabile, e in questo tempo sta venendo rinegoziato. La vittoria di Donald Trump negli Usa mi pare più l’emblema che la causa di un riallineamento realpolitico che sta spingendo tutti i paesi a rimettere al centro i propri interessi. È brutto e pericoloso? Direi proprio di sì. Dopodiché, gli elettori se ne sono resi conto, e chiedono a chi li governa di adeguarsi al nuovo clima e tutelarli.

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D. Il mondo è cambiato anche perché stiamo sperimentando l’immigrazione incontrollata e anche i costi del Green Deal?

R. Diciamo che stiamo pagando il prezzo di scelte poco compatibili coi vincoli della realtà. E la realtà oggi presenta il conto. Il pragmatismo è uno degli elementi di forza del governo Meloni.

D. In che senso?

R. Nel senso che Meloni oggi si muove nella direzione in cui va il nostro tempo. Piaccia o non piaccia.

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