Sud Sudan, nel campo di Gorom ci sono 14mila profughi: è crisi umanitaria per guerre e clima

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ROMA – Conflitti e instabilità economica, disastri climatici come siccità e inondazioni, grave insicurezza alimentare e scarsità di servizi essenziali per vivere: è la crisi umanitaria che sta vivendo il Sud Sudan, Repubblica nata nel 2011 nel Centro-Est del continente africano: è la nazione più giovane al mondo e anche tra le più povere al mondo (al 181° posto nell’Indice dello Sviluppo Umano su 188 Paesi) con 9 milioni di abitanti – cioè il 75% della popolazione – che hanno bisogno di protezione e assistenza umanitaria. Oltre a queste, ci sono migliaia di rifugiati fuggiti dal conflitto in corso nel vicino Sudan; secondo l’ONU ogni giorno ne arrivano 1.500.

Alle origini della guerra. La guerra civile nel Sudan del Sud è un conflitto cominciato nel dicembre 2013. Le parti del conflitto combatterono – e combattono ancora – per la guida politica dello Stato, a seguito della sua indipendenza dal Sudan avvenuta dopo un referendum del 2011. In questi anni, molti villaggi sono stati assediati e completamente rasi al suolo. Secondo le stime, il 34% degli sfollati interni del confinante Sudan sono abitanti del Darfur fuggiti dalla regione per mettersi in salvo a causa della guerra civile sudanese scoppiata nell’aprile 2023.

Il lavoro dell’Ong CBM. L’ONG CBM Italia – organizzazione internazionale impegnata nella salute, l’educazione, il lavoro e i diritti delle persone con disabilità nel mondo e in Italia ­? è presente in Sud Sudan con numerosi progetti, in particolare nelle zone più a rischio come il campo profughi di Gorom, alle porte della capitale Juba, dove vivono 14.000 rifugiati.

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Le esigenze primarie della popolazione. “Sono persone che non hanno più una casa e che al momento non hanno neanche la speranza di poter tornare nel loro Paese – racconta Massimo Maggio, direttore di CBM Italia – nella recente missione che abbiamo organizzato in questa zona, dove l’emergenza è altissima, abbiamo raccolto i bisogni primari della popolazione, come la necessità di usufruire di infrastrutture idriche e igieniche, indispensabili per la salute, la sicurezza e la qualità della vita di ogni persona, e in particolare delle persone con disabilità che nei contesti di crisi sono doppiamente vulnerabili perché esposte a un rischio maggiore di privazioni, stigma, morte”.

Il progetto per migliorare l’accesso all’acqua. Uno dei progetti che CBM Italia ha avviato al campo profughi di Gorom è dedicato a 2.500 persone (1.500 rifugiati e 1.000 appartenenti alla comunità ospitante) per migliorare l’accesso all’acqua pulita e alle strutture igienico-sanitarie. Si chiama “Acqua, Igiene, Speranza: intervento Wash Inclusivo” e si concretizza – anche grazie al sostegno della Fondazione Prosolidar – nella costruzione di pozzi inclusivi con pompe manuali e la relativa formazione di meccanici per la loro manutenzione, e la creazione di un comitato di gestione di tutte le strutture idriche, oltre alla costruzione di latrine accessibili; e si completa con la fornitura di kit igienici specifici per le donne in età riproduttiva e incontri di sensibilizzazione sulla promozione dell’igiene.

“Nutrire il futuro”: programma per la sicurezza alimentare. In parallelo CBM Italia ha sviluppato a Gorom il progetto “Nutrire il futuro”, dedicato alla sicurezza alimentare (in linea con l’Obiettivo 2 dell’Agenda 2030), con il sostegno della Presidenza del Consiglio dei Ministri italiano, rivolto a 550 persone (sia rifugiati e membri della comunità ospitante) attraverso varie azioni: formazione sulla produzione e conservazione degli alimenti, le norme igieniche di base, le tecniche agricole resistenti al clima ed efficienti per la gestione dell’acqua. A questo si aggiunge la consegna di attrezzi da lavoro, strumenti di irrigazione e sementi.

Le cliniche mobili. I due progetti sono realizzati assieme all’associazione locale Across. A Gorom sono inoltre presenti le cliniche mobili non chirurgiche che portano servizi oculistici del Buluk Eye Centre (BEC) di Juba, centro oculistico avviato dieci anni fa da CBM con il sostegno di AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo) e punto di riferimento nazionale per la salute visiva: è l’unico che dispone di un reparto oculistico pediatrico (da settembre 2024).

Racconta un medico: “Se ridai la vista a un cieco, quello non ti scorda più”. Riferisce Morjakole Santino Alex, responsabile clinico oftalmico del BEC, a capo delle cliniche mobili inviate da CBM Italia al campo di Gorom: “Raggiungiamo 200 persone al giorno con screening oculistici gratuiti, diamo medicinali e occhiali. Una delle malattie che riscontriamo più spesso è il tracoma, una malattia tropicale negletta, che colpisce chi vive in condizioni di povertà, che nello stadio avanzato può portare a una cecità. Ma con una diagnosi precoce con antibioticio con un intervento chirurgico, mandiamo il paziente al BEC. Quando porti qualcuno dalla cecità a vedere di nuovo, quella persona non ti dimenticherà mai più”.



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