Se piove sulla neve “spararla” non basta

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Lo spunto

Un gruppo di ricerca di Eurac (Bolzano) in collaborazione con l’università di Trento ha collezionato i dati storici sulle precipitazioni nevose messi a disposizione dalle Province autonome e dal prezioso lavoro dell’associazione Meteo Trentino Alto Adige e li ha interpretati in relazione alle fasce di quota e ad altri parametri climatici. I risultati delle analisi mostrano come in generale i trend delle nevicate dal 1980 al 2020 sono diffusamente negativi in tutto il Trentino Alto Adige con picchi fino a meno 75 per cento. I dati più negativi si registrano a inizio e fine stagione; solo nel cuore dell’inverno, fra gennaio e febbraio e intorno ai 2000 metri di quota, le nevicate sono stabili o addirittura in crescita in poche stazioni di misurazione come quelle del Passo Rolle e del Tonale che registrano un aumento attorno al 15 per cento. Nei fondovalle, la mancanza di neve, pur non danneggiando direttamente l’economia dello sci ha comunque cambiato del tutto la percezione dell’inverno. Ovunque si registra un aumento delle temperature medie con picchi fino a 3 gradi.

(da Vita Trentina, 19 gennaio 2025)

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Anche la classica giornata della Marcialonga, la manifestazione sciistica più bella del Trentino, capace ancora di distinguersi per risonanza mondiale e per umanità cordiale di sostenitori e volontari, ha mostrato quanto sia cambiata la percezione dell’inverno in montagna negli ultimi anni.

I 6800 concorrenti hanno infatti affrontato i 70 chilometri su una striscia “artificiale” in uno scenario grigio per la mancanza di quella magia bianca che solo le nevicate sanno donare al paesaggio nei mesi tradizionalmente più freddi. Domenica invece anche Fiemme e Fassa sono state bagnate da una pioggia leggera, ma fastidiosa che ha appesantito lo strato nevoso “sparato” sul percorso. Le previsioni avevano anticipato precipitazioni bagnate tranne che al di sopra dei 1800 metri e solo grazie alla perfetta organizzazione (ne va dato merito alle squadre del presidente Corradini) e alla bravura dei “maghi” delle scioline capaci di affrontare una sfida quasi impossibile, la giornata ha potuto concludersi con un pieno successo.

Ancora una volta lo sci da fondo con il suo stile nordico che ne fa un orizzonte di vita più che un’attività sportiva (sci come strumento per affrontare la montagna invernale, non come attrezzo per il “circo bianco”) ha fatto bene al Trentino, alla sua anima alpina, ben oltre i riscontri economici che il vento scandinavo porta alle valli ladine. E però, nonostante il successo, la nuova meteorologia della montagna ha dato il suo segno preciso sui mutamenti in corso. Un segno poi confermato a distanza di poche ore dalle piste del Monte Bondone che hanno sospeso le sciate in notturna per alcune giornate. Si tratta, certo, di situazioni diverse. Mentre la Marcialonga è entrata quasi come un rito nell’identità della nostra terra vissuto da chi ama e capisce la montagna, le sciate in notturna, solo recentemente introdotte, sembrano un capriccio da stadio (si scende fra i piloni dei riflettori elettrici) proposto soprattutto a gente annoiata. Eppure in ambedue le situazioni il messaggio è stato chiaro: con le temperature in progressivo rialzo sotto una certa quota, lo sci diventa impraticabile, perché anche la neve artificiale, costosissima, viene ben presto trasformata in poltiglia dalla pioggia.

Mezzo milione di euro è costato “sparare” per la Marcialonga la neve artificiale, poi rovinata dalle piogge domenicali. In questo caso i riscontri non sono mancati per il gran numero di presenze ed anche per i costi relativamente contenuti posto che l’acqua per la neve si trova nel vicino torrente Avisio. Ma in altre località la situazione si presenta ben diversa, con la necessità di bacini di accumulo per l’acqua, pompaggi e tubature artificiali, interventi pesantissimi da sostenere, soprattutto a fronte delle molte altre emergenze che assillano la nostra società. L’emergenza climatica, infatti, registra non solo temperature più alte, con un regime mutato delle piogge, ma anche una crisi idrica senza precedenti, dovuta alla mancanza di precipitazioni nevose e all’eccessiva calura estiva con relativa e progressiva riduzione dei ghiacciai, impedendo la loro funzione di riserve idriche (accumulare neve l’inverno e rilasciarla come acqua di laghi e fiumi in altre stagioni). Si riduce quindi la portata dei corsi d’acqua e dei bacini e diminuisce anche il livello delle falde sotterranee, prospettando una penuria idrica (documentato anche da ilT quotidiano pochi giorni fa), che rischia di mettere in crisi ampi settori di agricoltura.

Occorre quindi fare attenzione ai consumi idrici, investire semmai in cisterne di raccolta per la campagna, altrimenti si prospetta una competizione sull’uso dell’acqua fra vari settori economici che rischia di trasformarsi in una guerra fra poveri. A livello nazionale sarebbero certo più utili desalinizzatori marini (per il Sud e la Sicilia!) invece di inutili ponti sullo stretto di Messina, ma a livello locale il problema si pone ugualmente.

A lungo andare l’innevamento artificiale non appare come una soluzione su cui insistere. La neve e lo sci “tengono” nelle grandi stazioni con piste in quota, per le altre la meccanizzazione della montagna appare già satura. Occorre ripensare a un turismo diverso, possibile anche senza sci industrializzato; va previsto un altro scenario, che punti sullo sci da fondo in anelli circoscritti in paesaggi ancora integri (le Viote senza la cisterna artificiale, chiamata impropriamente laghetto, che gli impiantisti vorrebbero costruire) ma contempli l’escursionismo (vedi la val Casies) come ripetutamente propone l’esperto docente-sciatore Giorgio Daidola per la Panarotta, che non trascuri natura, castelli, monasteri e luoghi d’arte numerosi anche sulle montagne invernali. La Marcialonga in questo senso si pone come insegnamento. All’inclemenza del meteo può supplire, nelle valli, la cordialità, l’accoglienza e la creatività culturale degli abitanti.



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