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“Dazi invisibili” contro la Cina: cosa c’è dietro la strana mossa di Putin

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Le tariffe del 10% che Donald Trump ha imposto sui prodotti made in China esportati negli Stati Uniti rischiano di essere soltanto l’inizio di un’imminente guerra commerciale mondiale. Non solo perché gli Usa hanno calato la loro scure anche contro Canada e Messico, in attesa di fare altrettanto pure con Unione europea e parte dei membri Brics. Ma anche per via di altre tariffe silenziose che riguardano ancora una volta la Cina e che sono state fin qui ignorate dall’opinione pubblica internazionale. Già, perché come fa notare Newsweek le case automobilistiche del Dragone si sono ritrovate a fronteggiare un aumento delle tasse deciso dalle autorità russe. E questo nonostante Mosca e Pechino abbiano stretto una partnership senza limiti e incrementato a dismisura le loro relazioni diplomatiche, politiche ed economiche. Che cosa sta succedendo tra il gigante asiatico e il Cremlino?

Cosa succede tra Russia e Cina

C’è chi li chiama dazi, chi tariffe, chi tasse. Sono tasse ma hanno lo stesso effetto di dazi silenziosi. Ebbene, le case automobilistiche cinesi, molte delle quali hanno in Russia il loro principale mercato di esportazione, si trovano infatti ad affrontare ostacoli non da poco. L’afflusso di automobili made in China all’ombra del Cremlino ha suscitato preoccupazioni analoghe a quelle emerse nell’Unione Europea e sintetizzabili nel concetto di sovracapacità industriale cinese. Che cosa significa? Semplice: i prodotti a basso costo realizzati in Cina vengono esportati in massa oltre la Muraglia, fino a superare la concorrenza delle industrie presenti nei Paesi importatori e generando in loco spiacevoli conseguenze economiche.

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In risposta ad una situazione del genere, lo scorso ottobre Mosca ha aumentato la sua “tassa sulla rottamazione” sui veicoli importati dal 70 all’85% a seconda delle dimensioni del motore dei singoli mezzi. Ricordiamo che la Russia ha introdotto la sua tassa di rottamazione nel 2012, quando è entrata a far parte dell’Organizzazione mondiale del commercio. Parliamo di una tassa, per inciso, necessaria ufficialmente per coprire i costi di riciclaggio e smaltimento dei veicoli alla fine del loro ciclo di vita, riducendo al contempo l’impatto sull’ambiente. Tuttavia, questa misura serve sostanzialmente per proteggere i produttori nazionali e incoraggiare le case automobilistiche straniere ad avviare la produzione nel territorio russo.

Che c’entra la Cina? L’esodo dei marchi occidentali in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina ha colpito duramente i produttori di automobili russi e ha lasciato un vuoto che è stato rapidamente riempito da aziende automobilistiche cinesi come Geely e Chery. Risultato: il commercio bilaterale tra Mosca e Pechino ha raggiunto nuovi massimi, raggiungendo un record di 244,8 miliardi di dollari nel 2024. Di pari passo la quota cinese nel mercato automobilistico russo è salita da meno del 10% nel 2021 a oltre il 60% nel 2023.

Le tasse di Putin

Mentre la Russia vuole veicoli cinesi, ora insiste affinché quelle stesse case automobilistiche li producano in Russia. La resistenza dimostra come persino lo stretto alleato geopolitico della Cina sia contrario a diventare una discarica per la capacità in eccesso cinese”, ha sottolineato Gregor Sebastian, analista del think tank Rhodium Group. A partire dal gennaio 2025 la tassa di riciclaggio comprende più di un quarto del prezzo di listino. “Vuol dire che per la maggior parte degli OEM (produttori di apparecchiature originali ndr), le tasse di riciclaggio della Russia sono più costose dei dazi compensativi dell’Ue sui veicoli elettrici cinesi”, ha aggiunto lo stesso Sebastian.

Le autorità cinesi hanno così dato istruzioni alle imprese locali di “valutare appieno il potenziale impatto” dell’aumento delle tariffe e di adeguare di conseguenza le loro strategie di prezzo o di promuovere la localizzazione nei mercati esteri.

Detto altrimenti, le grandi aziende del Dragone sono chiamate a cambiare i loro piani operativi, presumibilmente per delocalizzare le rispettive attività sul territorio russo e bypassare l’ennesimo ostacolo finanziario.



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