Direttore editoriale questo sconosciuto

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Una strana figura s’aggira nel giornalismo. Quella del “direttore editoriale”. In alcuni casi indicata nella gerenza dei quotidiani in cui riveste l’incarico, talvolta sottaciuta. La funzione specifica, però, “non è prevista da alcuna norma giuridica, non esiste né in una norma di legge né in una norma contrattuale”, precisa Giancarlo Tartaglia, ex Direttore generale della Federazione nazionale della stampa italiana per un paio di decenni e nella Fnsi per 50 anni. 

Capita però che, talora, questo ruolo venga ricoperto dallo stesso direttore responsabile della medesima testata giornalistica. Come nel caso di Maurizio Molinari, che è stato direttore responsabile e al tempo stesso direttore editoriale di Repubblica, così come contemporaneamente è stato anche direttore editoriale della Stampa, che però ha pure un suo proprio direttore responsabile. 

doppio cappello

Nota doppiamente stonata, perché nel primo caso Molinari, in qualità di direttore responsabile, si trovava a ricoprire il ruolo di garante dell’autonomia e dell’indipendenza della redazione, nel secondo – come direttore editoriale – era diretta emanazione dell’editore, Gedi di John Elkann. Un doppio cappello.

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In qualità di direttore editoriale anche della Stampa, poi, la funzione è forse ancor più delicata, perché si trovava a dettar linee e strategie editoriali per una testata che ha un proprio direttore responsabile, Andrea Malaguti (e prima ancora Massimo Giannini), il cui compito è per altro proprio quello, all’atto della nomina e dell’insediamento, di presentare le linee programmatiche del giornale e il Piano editoriale di linea politico-culturale e di sviluppo delle iniziative da varare per sostenere la testata e allargarne l’area di diffusione. Tant’è che, si dice, quando Molinari ha voluto prendere dei giornalisti dalla Stampa per farli lavorare nei “content hub” ha dovuto battagliare con Giannini, ma poi quest’ultimo ha dovuto far buon viso a cattiva sorte. Un ruolo “inter pares”, non di potere assoluto, quindi, più d’indirizzo, si precisa.

successione orfeo

Il doppio ruolo di Molinari è stato ora ereditato dal nuovo uomo-guida di Repubblica, Mario Orfeo. Garante dell’autonomia della redazione, ma anche fiduciario dell’Editore. Contraddizione in termini? 

Esperienze di direttori editoriali in ogni caso ne esistono e ne sono esistite: a Libero, quando Alessandro Sallusti ha assunto il ruolo di direttore responsabile al posto di Vittorio Feltri, a quest’ultimo è stato offerto quello di direttore editoriale. Le stesse funzioni i due le hanno mantenute anche quando sono trasmigrati in coppia al Giornale, mentre a Libero al loro posto è subentrato Mario Sechi come direttore responsabile e a Daniele Capezzone, ex radicale, ex deputato di Forza Italia, è stato affidato il compito di guida editoriale. Al Messaggero nel maggio 2024 Massimo Martinelli ha ceduto la poltrona di direttore ad Alessandro Barbano. Dopo un mese Barbano è stato rimosso dall’editore Caltagirone, che ha nominato Guido Boffo. E Martinelli è tornato in via del Tritone come direttore editoriale.

quotidiano comunista

All’inizio di quest’anno, al Secolo d’Italia, organo del partito di Giorgia Meloni, FdI, Antonio Rapisarda ha assunto l’incarico di direttore responsabile e Italo Bocchino quello di direttore editoriale. Lo stesso Paolo Mieli è stato direttore editoriale di Rcs dopo la sua prima direzione al Corriere della Sera, tra il 1992 e il 1997. E anche il “quotidiano comunista” il manifesto ha sperimentato, forse per primo, a fine anni ’80, la figura d’un direttore editoriale con Pierluigi Sullo, direttore responsabile Sandro Medici, periodo durante il quale il giornale viene informatizzato e vengono varati una serie di supplementi che hanno supportato la testata, rafforzando diffusione e vendite. Negli anni scorsi Norma Rangeri era direttrice e Matteo Bartocci direttore editoriale, soprattutto per la parte digitale (senza occuparsi di contenuti, né dei redattori). Le due figure hanno lavorato in accordo per oltre sette anni.

Secondo Tartaglia, la figura del direttore editoriale “è in realtà un’invenzione”, le cui caratteristiche possono cambiare da azienda ad azienda. Ma quando i due ruoli di direttore responsabile e di direttore editoriale sono racchiusi nella stessa persona cosa succede? “Bella domanda – risponde l’ex dg della Fnsi, storico del giornalismo, oggi Direttore generale della Fondazione Paolo Murialdi – bisognerebbe chiederlo a chi affida l’incarico, all’editore che firma la lettera di nomina in cui è evidentemente contenuta le specifica delle funzioni da assolvere”.

in prima pagina

La figura tuttavia è stata introdotta abbastanza di recente, un compito che può anche “rappresentare una semplice targhetta” e, non essendoci una norma giuridica che lo definisca, “può esser inteso come si vuole”. Un “‘promoveatur ut’, oppure una dicitura che può significare tante cose”, dice ancora Tartaglia. 

Alla Nuova Venezia del Gruppo Nem, i giornalisti delle sei testate venete hanno scoperto il vero ruolo del direttore editoriale quando la domenica 29 settembre hanno potuto leggere in prima pagina l’articolo dal quale sono venuti a conoscenza del Piano per il loro futuro, senza esserne stati preventivamente informati, come vorrebbe il Contratto nazionale di lavoro giornalistico che, all’articolo 34, assegna ai Comitati di redazione il compito di “esprimere pareri preventivi e formulare proposte sugli indirizzi tecnico-professionali, la fissazione degli organici redazionali e i criteri per la loro realizzazione”, oltre le normali relazioni sindacali.

consultazione col cdr

Una palese violazione delle norme? I giornalisti si sono poi chiesti se l’editoriale di spalla in prima pagina, firmato Paolo Possamai, con il quale veniva annunciato ai lettori il nuovo Piano editoriale, nel caso, lo avrebbe forse dovuto firmare il direttore responsabile, previa consultazione con il Cdr, più che il direttore editoriale.

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Sono in molti a non spiegarsi le vere funzioni racchiuse nella figura del direttore editoriale. Si occupa di strategie di mercato oppure della promozione degli eventi, iniziative promozionali che sconfinano nel marketing? Nel caso di Nem c’è chi sostiene che il direttore editoriale sia e sia stato “il vero demiurgo” di tutte le testate un tempo di proprietà Finegil-L’Espresso, poi passate a Gedi, cioè “il braccio giornalistico dell’azienda”. Nel senso che sarebbe stato lui stesso a persuadere Nem ad acquisire le sei testate da Gedi.

dalla stessa parte

E Molinari? C’è chi lo descrive, nell’era della sua “doppia direzione”, responsabile ed editoriale, come diretta emanazione dell’azienda, non come “direttore d’equilibrio”. Quasi “una controparte”. Un esempio? Se due Direttori di Repubblica come Mario Calabresi e Carlo Verdelli, succedutisi in breve tempo dopo la ventennale stagione di Ezio Mauro, arrivavano alle riunioni sindacali in cui era presente anche l’amministratore delegato del gruppo e il capo del personale in maniera sciolta, ognuno per conto proprio e separato dai primi due, e al tavolo dell’incontro preferivano sedersi nel mezzo, segnando un rapporto anche fisico di distanza con l’azienda, in posizione d’equilibrio tra proprietà e giornalisti, con Molinari accadeva l’esatto contrario: lui e i rappresentanti dell’azienda arrivavano insieme e sedevano dalla stessa parte. Molinari arrivava con gli uomini dell’azienda e andava via con loro. 

Ma su cosa facesse in concreto come direttore editoriale nessuno ha esattamente le idee chiare. Di sicuro, prima che la catena dei giornali locali legati a Repubblica venisse ceduta, Molinari s’è occupato anche di quella. Ha partecipato a riunioni con i direttori delle diverse testate, è andato al Piccolo di Trieste “e se c’era da spostare un redattore se ne interessava esercitando il ruolo”.

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(nella foto, Italo Bocchino)



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