ecco la mappa politica dei “tecnoligarchi”

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Certo, all’insediamento del tycoon si erano messi in prima fila Alphabet, Apple, Amazon, Meta e Tesla. Ma occhio anche a quelli che mancavano: non solo il fondatore di Microsoft, ma anche Nvidia, Walmart, Broadcom, Berkshire Hathaway di Warren Buffet, l’erede Hyatt e uno dei primi soci di LinkedIn. Che ora dovranno guardarsi dal duo Elon-Donald

Non ha criticato direttamente Donald Trump, anzi ha detto di aver avuto con lui una «conversazione piuttosto coinvolgente» lo scorso 27 dicembre a Mar-a-Lago, ma ha attaccato duramente due suoi fedelissimi, Elon Musk e Robert Kennedy jr.

Bill Gates, fondatore di Microsoft, grande finanziatore della ricerca sui vaccini e dei democratici (50 milioni di dollari a Kamala Harris), è stato il primo dei grandi miliardari americani a parlare pubblicamente dopo il giuramento di Trump. Il primo di tanti che devono capire come convivere con la nuova amministrazione americana.

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Trilioni di dollari

In un’intervista di pochi giorni fa al Wall Street Journal, Gates ha definito «folle» la scelta di Musk di «destabilizzare la situazione politica nei vari paesi», riferendosi in particolare agli attacchi verso il governo laburista britannico di Keith Starmer. «È difficile capire perché uno che ha una fabbrica di automobili in Cina e in Germania, il cui business dei razzi spaziali è estremamente dipendente dalle relazioni statali, e che è impegnato a tagliare 2 trilioni di dollari di spesa pubblica del governo degli Stati Uniti e a gestire cinque aziende, sia ossessionato da questa storia del Regno Unito».

Con un patrimonio stimato oggi da Forbes in 139 miliardi di dollari (circa un terzo di Musk), negli anni Gates ha donato quasi 60 miliardi di dollari tramite la Gates Foundation, soprattutto per combattere malattie come poliomielite, malaria e Hiv. Quando è arrivato il Covid, ha donato quasi 2 miliardi per la ricerca sui vaccini. Per questo è stato messo nel mirino dall’uomo che Trump ha scelto come nuovo ministro della Salute, Robert Kennedy jr: «Mi ha definito un assassino di bambini che cerca di fare miliardi di dollari. Bisogna avere senso dell’umorismo. Il mondo in questo momento non è logico, bisogna accettare di poter essere trattato come l’Anticristo per aver cercato di aiutare», ha detto Gates.

Strada in salita

Gates sa che su certe partite, come quella della sanità, la strada sarà molto in salita, ma sa anche che i suoi interessi negli Usa sono tanti e variegati. E alcuni di questi fortemente legati alle decisioni di Trump. Per questo forse non lo ha attaccato direttamente. Oltre alle forniture pubbliche di Microsoft, di cui detiene una quota che equivale oggi a circa 3 miliardi di dollari, ci sono infatti gli investimenti miliardari di Gates e consorte in aziende americane come FedEx, Ups, Caterpillar, Walmart, Coca-Cola, Kraft.

E poi c’è il progetto Stargate appena annunciato da Trump, per costruire data center utili allo sviluppo dell’intelligenza artificiale negli Usa, con un investimento previsto di 500 miliardi di dollari. OpenAi è capofila dell’iniziativa, e Microsoft è ancora il principale azionista di OpenAi.

Nuovi equilibri

Il fondatore di Microsoft è il volto simbolo dei miliardari anti Trump, o per dirla alla Biden degli «oligarchi» anti Trump, ma non è l’unico a dover trovare un nuovo equilibrio dopo l’elezione del costruttore newyorchese. Nella classifica delle dieci società più capitalizzate d’America, cinque erano rappresentate durante il giuramento a Washington. In prima fila per Trump c’erano Alphabet, Apple, Amazon, Meta e Tesla.

Hanno attirato l’attenzione molto di più rispetto a quelli che mancavano: Nvidia, Walmart, Broadcom, Berkshire Hathaway di Warren Buffett e, appunto, Microsoft.

Buffett e Gates sono amici, il fondatore di Microsoft possiede una quota rilevante di Berkshire Hathaway, ma l’oracolo di Omaha questa volta ha deciso di non schierarsi. Non era stato così nel 2016, quando Buffett aveva criticato Trump. Questa volta, nella sua lettera agli azionisti inviata prima delle presidenziali, il 94enne finanziere più famoso d’America ha detto che non avrebbe sostenuto nessuno.

Chi può essere accusato apertamente di essere anti Trump è invece il trio formato da Reid Hoffman, Seth Klarman e John Pritzker, i tre miliardari che hanno pubblicamente annunciato, meno di un anno fa, una campagna pubblicitaria da 50 milioni di dollari per evitare una rielezione del leader repubblicano. Pritzker è l’erede della famiglia che ha fondato la catena alberghiera Hyatt, Klarman gestisce l’hedge fund Baupost, Hoffman è uno dei fondatori di LinkedIn.

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Donatori e finanzieri

Nella schiera dei miliardari anti Trump ci sono poi i grandi donatori dei democratici alle ultime elezioni. Il principale è stato Michael Bloomberg, editore ed ex sindaco di New York, che ha regalato alla squadra di Kamala Harris più di 43 milioni di dollari.

Poco sotto c’è Dustin Moskovitz, cofondatore di Facebook, con 38 milioni di dollari, e poi una sfilza di altri nomi importanti. Gli eredi del finanziere Jim Simons; Reid Hoffman, anche lui tra i primi soci di LinkedIn, ex cda di Paypal e di molte altre grandi aziende della Silicon Valley; Stephen Mandel, famoso gestore oggi attivo con il suo hedge fund; gli eredi della Simon Property Group, il più grande proprietario di centri commerciali negli Stati Uniti.

Tutta gente che adesso dovrà vedersela con Trump, Musk e con i vari ministri e fedelissimi piazzati nell’amministrazione a Washington. Non sarà facile, anche perché in qualche caso in mezzo non ci sono solo idee politiche diverse.

Ad esempio, l’odio tra Gates e Musk sarebbe nato da una questione di soldi. Secondo la biografia scritta da Walter Isaacson nel 2023 (Elon Musk), i due avrebbero litigato ferocemente nel 2022 perché Gates aveva venduto allo scoperto azioni di Tesla, scommettendo quindi sul ribasso del titolo della società di auto elettriche. Difficile che Musk se lo dimentichi ora che è al governo.

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