i ganci del clan Gallace in quattro porti (e un aeroporto)

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Dalle chat criptate emergono i contatti per recuperare la cocaina nei container a Livorno, Genova, Salerno e Gioia Tauro. Presunti contatti con uomini delle forze dell’ordine anche nello scalo di Roma

La logistica innanzitutto. Per ogni clan di ’ndrangheta interessato al gigantesco affare del traffico di stupefacenti gli agganci nei porti sono essenziali. Vale anche per i Gallace: la loro base è Guardavalle ma la cosca è stanziale nel Lazio da decenni e ha rapporti i con narcos sudamericani. Non solo il broker (oggi pentito) Vincenzo Pasquino: la rete sarebbe molto più ampia, stando agli atti dell’inchiesta Ostro della Dda di Catanzaro.

Dalle chat criptate emergono i contatti dei Gallace in quattro porti (Livorno, Salerno, Genova e Gioia Tauro) e un aeroporto (Roma): gli uomini del boss Cosimo Damiano Gallace evocano relazioni con militari (e non solo) per eludere controlli e recuperare i carichi di cocaina trasportati nei container.

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I contatti dei Gallace nel porto di Livorno

Questo filone dell’inchiesta è un piccolo viaggio tra i nuovi equilibri nello smercio di droga. La prima porta marittima che emerge dalle indagini è lo scalo di Livorno. Una conversazione tra Domenico Vitale (classe ’76) e Cesare Antonio Arcorace sulla ricerca di un container mette in evidenza i presunti contatti nel porto toscano. L’8 aprile 2020 non c’è traccia del container e i due presunti membri del clan Gallace cercano un modo per recuperarne il prezioso contenuto. Si rivolgono a un uomo di cui si conosce soltanto il nickname: World. È lui a spiegare a Vitale che per rintracciare il “tesoro” si sarebbe dovuto rivolgere a un personaggio di Rizziconi che lavorava nel porto. Fornisce anche il turno del contatto (tra sabato e martedì). Gli inquirenti riconducono l’area di provenienza del “gancio” al territorio di Rizziconi perché nella chat si fa allusione alla famiglia Crea, che in quell’area della Piana di Gioia Tauro è da sempre uno dei gruppi criminali egemoni.

Nessuno, però, riesce a recuperare il carico per via di alcuni scontri tra le squadre che avrebbero dovuto portare fuori la droga. Altro riferimento che porta in Calabria è quello a tale Tomi, legato alla famiglia Gallico di Palmi.

Presunti contatti con le forze dell’ordine nei porti di Salerno e Genova

Seconda tappa del tour nella logistica portuale della ’ndrangheta: Salerno. Anche nello scalo campano il clan dello Jonio catanzarese avrebbe avuto contatti in grado di agevolare il business. Secondo quanto emerge dagli atti, l’ipotesi è che si trattasse di un militare della Guardia finanza. Il primo indizio? L’emoticon di un poliziotto contenuta in un messaggio estratto dalle chat di Vitale. Il finanziere avrebbe rintracciato il container e poi simulato il passaggio nello scanner per segnalarlo come un carico pulito e trasferirlo all’esterno dell’area portuale per metterlo a disposizione della squadra di recupero. Il dato compare in due circostanze: il 28 febbraio 2020 e il 16 luglio dello stesso anno quando Vitale messaggia con Vincenzo Pasquino e spiega di poter contare su un appartenente alle forze di polizia per far uscire la droga dal porto.

Stesso riferimento emerge per i presunti appoggi logistici nel porto di Genova, con generiche allusioni a un appartenente alle forze di polizia a disposizione per far fuoriuscire stupefacente.

Gli agganci nell’aeroporto di Roma e ad Anversa

Anche all’aeroporto di Roma la ’ndrina di Guardavalle avrebbe avuto contatti nelle forze dell’ordine. In una delle chat decrittate, poi, il solito Vitale allude alla possibilità di garantire l’imbarco dal Brasile con un vettore navale diretto ad Anversa, dove il funzionario di una compagnia navale si sarebbe messo a disposizione per tutelare gli affari criminali del clan.

La squadra al servizio dei Gallace a Gioia Tauro

Ultima fermata: Gioia Tauro. Dalle chat che riguardano i traffici nel porto calabrese si ricavano indicazioni sul metodo utilizzato per far uscire la coca dallo scalo. L’escamotage sarebbe stato quello di nascondere la droga nell’intercapedine dei container danneggiati che dovevano essere riparati sul posto ed eludere in questo modo i controlli allo scanner. Vitale si rivolge ad Arcorace e gli chiede di individuare il porto di partenza dei container danneggiati in Brasile in modo da dirottarli una volta giunti a Gioia Tauro verso la ditta che avrebbe dovuto ripararli.

Gli uomini del boss lavorano con contatti internazionali. Il 13 maggio 2020 si discute della proposta di un gruppo serbo: riguarda il recupero di un carico di 300 – 400 kg proveniente dalla Colombia. Di affare in affare si arriva fino al 4 gennaio 2021, quando Arcorace riferisce a un interlocutore che rimane non identificato di poter contare su una squadra di operai al servizio della sua famiglia nel porto di Gioia Tauro. Segue una foto con un veicolo all’interno dello scalo. Le mani dei Gallace arrivano dappertutto.



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