Nasce l’alleanza globale che non dimentica i crimini di Israele

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Ieri è stato inaugurato all’Aia, nei Paesi Bassi, The Hague Group, un’alleanza composta da nove Paesi — Belize, Bolivia, Colombia, Cuba, Honduras, Malesia, Namibia, Senegal e Sudafrica. L’obiettivo dichiarato del gruppo è difendere le istituzioni dell’ordine legale internazionale coordinando misure legali e diplomatiche contro le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, in particolare impegnandosi per dare seguito alle decisioni delle Nazioni Unite, della Corte internazionale di giustizia (CIG) e della Corte penale internazionale. 

Circa un anno fa, il Sudafrica ha presentato una denuncia contro Israele presso la CIG, accusandolo di genocidio ai danni del popolo palestinese. Israele ha respinto con forza l’accusa e ha ignorato l’opinione della CIG e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che hanno dichiarato l’occupazione israeliana dei territori palestinesi una chiara violazione del diritto internazionale.

Come riportato in un articolo del The Guardian, “il gruppo afferma che l’obiettivo non è punire Israele, ma esaminare il suo atteggiamento nei confronti delle sentenze delle corti internazionali, che, secondo il primo ministro malese Anwar Ibrahim, ‘colpiscono le fondamenta stesse del diritto internazionale, che la comunità globale ha il dovere di difendere’.”

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Il ruolo dei Paesi alleati e dell’Italia

Oltre a Israele, il gruppo, supportato, tra gli altri, da Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite, punta il dito contro tutti quei Paesi che non hanno rispettato la sentenza della CIG dell’aprile 2024. Tale sentenza ricorda agli Stati i loro obblighi internazionali in merito al trasferimento di armi nei conflitti armati, per evitare che queste vengano utilizzate in violazione della Convenzione sul genocidio e delle Convenzioni di Ginevra, in relazione alla condotta di Israele a Gaza e nei Territori palestinesi occupati.

Questa accusa chiama in causa anche l’Italia. In una recente inchiesta pubblicata su Il Fatto Quotidiano, Stefania Maurizi rivela che Leonardo, l’azienda italiana di difesa che aveva annunciato lo stop alla fornitura di armi a Israele, continuerà comunque nel 2025 il proprio programma di assistenza tecnica da remoto, riparazione materiali e fornitura di ricambi per la flotta di velivoli M-346 israeliani. Oltre agli affari di Leonardo con Israele, Maurizi descrive il “ponte aereo continuo” che ha permesso in particolare agli Stati Uniti e al Regno Unito di fornire armi e intelligence a Israele. “I dati sui voli — scrive Maurizi — rivelano il ruolo delle basi americane in Italia, come Sigonella, con almeno 65 voli del drone MQ-4C per la raccolta di intelligence, e il coinvolgimento di aeroporti italiani come quelli di Ancona, Bari, Brindisi, Ciampino e Napoli.”

Il Sostegno del Sud Globale alla Palestina e l’Isolamento dell’Occidente

Al di là dell’impatto concreto che il The Hague Group potrà avere nel far sì che le violazioni del diritto internazionale di Israele, il suo presidente Benjamin Netanyahu e i Paesi complici di questa violenza vengano condannate, punite o prevenute, questa iniziativa, spiega il The Guardian, riflette “la crescente rabbia nei Paesi del Sud del mondo di fronte a ciò che viene percepito come un doppio standard da parte delle potenze occidentali quando si tratta dell’applicazione del diritto internazionale.”

La questione palestinese ha ricevuto fin da subito il sostegno di un numero crescente di Paesi del Sud del mondo. Già un anno fa, uno studio pubblicato su Responsible Statecraft affermava che “gli Stati che guidano o sostengono tali iniziative [che hanno sostenuto azioni legali internazionali contro Israele, ndr] si estendono a quasi tutto il Sud globale, includendo America Latina, Africa, Asia occidentale, Asia meridionale e Sud-est asiatico … (queste azioni legali) dimostrano che questo sentimento va ben oltre i Paesi a maggioranza araba o mussulmana”. Il sostegno del Sud globale al popolo palestinese assume un significato ancora più rilevante se si considera che queste prese di posizione contribuiscono a isolare sempre più non solo Israele, ma soprattutto il suo principale alleato, gli Stati Uniti. Con l’Europa che segue.

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