Lo scorso 31 gennaio il nuovo primo ministro del Belgio Bart De Wever ha annunciato che era stato trovato un accordo per formare un governo scrivendo su X: «Alea iacta est!», cioè “il dado è tratto”. Può sembrare strano che un politico straniero festeggi usando un’espressione in latino che probabilmente risulta criptica per buona parte del suo pubblico, ma per De Wever non è una novità. In Belgio è noto da tempo per la sua fissazione per la storia dell’Impero romano, che ha spesso usato anche nel tentativo di sdoganare la sua ideologia conservatrice.
Il 3 febbraio De Wever è diventato il primo capo di governo espresso da un partito nazionalista, Nuova Alleanza Fiamminga (N-VA), che fino a pochi anni fa promuoveva la secessione dal Belgio delle Fiandre (ossia la regione del paese dove si parla olandese: l’altra regione è la Vallonia francofona, in mezzo c’è Bruxelles). La nomina di De Wever a primo ministro è il termine di un processo di normalizzazione per N-VA portato avanti in gran parte da De Wever stesso, che guida il partito dal 2004. Prima che ne diventasse leader, N-VA aveva un solo seggio nel parlamento federale e gli altri partiti lo ritenevano troppo estremo per allearcisi. Negli ultimi vent’anni lui ha portato N-VA al governo prima nelle Fiandre e poi a livello nazionale, rendendolo stabilmente il partito più votato.
Negli anni De Wever ha smussato le posizioni più intransigenti – non parlando più d’indipendenza delle Fiandre, ma di maggiore autonomia fiscale – e soprattutto ha rinunciato ai toni insultanti verso le istituzioni nazionali e vallone che avevano contraddistinto i suoi primi anni da leader. In questo riposizionamento, e nel diventare una figura riconoscibile della politica nazionale, De Wever ha fatto più volte riferimenti alla lingua latina e alla storia dell’Impero romano.
De Wever ha conseguito un dottorato in Storia contemporanea all’università cattolica di Lovanio, e suo fratello Bruno insegna la stessa materia all’università di Gent. La maggior parte delle persone ha scoperto la passione di De Wever per la storia romana, che non ha approfondito durante gli studi, quando lui partecipò all’edizione 2008-2009 del quiz televisivo De Slimste Mens ter Wereld (“La persona più intelligente del mondo”): un’operazione che in generale gli è servita a costruirsi un’immagine colta e affabile.
Da allora il latino, che De Wever dice di saper leggere fluentemente, s’è affacciato spesso nella sua carriera. Nel 2010, quando per la prima volta N-VA arrivò prima nel voto popolare, dichiarò: «Nil volentibus arduum», una frase motivazionale traducibile in “niente è impossibile per chi lo vuole”. Nel 2015 scrisse sempre su X (che all’epoca si chiamava ancora Twitter) «Hannibal ad portas» (“Annibale [è] alle porte”) per commentare un attacco di probabile matrice islamista in Francia.
Nel 2017 i giornalisti del quotidiano belga De Tijd arrivarono a chiedergli – seriamente – se si sentisse come «Augusto»: lui rispose scherzando che da giovane si ispirava a Giulio Cesare, ma che si sarebbe risparmiato volentieri le 23 coltellate.
Ormai De Wever gioca consapevolmente con questa fama, perché ha capito che funziona. Lo scorso autunno, durante la festa per la rielezione a sindaco di Anversa (ora dovrà lasciare l’incarico) suo figlio brandiva un bastone sormontato da un’aquila imperiale posticcia, modello legione romana, con l’iscrizione «SPQA»: con la “A” di Anversa al posto della “R” di Roma. La sua passione per l’Impero romano è autentica (una rivista ha paragonato il suo ufficio alla «camera da letto di un adolescente»), ma De Wever l’ha utilizzata anche a fini politici, spesso manipolando la storia.
Per esempio in passato ha dichiarato che il programma di N-VA sull’integrazione delle persone migranti sembrava scritto dall’imperatore Claudio, per ammantare di tinte classiche alcune proposte particolarmente rigide sull’immigrazione (al Parlamento Europeo N-VA fa parte del gruppo di estrema destra dei Conservatori e Riformisti, lo stesso di Fratelli d’Italia).
In altre occasioni De Wever ha sostenuto che la mancata integrazione dei barbari nella società fu la principale causa della fine dell’Impero romano. Questa semplificazione storica gli è servita a fare un parallelismo con l’Europa di oggi, ripetuto in uno dei 18 libri che ha scritto, dove ha parlato di «migrazioni di massa incontrollabili, minacce ai nostri confini esterni orientali e meridionali». L’ultimo libro, Over Woke, critica tra le altre cose «la guerra di autodistruzione che gran parte dell’élite intellettuale sta conducendo contro la moderna società occidentale».
Spesso De Wever ha piegato le citazioni storiche perché fossero strumentali al suo messaggio politico, come ha concluso anche una ricerca accademica pubblicata nel 2015. Recentemente ha usato il repertorio legato all’antichità classica a vantaggio del suo ultimo riposizionamento, quello come leader nazionale che deve riconciliarsi con la metà di paese che aveva a lungo sminuito: «Noi fiamminghi siamo i più latini tra i tedeschi. E voi valloni siete i più germanici tra i latini».
Al di là dei pur frequenti riferimenti all’Impero romano, in oltre vent’anni come leader di N-VA De Wever ha collezionato iniziative mediatiche provocatorie e controverse. Nel 2005 guidò dalle Fiandre alla Vallonia con un furgone pieno di banconote finte per chiedere una minore ridistribuzione delle tasse a favore della Vallonia (la sua regione, le Fiandre, erano e sono quella più ricca, e rimangono il principale beneficiario del bilancio statale).
Nel 2010, in un’intervista con il quotidiano tedesco Der Spiegel, definì il Belgio «uno stato fallito» che prima o poi «si scioglierà da solo». Più di recente ha paragonato il Belgio a Cecoslovacchia e Jugoslavia: entità che, in modi diversi, si sono dissolte. Sempre nel 2010 De Wever fece scalpore perché si fece ritrarre sulla copertina di una rivista mentre tagliava con le forbici la fascia della vincitrice del concorso di bellezza “Miss Belgio” che calpestava una bandiera del paese.
Negli ultimi anni, come detto, De Wever ha cambiato narrazione e ha rinunciato a chiedere la secessione delle Fiandre. Allo sdoganamento di N-VA ha contribuito anche il rifiuto (oggi netto, in passato più sfumato) di allearsi con Interesse Fiammingo, il partito di estrema destra che propone che le Fiandre dichiarino unilateralmente la loro indipendenza. Un post sui social di questo lunedì, con la foto del giuramento di De Wever come primo ministro, dice «E ora, al lavoro!» nelle tre lingue nazionali del Belgio: fiammingo, francese e tedesco. Non è una cosa da poco, per uno con i suoi trascorsi.
«Dobbiamo metterci a dieta», ha detto sabato in perfetto francese riferendosi soprattutto alle riforme con cui il suo governo proverà a ridurre il deficit, su cui si erano arenate le trattative per il governo. Era anche un’autocitazione che ripescava un aneddoto della sua biografia: quando De Wever fu eletto per la prima volta sindaco di Anversa, nel 2013, dimagrì di 58 chili. Anche questa è una delle cose esterne alla politica per cui è noto in Belgio.
– Leggi anche: In Belgio è stato trovato un accordo per formare un governo
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