La riforma Cartabia ha semplificato e velocizzato il procedimento, a vantaggio dei creditori procedenti. L’iter da seguire per ottenere le informazioni necessarie.
Molti lettori ci domandano come si recuperano i crediti se i debitori non pagano, e come si individuano i beni di cui essi dispongono, in modo da poterli pignorare. L’articolo 492 bis del Codice di procedura civile, in vigore da diversi anni, ha introdotto la possibilità per i creditori di effettuare la ricerca telematica dei beni da pignorare ai loro debitori inadempienti.
È uno strumento potente, che consente di individuare con facilità e a colpo sicuro molte informazioni (conti correnti, stipendi, pensioni, rapporti finanziari, veicoli, immobili posseduti, ecc.), ma fino a poco tempo fa era, di fatto, bloccato da una procedura troppo macchinosa. La riforma Cartabia della giustizia civile ha semplificato il procedimento, che adesso è molto più snello e rapido, soprattutto a seguito dell’entrata in vigore del recente decreto correttivo pubblicato in Gazzetta Ufficiale a novembre 2024.
In questa guida ti spieghiamo, in modo semplice ma completo, come si fa la ricerca telematica dei beni da pignorare in base a queste nuove norme e alla prassi adottata dai tribunali italiani.
La ricerca telematica dei beni da pignorare dopo la riforma Cartabia
La riforma Cartabia [1] ha introdotto importanti novità nel processo di recupero coattivo dei crediti, semplificando la ricerca dei beni del debitore da parte del creditore. Una delle modifiche più significative riguarda l’articolo 492-bis del Codice di procedura civile, la norma – introdotta nel 2014 – che disciplina la ricerca telematica dei beni da pignorare.
Cosa è cambiato? Prima della riforma, il creditore doveva rivolgersi al Presidente del Tribunale, con una formale istanza, per ottenere da questi la necessaria autorizzazione a procedere con la ricerca telematica.
Ottenuta l’autorizzazione, l’attività di ricerca veniva compiuta materialmente dall’Ufficiale Giudiziario che eseguiva l’accesso alle varie banche dati informatizzate contenenti i dati del debitore esecutato, a partire dall’Anagrafe Tributaria in cui, tra l’altro, vi sono i dati dei conti correnti e depositi bancari, contenuti nell’apposito archivio dei rapporti finanziari.
Ora, invece, questo passaggio che rallentava l’iter (e comportava il rischio che, nell’attesa, l’atto di precetto già notificato al debitore scadesse prima di poter avviare il pignoramento dei beni) è stato eliminato: il creditore – ovviamente sempre munito di titolo esecutivo e di precetto – può rivolgersi direttamente all’Ufficiale Giudiziario, che si occuperà di effettuare la ricerca telematica.
Inoltre, la riforma ha introdotto la sospensione del termine di efficacia del precetto durante la fase di svolgimento della ricerca telematica dei beni da pignorare, evitando al creditore di dover notificare nuovamente il precetto in caso di ritardi e disguidi. Ricordiamo che (come prevede l’art. 481 Cod. proc. civ.) l’atto di precetto diventa inefficace se, entro 90 giorni dalla sua notificazione al debitore, non viene iniziata l’esecuzione forzata, cioè se in questo arco di tempo molto breve non vengono avviati i pignoramenti. E spesso era impossibile intraprenderli proprio perché la ricerca telematica dei beni non veniva utilmente compiuta. Adesso, invece, questo problema è superato, e il creditore non è più costretto a ripetere la notifica dell’atto di precetto.
Ricerca telematica dei beni: come funziona la procedura?
La procedura di ricerca telematica dei beni da pignorare funziona così: il creditore, munito di titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo, cambiale, assegno, ecc.) e di atto di precetto, entrambi notificati al debitore, presenta all’Ufficiale Giudiziario addetto al tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, un’istanza ai sensi dell’articolo 492 bis del Codice di procedura civile. L’istanza deve contenere l’indicazione dell’indirizzo PEC del difensore.
C’è un breve periodo di stand by prima di poter presentare la suddetta istanza, in quanto l’articolo 482 del Codice di procedura civile dispone che non si può iniziare l’esecuzione forzata prima che sia decorso il termine indicato nel precetto, e in ogni caso non prima che siano trascorsi 10 giorni dalla sua notificazione al debitore.
Tuttavia anche questo ostacolo può essere superato, perché l’articolo 492 bis novellato dalla riforma Cartabia consente, in caso di urgenza e di «pericolo nel ritardo» (che si ravvisa quando c’è il fondato rischio di dispersione dei beni da pignorare) di presentare l’istanza anche prima del decorso del suddetto termine, o addirittura prima della notifica stessa dell’atto di precetto, ma in questi casi serve ancora l’autorizzazione del Presidente del Tribunale. L’autorizzazione è data con decreto del magistrato scritto in calce al precetto, e trascritto a cura dell’Ufficiale Giudiziario nella copia da notificare: in questo modo il debitore potrà constatare la regolarità della procedura.
L’Ufficiale Giudiziario, ricevuta l’istanza, procede alla ricerca telematica dei beni del debitore, consultando le varie banche dati delle Pubbliche Amministrazioni che potrebbero contenere informazioni utili: Anagrafe Tributaria gestita dall’Agenzia delle Entrate, archivi dell’INPS, ACI/PRA, CED Interforze della Polizia (ma qui con le limitazioni stabilite a fini di pubblica sicurezza e di privacy), Catasto, Conservatoria dei Registri Immobiliari, ecc.
Come si utilizzano i dati raccolti
Se la ricerca ha esito positivo – cioè si individuano beni mobili e/o immobili da poter pignorare – l’Ufficiale Giudiziario redige un verbale con l’indicazione delle banche dati interrogate e l’elencazione delle relative risultanze. Quindi comunica queste informazioni al creditore, che potrà così avviare i pignoramenti con le consuete procedure, anche nella forma del pignoramento presso terzi, come quello che avviene nei confronti delle banche per i conti correnti del debitore, dell’INPS per le pensioni e del datore di lavoro per gli stipendi. In questi casi il verbale di pignoramento sarà notificato sia al debitore sia al terzo, che dovrà bloccare le somme e riversarle al creditore procedente.
Ovviamente tutto l’iter finalizzato a questo risultato è reso più facile grazie alla ricerca telematica effettuata, che consente di individuare, ad esempio, i datori di lavoro che erogano stipendi o altri emolumenti al debitore esecutato, e gli istituti di credito (banche, finanziarie, società di intermediazione, operatori di trading, ecc.)presso cui egli intrattiene rapporti ed ha conti correnti e depositi di denaro o di titoli.
La restante parte dell’iter procedurale non è cambiata rispetto al passato: ad esempio, una volta notificato al debitore l’atto di pignoramento, il creditore deve iscriverlo a ruolo entro i termini previsti, e, in caso di pignoramento presso terzi, dovrà ottenere un’ordinanza di assegnazione delle somme da parte del giudice dell’esecuzione, rispettando i consueti limiti di pignoramento del quinto dello stipendio e del minimo vitale per le pensioni.
Conclusioni
La riforma Cartabia ha semplificato e velocizzato la procedura di ricerca telematica dei beni da pignorare, rendendo molto più rapido ed efficiente il processo di recupero del credito. Adesso il creditore, grazie alle interrogazioni delle numerose banche dati informatizzate da parte dell’Ufficiale Giudiziario, che ne fornisce un puntuale resoconto, è in grado di ottenere informazioni precise e aggiornate sulla composizione del patrimonio del suo debitore e dei luoghi – fisici o virtuali, come i conti online – ove esso è custodito e detenuto, così riducendo i tempi e i costi dell’esecuzione forzata e andando quasi “a colpo sicuro” nell’individuazione dei beni da pignorare.
note
[1] D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, in vigore dal 28 febbraio 2023, e D. Lgs. n. 164 del 31 ottobre 2024, pubblicato in G.U. n. 264 del 11 novembre 2024 .
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