I ruderi simbolo di Pratobello si stagliano inermi sul crocevia tra Orgosolo e Fonni. La foresta di Montes in lontanza, sull’orizzonte il Gennargentu. Trecento passi più avanti, verso Mamoiada, ancora ruderi. Questa volta, però, niente simboli di rivolta e resistenza. Il cancello è spalancato, segnato dal tempo che lo ha divelto ad oltranza. Il territorio è segnato da una recinzione che ha lasciato il passo al saccheggio perenne, interrotto solo dalla fine dei cavi elettrici ceduti impunemente alle scorribande di collezionisti di rame e dintorni. I segni del tempo sono quelli della negligenza, dell’incuria, del menefreghismo. Del perenne costruire, distruggere e, forse, ricostruire.
Soldi buttati
Denaro pubblico, dei cittadini, consumato dal degrado pagato a caro prezzo, investito su opere nate sotto il segno della lungimiranza, distrutte dalla ingordigia dei tempi grassi. Nessuno, ovviamente, ne parla di quel quadrante idrico a cavallo tra la diga di Olai, nel territorio di Orgosolo, e l’invaso del Govossai, nel territorio di Fonni. Tutti fanno maledettamente finta di non vedere quei tubi giganti che escono da sottoterra per innestarsi uno sull’altro in quel crocevia d’acqua dimenticato da tutti. Condotte nere e robuste, da almeno un metro di diametro, che di punto in bianco, dopo aver attraversato montagne e pascoli, riemergono in quel proscenio disincantato dove nemmeno un lucchetto improvvisato evita pericoli e nuove scorribande.
Connessione dimenticata
Eppure, qui, nella Pratobello idrica, c’è esattamente ciò che in molti, nelle settimane della crisi idrica, hanno invocato, richiesto a gran voce, intercedendo con chissà chi perché si consumasse il miracolo dell’interconnessione, quelle tra i due bacini idrici a servizio idropotabile di Nuoro e dintorni. C’è chi ha pure detestato la storia per l’assenza di quel “legame” tra il bacino più grande, quello di Olai, e quello più piccolo e “consunto” del Govossai. In realtà quell’interconnessione “giace”, nel senso che gli hanno tolto la vita, proprio qui, a ridosso del luogo simbolo della ribellione delle genti di Orgosolo contro le barbariche invasioni di Stato. Quando entri in questo spettrale apparato idrico ti accorgi subito dell’imponenza dell’opera. Quattro potenti pompe idrauliche con motore asincrono connesse a valvole giganti posizionate su tubi ciclopici capaci di far salire e scendere l’acqua da un versante all’altro delle due dighe. Condotte invisibili, se non sui versanti del Govossai quando dallo sbarramento in pietra si insinuano sul costone per poi attraversare la montagna. Rispuntano qui, in questa stazione di sollevamento forzoso, pensata con il lungimirante obiettivo di “trasportare” l’acqua in eccesso del Govossai, il più piccolo dei due invasi, verso quello di Olai, il più grande, ma con un bacino imbrifero più limitato, ovvero con una più bassa capacità d’invaso.
Spettro arrugginito
Ora, quel che fu il sistema di interconnessione tra Olai e Govossai, è lo spettro di quel che sarebbe dovuto essere, un impianto in piena efficienza, da far funzionare senza riserve proprio quando la diga di Fonni ha cominciato a non contenere più il ben di Dio venuto dal cielo nei giorni di S.Antonio, unico artefice riconoscibile della soluzione alla crisi idrica del nuorese. Dunque, l’interconnessione tra bacini esiste, è lì, seppur decapitata da negligenza e non solo. Le pompe arrugginite dal tempo sono state lasciate incustodite, come i quadri elettrici vivisezionati da mani esperte, che evidentemente hanno avuto campo libero all’interno di un’opera pubblica fondamentale per il cuore dell’Isola.
Acqua per l’Enel
Ora il Govossai scarica verso Gusana, l’altro lago a valle, nel territorio di Fonni e Gavoi, un invaso il più delle volte messo a servizio non dei cittadini, ma degli affari di Enel e sodali. I dati dei livelli idrici dei bacini lasciano ben sperare se le copiose piogge di questi giorni resisteranno, ma le emergenze idriche non si governano in piena siccità ma con la lungimiranza di non disperdere nemmeno un litro d’acqua quando questo è disponibile. C’è da domandarsi per quale motivo si continua a perdere tempo e denaro dietro soluzioni arraffazzonate e costosissime, vedasi la pompa, anzi la motopompa, da 25 mila euro al mese, arrivata qualche giorno fa sul Govossai quando ormai era inutile farla arrivare. Una spesa ingiustificabile visto che non si può minimamente pensare di dover utilizzare le acque “basse” del Govossai per approvvigionare il nuorese.
Collegamento necessario
Sarebbe stato più lungimirante in questi anni, già dal 2018, quando il tema di quella connessione esistente venne riportato in luce, metter mano al ripristino di quella stazione di pompaggio, magari trovando un accordo economico anche con l’Enel per abbattere costi e gestione. Certo ad Enel, e forse non solo, conviene che il Govossai scarichi verso Gusana, magari per fare qualche ulteriore regalo alla società elettrica parastatale che si ritroverebbe pieno il bacino che usa per “turbinare” acqua ed energia. La regolazione del sistema idrico, a partire da quello idropotabile, non può essere lasciata al pressapochismo o agli affari di Enel, ma necessita di interventi in grado di tenere efficienti tutte le interconnessioni tra bacini proprio per affrontare le stagioni siccitose con tutte le riserve e gli accumuli idrici in piena efficienza e al massimo invaso. Immaginare che ci vogliano anni per ripristinare quegli impianti di “Pratobello” lascia alquanto interdetti, non foss’altro perché possono essere utilizzate tempistiche emergenziali capaci di ridurre a pochissimi mesi l’intervento. Non esiste nessun interesse nel buttar soldi al vento con inutili pompe per “acque basse”, tantomeno è accettabile che, come sta avvenendo anche in queste ore, che l’acqua potabile venga destinata al turbinamento dell’Enel. A questo si aggiunge una situazione da troppo tempo inconcludente relativa alla piena efficienza della diga del Govossai. Un invaso strategico soprattutto perché destinato agli usi idropotabili. I tempi per gli adeguamenti strutturali dello sbarramento sembrano finiti alle “calende greche” con il rischio che la disponibilità dell’intera capacità di invaso della diga di 3.75 milioni di metri cubi, sia perennemente ristretta al minimo da provvedimenti autorizzativi che ne limitano la potenzialità per ragioni di sicurezza.
Govossai abbandonato
Il progetto di «Consolidamento strutturale e ampliamento della strumentazione di controllo della diga di Govossai- Fonni» è da tempo in stallo, dopo che il Ministero dell’Ambiente, il 5 luglio del 2023, ha sentenziato: «nell’ottica di permettere di integrare il progetto con le opportune misure volte a minimizzare gli eventuali impatti ambientali generati dalla realizzazione degli interventi in progetto, si propone che il progetto in valutazione denominato “Consolidamento strutturale e ampliamento della strumentazione di controllo della diga di Govossai- Fonni” venga più opportunamente valutato nell’ambito di una procedura di Verifica di Assoggettabilità a VIA».
Soldi e tempo perso
Tutto tempo perso, nonostante la Delibera Cipe n. 12/2018, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.179 del 3 agosto del 2018, abbia concesso ad Abbanoa un ulteriore finanziamento di due milioni e mezzo per gli interventi previsti nella Diga di Govossai, portando il totale a ben sette milioni.La sequenza di incarichi di progettazione, direzione lavori, misura e contabilitĂ , persino il coordinamento della sicurezza dei lavori, parte giĂ dal 2019. C’è di piĂą l’intervento sulla diga del Govossai, il 16 dicembre del 2021, è stato inserito nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nella misura M2C4 – I4.1 “Investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico”.
Opera vergogna
Ultimo dettaglio: il collegamento tra le dighe di Olai e Govossai, quello in realtà già esistente, nel 2022 è stato inserito, con uno stanziamento di un milione e 800 mila euro, nel Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico. Nel provvedimento c’è scritto: il progetto si inquadra nel «completamento delle opere e/o degli schemi incompiuti». Altro che incompiuta. Negli atti ministeriali e non solo avrebbero dovuto scrivere: l’intervento è annoverato tra le vergogne delle opere realizzate e abbandonate per negligenza e scarsa lungimiranza. Dimenticando una regola fondamentale del governo dell’acqua: l’emergenza idrica si previene d’inverno, piuttosto che piangere la siccità d’estate.
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