Boom di iscritti alla Linke, ma l’Afd non perde terreno

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Dopo la discesa in piazza domenica di 250mila tedeschi contro il nuovo asse politico Cdu-Afd arriva la conferma del record di adesioni per i partiti che in Parlamento hanno tenuto in piedi l’argine antifascista. Su tutti, a raccogliere il vero e proprio boom è la Linke, capace di registrare 11mila nuovi iscritti in meno di due settimane. Ora la Sinistra conta complessivamente 72.177 tesserati, una massa vista soltanto ai tempi d’oro del 2010.

Ma il no alla legge anti-migranti proposta dal leader cristiano-democratico Friedrich Merz fa guadagnare punti anche ai Verdi, sebbene in misura minore. Sono 5mila le tessere consegnate ai nuovi membri tra cui non pochi con un background apartitico; segno che la resistenza alla svolta a destra sta pagando, almeno sotto il profilo del ritorno della partecipazione attiva alla vita politica.

AFD PERÒ NON PERDE terreno, come dimostrano gli ultimi sondaggi con i dati raccolti dopo la bocciatura del pacchetto-Merz al Bundestag. I fascio-populisti di Alice Weidel oscillano tra il 20 e il 22% confermandosi sempre come il secondo partito a livello nazionale a meno di venti giorni alle urne federali. Ma continua anche a ritmo di marcia la campagna elettorale della candidata-cancelliera Weidel, impegnata nell’ennesima operazione mediatica finalizzata alla sua proiezione internazionale. Martedì prossimo volerà oltre confine per incontrare il premier ungherese Viktor Orbán che ha benedetto la nascita dell’asse Cdu-Afd. A Budapest è già pronto il tappeto rosso per la visita di 48 ore della capa di Afd. «Grazie per l’invito, caro primo ministro, non vedo l’ora di incontrarti» fa sapere Weidel in inglese sulla piattaforma social del comune amico Elon Musk.

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L’ALTRO SOVRANISMO tedesco, invece, quello che a Washington vedono come fumo negli occhi, rimane confinato in Germania nonostante gli sviluppi riguardino l’intera Nato.

Su iniziativa dei consiglieri comunali dell’Alleanza Sahra Wagenknecht (Bsw) il Municipio di Zwickau, Sassonia, ha bandito qualunque pubblicità alle forze armate. Significa che i manifesti di arruolamento della Bundeswehr, di cui è tappezzata la repubblica federale da Amburgo fino a Monaco, non potranno più essere affissi nel territorio comunale. Proibito anche associare il logo della città con i simboli dell’esercito, senza contare il divieto di propaganda nelle strutture pubbliche, a cominciare dalle scuole. Bel grattacapo per il futuro ministro della Difesa chiamato a dare seguito al piano di rinnovamento della Bundeswehr finanziato con 100 miliardi di euro dal governo Scholz in cui si prevede anche il «ritorno alla cultura della sicurezza».

NON È COMUNQUE il problema più contingente per la Cdu. L’ondata di autentico sdegno popolare nei confronti del partito ha stravolto l’agenda elettorale di Merz. Invece di continuare a martellare unicamente sul chiodo dei migranti, il segretario è costretto a imbastire la difesa sul fronte interno. Al congresso della Cdu ieri a Berlino, mentre fuori dalla sala 700 agenti bloccavano la sonora protesta di 450 attivisti, Merz è tornato a recitare il mantra di «mai con Afd, né prima, né dopo». Dopo vuol dire nel corso delle trattative per la formazione della futura coalizione previste per inizio marzo, come deve ribadire: «Non faremo il governo con Afd».

RACCOGLIE GLI APPLAUSI dei delegati, anche se il mal di pancia verso la sua apertura ai fascio-populisti non riguarda più solo i merkeliani ma pure i governatori statali. In prima fila si distingue il presidente-borgomastro Cdu di Berlino, Kai Wegner, pronto ad avvisare Merz come il Bundesrat, la Camera dei Land, «mai ratificherà una legge passata con il supporto di Afd».

Da qui l’aggiornamento del tono del leader Cdu. Dopo aver accettato i voti dell’estrema destra in Parlamento ieri ha tuonato: «Afd è contro l’integrazione occidentale, l’euro e la Nato. Fino al 23 febbraio farò di tutto per fermare questo partito». Sui migranti, però Merz, non molla l’osso. Lo stop al suo piano di riforma del diritto di asilo è solo un incidente temporaneo, perché «la stragrande maggioranza dei tedeschi concorda con me: la nostra politica migratoria non può continuare così».



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