Il Segretario di Stato Usa Marco Rubio incontra il presidente salvadoregno Nayib Bukele – Reuters
«Unico, straordinario, ineguagliabile». Il segretario di Stato statunitense, Marco Rubio, ha ufficializzato così l’accordo tra Usa e El Salvador sulla gestione dei migranti irregolari di cui l’Amministrazione Trump si vuole disfare. Allo «storico» annuncio ne è seguito, poche ore dopo, un altro: la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha confermato che «sono in corso» le prime deportazioni verso Guantanamo Bay .
Rubio è arrivato a San Salvador lunedì: seconda tappa, dopo Panama, del suo tour in America Latina. Ha incontrato il presidente Nayib Bukele nella sua fattoria a Coatepeque, a nord della capitale, discutendo per tre ore di immigrazione, sicurezza e, dettaglio non secondario, di futuro. I dettagli dell’intesa raggiunta non sono stati resi noti ma, secondo quanto è trapelato, consisterebbe in un’apertura indiscriminata del governo di San Salvador alla gestione dei migranti irregolari deportati da Washington. Bukele, in sostanza, accoglierebbe tutti gli indocumentados provenienti dagli Stati Uniti a prescindere dalle loro nazionalità. Porte aperte, dunque, anche ai membri delle gang venezuelane come Tren de Aragua. I deportati verrebbero alloggiati nel Centro di confinamento del terrorismo (Cecot), il nuovo carcere di massima sicurezza, a Tecoluca, costato 1,2 miliardi di dollari, che al momento ospita solo i criminali locali, in gran parte membri delle bande, come MS-13, Mara Salvatrucha e Barrio-18, a cui fanno capo racket e traffico di droga.
Qual è la contropartita? Ufficializzata la svolta, la ministra degli Esteri salvadoregna Alexandra Hill Tinoco ha firmato un memorandum d’intesa propostogli da Rubio sulla cooperazione nel settore dell’energia nucleare civile. Un documento che, questo è quello che i funzionari del Dipartimento di Stato hanno lasciato intendere, potrebbe portare a un partenariato più formale. Applicazioni di “diplomazia del baratto” di stampo trumpiano.
Bukele, che di Trump è un grande ammiratore, oltre che il più accondiscendete dei leader nella regione, ne ha approfittato per rilanciare la sua apertura offrendosi di aprire le sue carceri anche agli americani incarcerati negli Usa per crimini violenti e condannati a lunghe pene detentive. Il servizio verrebbe offerto, ha sottolineato il presidente, «dietro pagamento di una tariffa che è relativamente bassa per gli Stati Uniti, ma significativa per noi, al fine di rendere sostenibile l’intero sistema carcerario nazionale». La soluzione è pressoché impercorribile dal punto di vista legale ma Rubio non si è affrettato a rispedirla al mittente limitandosi a dire che è «significativa» dell’amicizia che lega i due Paesi. «Ottima idea», ha rilanciato invece il miliardario-ministro Elon Musk.
La collaborazione tra Washington e San Salvador sui migranti ha sollevato l’allarme delle associazioni per i diritti civili secondo cui Bukele, che governa mediante stato d’assedio permanente, non ha una politica coerente sul trattamento di richiedenti asilo e rifugiati, cosa che rischia di tradursi in trattamenti da criminali per milioni di disperati. E’ da marzo 2022, per esempio, che sono sospesi diritti fondamentali come l’accesso alla difesa legale, misura introdotta per frenare l’ondata di omicidi sollevata dagli scontri tra le bande armate del Paese. Una scheda pubblicata dallo stesso Dipartimento di Stato americano, ancora, descrive le carceri salvadoregne come luoghi sovraffollati, «pericolosi», con «inadeguate» condizioni igienico sanitarie. L’inviato speciale Usa per l’America Latina, Mauricio Claver-Carone, si è limitato a sottolineare che, dieci anni fa, «San Salvador era la capitale mondiale della violenza di strada e oggi è la città più sicura del pianeta».
La smodata apertura di Bukele a Trump, osservano gli addetti ai lavori, rischia di fare di El Salvador il giardino di Washington in cui scaricare ciò che non piace. Rilevatrice, tra l’altro, degli ultimatum lanciati dal tycoon nella regione: o con me, o contro di me. Questo è quello che racconta anche la decisione del Messico, ieri, di inviare 500 membri della Guardia Nazionale al confine con gli Stati Uniti per rafforzare la sorveglianza sugli attraversamenti non autorizzati. O il «sì» incondizionato della Colombia ad accettare i rimpatri dei connazionali emigrati senza documenti. Il tour di Rubio nell’America Latina non è concluso. Prossime tappe: Costa Rica, Guatemala e Repubblica Dominicana.
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