I diritti dei bambini ancora calpestati e quelle parole del Papa sull’aborto

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Erano 8.930.478 i bambini e adolescenti che vivevano in Italia al 1° gennaio di un anno fa, il 15% della popolazione complessiva. Probabilmente sono in un numero inferiore oggi, visto il trend della natalità, che assottiglia progressivamente le fasce di età più giovani, a partire dai più piccoli. Un trend che preoccupa e che dovrebbe indurre a costruire contesti accoglienti per la crescita dei pochi bambini e adolescenti che ci sono. E invece non è sempre così.

Non vi è dubbio che l’Italia abbia fatto enormi passi avanti negli ultimi settanta anni rispetto a molti aspetti della condizione minorile. È passata, ad esempio, dall’essere uno dei Paesi europei a più alta a uno a più bassa mortalità infantile. Ma rimangono e persino aumentano inaccettabili differenze territoriali, dovute a povertà, ma anche a una diseguale distribuzione e accessibilità dei servizi sanitari: nascere nel Mezzogiorno comporta il 70% di possibilità in più di morire nel primo anno di vita rispetto a nascere nel Centro-Nord, un rischio che raddoppia nel caso di bambini stranieri.

Bambine/i e adolescenti hanno accesso a livelli di consumo molto più alti di quelli accessibili ai loro nonni alla loro età. Ma hanno anche una incidenza della povertà, specie assoluta, più alta sia degli adulti sia degli anziani, soprattutto se hanno più fratelli/sorelle, vivono nel Mezzogiorno, sono stranieri. Riguarda il 13,8% dei minorenni, a fronte del pur alto 11,8% dei giovani fino ai 34 anni, al 9,8% delle persone tra i 35 e i 64 anni e al 6,2% degli ultrasessantacinquenni.

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L’analfabetismo per mancanza di scolarizzazione è stato sconfitto, ma non così la povertà educativa per mancanza di sufficienti opportunità educative formali e informali, restringendo per troppe bambine/i e adolescenti la possibilità di sviluppare appieno le proprie capacità. I servizi educativi per la prima infanzia (nidi e scuole dell’infanzia) sono distribuiti in modo territorialmente molto disomogeneo, a svantaggio del Mezzogiorno e delle aree interne.

Lo stesso vale per il tempo pieno nel primo ciclo scolastico. Il Pnrr avrebbe dovuto sanare questi divari, ma i progressivi aggiustamenti, uniti a ritardi ed errori di impostazione, sembrano allontanare, quando non disattendere, questo obiettivo.

Del resto, le scuole in tutto il Paese sono spesso ancora collocate in edifici respingenti, quando non insalubri e le aule – a parte la lavagna elettronica – molto simili a quelle che ho frequentato io da bambina, le palestre assenti o poco utilizzabili, gli spazi all’aperto inesistenti.

Molte biblioteche stanno attrezzandosi per diventare spazi aperti e accoglienti per bambine/i e adolescenti, ma in troppi Comuni non ce n’è neppure una. In molte città e/o singoli quartieri mancano parchi pubblici e spazi all’aperto attrezzati per il gioco e lo sport e in generale è ridotta, a motivo della cementificazione, del traffico, dell’invasione dei parcheggi, la possibilità di un uso autonomo dello spazio da parte di bambine/i. L’eccesso di protezione che spesso viene legittimamente rimproverato ai genitori si è sviluppato di pari passo con la progressiva espulsione delle bambine/i come abitanti dello spazio pubblico.

L’ultimo Rapporto del Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e adolescenza segnala anche l’aumento di alcuni fenomeni chiaramente negativi. I due più preoccupanti riguardano rispettivamente le vittime di abuso e maltrattamento familiare e i minorenni di 14-17anni in carcere. I primi sono passati da 21.709 nel 2020 a 25.260 nel 2023.

I secondi sono raddoppiati, passando da 139 nel 2021 a 311 nel 2024, in parte anche a causa di un inasprimento delle pene. Questo ha portato anche alla possibilità di incarcerare negli istituti penitenziari per adulti ragazzi dai sedici anni in su, in pieno contrasto con il principio di appropriatezza e di funzione ri-educativa del carcere, contrasto inaccettabile sempre, ma tanto più quando si tratta di persone ancora in formazione. Non sono inclusi in questi dati, ovviamente, i bambini piccolissimi ristretti in carcere con le loro mamme.

Vi sono poi i minorenni che vivono fuori dalla famiglia di origine, vuoi per più o meno temporanea inadeguatezza di questa, vuoi perché sono arrivati in Italia da soli, come minori non accompagnati. Entrambi hanno fragilità e bisogni specifici, che richiedono soluzioni attente. Mentre per i primi esiste una tradizione consolidata di interventi, al di là delle polemiche più o meno strumentali che talvolta divampano, per i secondi, che sono in aumento, vi è una grave carenza di risorse umane e di strutture. Ciò li costringe spesso per lunghi periodi in luoghi inadatti e in una promiscuità con gli adulti, mettendo a rischio la stessa possibilità di avviarli tempestivamente in percorsi efficaci sia dal punto di vista della salute psichica sia di quella dell’integrazione.

Promuovere la natalità è un obiettivo certo legittimo, ancorché di difficile attuazione per motivi demografici (siamo una popolazione irrimediabilmente anziana e se non ci «ringiovaniamo» con contributi esterni c’è poco da fare) e culturali. Ma per essere credibili occorre innanzitutto migliorare le condizioni delle bambine/i e adolescenti che già ci sono, impedendo che un figlio (un fratello/sorella) in più provochi un forte impoverimento, magari impedendo alla madre di mantenere l’occupazione per mancanza di servizi e di orari amichevoli, contrastando fattivamente la povertà educativa, costruendo ambienti urbani accoglienti per i più piccoli e rendendo attraenti le aree interne in via di spopolamento.

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Non tocca solo ai governi centrale e locali, ma a tutti coloro che hanno potere di decisione su dimensioni importanti dell’assetto sociale e ambientale in cui facciamo crescere i più piccoli. Ed occorre una visione di insieme, non misure frammentate, disorganiche, talvolta contraddittorie, spesso di breve respiro.

P.S.: «Nulla vale la vita di un bambino» ha dichiarato il pontefice. Assolutamente. Ma equiparare l’aborto all’uccisione dei bambini per fame, guerre, sfruttamento, naufragio per mancanza di soccorsi e/o di alternative, non aiuta a cogliere la gravità della situazione in cui troppi bambini e adolescenti sono oggi costretti a vivere. Anzi, rischia di spersonalizzarli, renderli invisibili con le loro storie, desideri, dolori. Come se fossero, appunto, solo embrioni o feti in formazione.



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