Si occupavano di preparare i documenti falsi per far ottenere permessi di soggiorno a cittadini extracomunitari, che in cambio versavano fino a settemila euro per ciascuna pratica, e poi di ripulire il denaro accumulato. È l’accusa rivolta a Nicola Salvati, il tesoriere del Pd campano arrestato e sospeso dal partito, e al padre Giuseppe, indagati dalla Direzione distrettuale antimafia di Salerno nell’inchiesta su una presunta associazione a delinquere che secondo l’accusa ha lucrato sui decreti flussi, presentando oltre duemila richieste fittizie di nulla osta al lavoro. I due Salvati, titolari di uno studio di commercialisti, avevano il compito di “formare o “aggiustare” la falsa documentazione necessaria per la presentazione e/o il buon esito delle istanze o comunque di fornire indicazioni al fine di farla “correggere” ai datori di lavoro direttamente interessati”, si legge nell’ordinanza che ha applicato le misure cautelari nei confronti di 36 persone, firmata dal gip Giovanni Rossi.
Ancora, secondo l’accusa Nicola e Giuseppe Salvati ricoprivano un ruolo centrale nel riciclaggio dei profitti del sistema: per conto della ditta di Raffaele Nappi, il presunto capo dell’associazione, si occupavano “di predisporre le false fatture di vendita o acquisto strumentali all’artificioso aumento del volume d’affari propedeutico alla presentazione e finalizzazione delle istanze relative ai decreti flussi ed emersione, nonché all’autoriciclaggio delle somme di provenienza illecita”. A carico dei Salvati, secondo il gip, sussistono i gravi indizi di colpevolezza necessari all’arresto, provenienti sia dalle dichiarazioni di Nappi che “dalle numerose conversazioni intercettate tra quest’ultimo e i Salvati nel corso del tempo, che attestano e riscontrano obiettivamente il coinvolgimento stabile, duraturo e reiterato da loro prestato”.
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