«Ordine di annientare Iran se mi uccidono». Netanyahu arrivato alla Casa Bianca per l’incontro con il tycoon

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Netanyahu arrivato alla Casa Bianca per incontro con Trump

Il premier israeliano Benyamin Netanyahu è arrivato alla Casa Bianca per l’incontro con Donald Trump. 

Trump, manderò americani condannati in altri Paesi se legale

Donald Trump ha detto nello studio ovale che manderà i cittadini americani condannati per i crimini peggiori in Salvador o altri Paesi, se legale. 

Trump, ho lasciato ordine di annientare Iran se mi uccide

Donald Trump ha ammonito nello studio ovale di aver lasciato degli «ordini» secondo cui se l’Iran lo assassinerà «sarà annientato».

 

 

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Trump firma ordine per massima pressione sull’Iran

Donald Trump ha firmato nello studio ovale un ordine esecutivo per reimporre la massima pressione sull’Iran. «E’ molto duro sull’Iran», ha spiegato, dicendosi «combattuto» sulla firma. «Spero che non dovremo usarlo molto», «non sono contento di farlo», ha aggiunto. 

Trump ordina ritiro Usa da consiglio Onu per diritti umani

Donald Trump ha firmato nello studio ovale un ordine esecutivo per ritirare gli Usa dal consiglio Onu per i diritti umani e bloccare i fondi all’Unrwa.   Con l’ordine esecutivo Trump ritira il suo Paese da una serie di organismi delle Nazioni Unite, tra cui il Consiglio per i diritti umani (Unhrc) e la principale agenzia di soccorso delle Nazioni Unite per i palestinesi (Unrwa), disponendo una revisione ampia dei finanziamenti statunitensi per l’Onu. Ordinato anche l’esame del coinvolgimento Usa nell’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco).

Consigliere Trump, ‘la telefonata con Xi ci sarà oggi’

La telefonata tra Donald Trump e Xi Jinping ci sarà oggi. Lo ha detto il consigliere per il Commercio del presidente americano, Peter Navarro, a Politico. 

Tajani: Italia ponte con Ue, abbiamo strategia se Trump procede su dazi

«L’Italia si impegnerà a fare da ponte tra Usa ed Europa per evitare la guerra sui dazi» che «farebbe danni sia agli americani, sia a noi». Ma «se l’America procede non ci faremo cogliere impreparati, abbiamo una strategia». Lo ha dichiarato il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani in una intervista al Corriere della Sera, spiegando che «siamo già al lavoro per trovare soluzioni che non mandino in crisi le nostre aziende e il benessere dei nostri cittadini».

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Ovvero, «non stiamo giocando una partita d’attesa. Primo, perché siamo i migliori ambasciatori dell’Europa presso gli Stati Uniti, per gli ottimi rapporti che abbiamo costruito. Secondo, perché sappiamo come reagire», ha affermato il titolare della Farnesina. Anche perché, prosegue, «sono i fatti a parlare. Una guerra non serve a nessuno. Nessun’altra economia al mondo è integrata come quella Usa-Ue. Le aziende europee negli Usa impiegano 3,5 milioni di americani. E un altro milione di posti di lavoro americani dipende direttamente dal commercio con l’Europa. Di tutti i beni americani all’estero, due terzi sono in Europa. E gli Stati Uniti forniscono oltre il 50% del nostro Gnl. Il volume degli scambi Ue-Usa è di 1,5 trilioni di euro, che rappresentano il 30% del commercio globale. C’è molto in gioco per entrambe le parti».

In risposta agli eventuali dazi che il presidente americano Donald Trump imporrà sulla Ue «è chiaro che servirà negoziare. E mi sembra proprio che Trump stia dando i primi segnali di volontà di negoziare – analizza Tajani – Guardate al confronto con il Messico, all’intesa che è stata raggiunta ieri. Tutti sappiamo benissimo che il commercio di tutti i Paesi del mondo, anche gli Usa, si nutre di libera circolazione: di prodotti, idee, persone.

E il business di tutto ha bisogno tranne che di barriere tanto materiali (muri) che immateriali (dazi). Ce lo insegna la storia: la Repubblica di Venezia divenne egemone nei traffici commerciali tra Oriente e Occidente e verso il Nord anche perché non vi erano dazi».

Cina presenta reclamo al Wto contro i dazi al 10% di Trump

La Cina ha dichiarato di aver presentato un reclamo all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) «per difendere i suoi legittimi diritti e interessi» in risposta all’aumento delle tariffe unilaterali americane del 10% su tutto l’import del made in China, secondo quanto deciso da Donald Trump.

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«La Cina ha presentato un reclamo contro le misure tariffarie statunitensi nell’ambito del meccanismo di risoluzione delle controversie del Wto», ha riferito il ministero del Commercio in una nota, accusando le azioni degli Stati Uniti di avere una «natura dolosa».

Cina, stretta sull’export di tungsteno e altri minerali

Il ministero del Commercio e l’Amministrazione generale delle dogane cinesi hanno annunciato la stretta sui controlli alle esportazioni «di articoli relativi a tungsteno, tellurio, bismuto, molibdeno e indio» con effetto immediato «al fine di salvaguardare la sicurezza e gli interessi nazionali e di adempiere agli obblighi internazionali come la non proliferazione». Lo si legge in una nota congiunta.

La stretta all’export di tungsteno e di «25 prodotti e tecnologie di metalli rari come il paratungstato di ammonio» entra in vigore immediatamente, in conformità «con le disposizioni pertinenti», tra cui quelle sul “Controllo degli articoli a duplice uso”, «al fine di salvaguardare la sicurezza e gli interessi nazionali, adempiere agli obblighi di non proliferazione», ha spiegato una nota. Gli operatori dell’export che desiderano spedire gli articoli in questione «devono richiedere una licenza al dipartimento del commercio» del governo centrale. Allo stesso tempo, la Cina provvederà ad aggiornare l’«Elenco di controllo delle esportazioni di prodotti a duplice uso della Repubblica popolare cinese».

Cina, indagine anti-monopolio contro Google

Google «è sospettata di aver violato le leggi anti-monopolio cinesi». Per questa ragione, la State Administration for Market Regulation, l’Antitrust di Pechino, ha deciso «di avviare un’indagine in conformità con le normative», in base a quanto annunciato con una nota. La mossa ha più una portata simbolica che effettiva, essendo le attività del colosso Usa bandite dalla Repubblica popolare.

La mossa di Pechino contro Google è maturata dopo l’entrata in vigore dei dazi Usa al 10% su tutto l’import made in China, secondo i piani annunciati da Donald Trump. L’Amministrazione statale per la regolamentazione del mercato cinese ha affermato che il colosso tecnologico statunitense era «sospettato di aver violato la legge anti-monopolio della Repubblica popolare cinese».

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Pechino ha anche annunciato che avrebbe aggiunto il gruppo fashion Usa Pvh, titolare dei brand Tommy Hilfiger e Calvin Klein, e il gigante biotech Illumina nell’elenco delle cosiddette ‘entità inaffidabili’. La mossa punta a «tutelare la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo, in conformità con le leggi pertinenti», ha spiegato il ministero del Commercio i un’apposita nota. «Le due entità violano i normali principi delle transazioni di mercato, interrompono le normali transazioni con le imprese cinesi e adottano misure discriminatorie nei confronti delle imprese cinesi», ha aggiunto.

A settembre la Cina ha dichiarato di aver indagato su Pvh per «boicottaggio irragionevole» del cotone proveniente dalla sua regione dello Xinjiang, dove Pechino è accusata di diffuse violazioni dei diritti umani soprattutto a danno delle minoranze musulmane di etnia uigura.

Cina risponde a Trump con dazi al 15% su carbone e gas Usa

Pechino risponde ai dazi del 10% a tutte le importazioni made in China decise da Donald Trump, varando un pacchetto di misure che prendono di mira il carbone e il gas naturale liquefatto (Gnl) con aliquote del 15%, più un’ulteriore tariffa del 10% su petrolio, attrezzature agricole e alcune automobili. Le misure, ha riferito il ministero delle Finanze, «sono state imposte per contrastare» i piani del tycoon ed entreranno in vigore dal 10 febbraio.



L’amministrazione Trump ha chiesto ai leader del Congresso di approvare nuovi trasferimenti per circa 1 miliardo di dollari in bombe e altro materiale militare a Israele: lo scrive il Wall Street Journal, citando dirigenti statunitensi a conoscenza del dossier.

Le vendite di armi pianificate includono 4.700 bombe da 1.000 libbre (450 kg), per un valore di oltre 700 milioni di dollari, nonché bulldozer blindati costruiti da Caterpillar, per un valore di oltre 300 milioni di dollari.

Le nuove richieste di armi, che verrebbero pagate dai miliardi di dollari di aiuti militari annuali degli Stati Uniti a Israele, arrivano mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è in visita a Washington e incontrerà il presidente Trump oggi per discutere del cessate il fuoco a Gaza, di una tregua separata in Libano e delle tensioni nel Medio Oriente più ampio.

Si prevede che Netanyahu e altri funzionari israeliani faranno pressione su Trump affinché proceda con una serie separata di trasferimenti di armi inizialmente richiesti dall’amministrazione Biden, per un totale di oltre 8 miliardi di dollari in nuove bombe, missili e proiettili di artiglieria.

L’amministrazione Biden ha notificato ai leader del Congresso la vendita a gennaio prima di lasciare l’incarico.

Le armi non hanno ancora ricevuto la piena approvazione a causa di uno stop da parte di alcuni legislatori democratici. L’amministrazione Trump sta ora spingendo i leader del Congresso a sbloccare le vendite.

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