Il lento rifiorire delle nature morte di Rachel Ruysch –

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Rachel Ruysch potrebbe essere l’artista più famosa di cui non avete mai sentito parlare. Balzata alla ribalta alla fine del XVII secolo, quando l’arte olandese era al suo apice, Ruysch (L’Aia,1664-1750) si è fatta conoscere dipingendo nature morte, lasciando una quantità eccezionale di sontuose opere floreali. Nel periodo della maturità, nei primi decenni del XVIII secolo, fu probabilmente la più celebre pittrice olandese.

Il genere della natura morta ha attirato una serie di artisti di spicco, tra cui Jean Siméon Chardin, Eugène Delacroix ed Édouard Manet; per non parlare dei cubisti, Pablo Picasso, Georges Braque e Juan Gris. Ma la stessa Ruysch è vissuta come una nota a piè di pagina, una pittrice importante di quello che è un sottogenere minore, nota agli studiosi del settore ma fuori dal radar del comune frequentatore di musei. Ora la sua prima grande mostra, aperta all’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera fino al 16 marzo e che poi si sposterà nel Toledo Museum of Art dell’Ohio (12 aprile-27 luglio) e nel Museum of Fine Arts di Boston (23 agosto-7 dicembre), le riserva un trattamento di prim’ordine.

«Rachel Ruysch: la natura in arte» ha tutte le carte in regola per essere una grande mostra. La storia della vita di Ruysch è avvincente, toccante e sorprendente, e comprende tutto, da una vincita alla lotteria a una sorella dall’aspetto misterioso, che dipingeva nature morte floreali quasi indistinguibili dalle sue. Ruysch ebbe dieci figli, sei dei quali vissero fino all’età adulta, e una carriera di sette decenni che comprese molti anni come pittrice di corte di Johann Wilhelm II, Elettore Palatino, un uomo di potere del Sacro Romano Impero. Johann, insieme alla moglie Anna Maria Luisa de’ Medici, accumulò una delle più importanti collezioni d’arte dell’epoca, i cui pezzi migliori andarono a costituire un pilastro del patrimonio dell’Alte Pinakothek.

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I 57 dipinti dell’artista corrispondono a più di un terzo delle sue opere sopravvissute e ci conducono dagli esordi giovanili dei primi anni ’80 del XVI secolo agli ultimi dipinti della fine degli anni ’40 del XVII secolo. Non contento di essere esaustivo, il team curatoriale di Monaco (Bernd Ebert, Robert Schindler e Anna C. Knaap) ha completato la mostra con centinaia di oggetti aggiuntivi, in un allestimento che intende ricordare le collezioni naturali e l’orbita intellettuale del padre, Frederik Ruysch. Noto botanico e professore di anatomia, Frederik aveva ampi interessi e competenze scientifiche che confluirono nelle opere della figlia.

Un inconveniente della mostra, e della riscoperta della stessa Rachel Ruysch, è la gamma necessariamente ristretta di opere. L’artista dipingeva solo nature morte e queste ultime sono quasi sempre dominate dai fiori. Tuttavia, una galleria dopo l’altra di fiori resi con precisione, attentamente calibrati e assolutamente favolosi, accentuati da un animale strano e fuori misura o da un’esposizione di frutta in formato banchetto, può avere un effetto cumulativo sublime. Visivamente, i dipinti sono una continua fusione di fantasia e natura, altamente stilizzata ma del tutto realistica. E la combinazione, decennio dopo decennio, è una meraviglia.

I curatori hanno condotto una caccia al tesoro per trovare alcuni di questi dipinti, che erano nascosti nei depositi dei musei, e la mostra inizia con un’opera a quattro mani riemersa di recente: un ritratto di Rachel Ruysch del 1692 dipinto dall’olandese Michiel van Musscher, con elementi di natura morta realizzati dall’artista stessa. Acquisito dal Metropolitan Museum of Art di New York nel 2023, il dipinto mostra una giovane donna sicura di sé al cavalletto, circondata dal suo lavoro meticoloso e abbondante.

La pittura di natura morta godeva di scarsa considerazione nei più alti circoli artistici dell’Accademia francese. Nella cosiddetta gerarchia dei generi, ideata nel XVII secolo, periodo di massimo splendore dell’Ancien Régime, la pittura di frutta e fiori si trovava in fondo, sotto i paesaggi, con la pittura di storia in cima. Gli artisti olandesi del XVII secolo giocavano tipicamente con questo ordine di priorità. La natura morta, che celebrava e decorava i fiorenti ambienti domestici olandesi, godette di popolarità e prestigio per decenni prima dell’arrivo di Ruysch. 

La prima sezione della mostra unisce in modo utile opere come il piccolo «Composizione floreale» di Ruysch (1682 ca), il cui bouquet è convenzionalmente inserito in uno sfondo scuro, con opere del suo mentore, Willem van Aelst, e di predecessori della natura morta come Maria van Oosterwijck, un’apripista del genere. Poi si passa alle meraviglie, alle stranezze e agli occasionali orrori del gabinetto del naturalista della prima età moderna, per il quale i curatori hanno attinto alle collezioni locali. Qui vediamo come Ruysch si sia ispirata, ma anche superato, a disegni di flora e fauna, come l’incisione colorata a mano di un rospo del Suriname, un bizzarro anfibio originario della colonia sudamericana olandese del Suriname. La creatura è stata inserita in una natura morta infernale di Ruysch del 1690, ambientata in una foresta.

Il punto più alto della mostra, e della carriera di Ruysch, è rappresentata dai dipinti dei primi anni del XVIII secolo, che sono di dimensioni maggiori, più luminosi e più ricchi rispetto ai lavori dei decenni precedenti. La mostra riunisce la «Natura morta di fiori in un vaso di vetro su una sporgenza di marmo» (1710), ora alla National Gallery di Londra, con il suo pendant originale «Composizione di frutta», in prestito da una collezione privata. 

La capacità di Ruysch di combinare un’ampia varietà di piante, che la distingue dai suoi predecessori, raggiunge l’apice nella «Natura morta con fiori e frutti» (1714). In quella che oggi potremmo definire una celebrazione della biodiversità, il dipinto di 122 cm di larghezza, che un tempo decorava la camera da letto di Johann Wilhelm, raffigura più di 25 specie originarie di tutto il mondo.

Già profumatamente pagata, Ruysch si arricchì nel 1723, quando lei e la sua famiglia acquistarono un biglietto vincente della lotteria. La mostra si conclude con le sue opere più tarde, quando tornò alla scala ridotta della sua giovinezza, rinunciando agli sfondi scuri di quell’epoca. «Un mazzo di fiori con uno scarafaggio su una sporgenza di pietra» (1741) raffigura un fragile mazzolino di fiori invece di un ampio bouquet, sullo sfondo di una corrente di luce che si trasforma verso l’alto.

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Prima di vedere la mostra conoscevo poco l’opera di Rachel Ruysch e ne sono rimasto affascinato. Ma dopo il rientro mi sono venuti dei dubbi. Quei francesi, a proposito della gerarchia dei generi, avevano ragione? A Monaco ho pensato che l’opera di Ruysch fosse essenzialmente, o addirittura semplicemente, decorativa, come una carta da parati di altissimo livello.

E mi è sembrato che anche una mostra superlativa su questo tipo di arte possa essere molto buona, ma mai veramente grande.



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