sì al Green Deal, senza rinunciare all’occupazione

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L’obiettivo della manifestazione è chiedere all’Unione Europea e ai governi un piano industriale solido e concreto per affrontare la transizione ecologica senza sacrificare posti di lavoro e diritti dei lavoratori

I sindacati di tutta Europa uniscono le forze, per far sentire con una sola voce la richiesta di un piano industriale a livello europeo, che sia in grado di affrontare le sfide del futuro, evitando che il Vecchio Continente si auto-condanni all’irrilevanza economica nello scacchiere globale, sempre più in bilico tra gli Usa di Trump e la Cina di Xi.

Per questo oltre un migliaio di lavoratrici e lavoratori dell’industria metalmeccanica, chimica-farmaceutica, dell’energia, della gomma e plastica, della ceramica e del vetro e del settore moda si sono riuniti stamattina a Bruxelles, sotto la sede del Consiglio europeo, per prendere parte alla manifestazione organizzata da IndustriAll Europe, il sindacato europeo dell’industria.

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Il tema chiave è il Green New Deal, con le sigle sindacali che vedono nella struttura attuale del patto il rischio di un impoverimento per i ceti medio-bassi, che dovranno sopportare maggiormente i costi della transizione ecologica.

La protesta

L’iniziativa, sostenuta anche dai sindacati italiani Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm, Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec, ha visto la partecipazione di delegazioni provenienti da tutta Europa con un obiettivo comune: chiedere all’Unione Europea e ai governi un piano industriale solido e concreto per affrontare la transizione ecologica senza sacrificare posti di lavoro e diritti dei lavoratori.

«Una protesta che nasce dalla consapevolezza che la deindustrializzazione in Europa non è più una minaccia futura, ma una realtà attuale. L’assenza di una strategia chiara e di investimenti mirati, unita a scelte aziendali errate, ha portato a un declino del settore industriale, con conseguenti chiusure di stabilimenti e perdita di occupazione», si legge nel comunicato congiunto diffuso dai sindacati italiani, che insieme alle altre sigle europee riunite in IndustriAll Europe hanno avanzato cinque richieste fondamentali per un nuovo piano industriale: investimenti nella formazione per garantire una transizione giusta, politiche industriali con fondi pubblici condizionati a criteri sociali, sviluppo di infrastrutture per un’energia stabile e sostenibile, rafforzamento della contrattazione collettiva e una maggiore attenzione ai diritti umani nelle catene di fornitura.

La Confederazione Europea dei Sindacati (Ces) ha invece previsto un’altra azione di protesta a Bruxelles, in programma domani contro i piani di deregulation previsti dalla Commissione Europea, che minacciano di indebolire le direttive CSRD e CSDDD, i due regolamenti UE che mirano a rafforzare la responsabilità e la trasparenza delle imprese in materia di sostenibilità.

«Questi tentativi mirano a ridurre la responsabilità e la trasparenza aziendale, dando priorità agli interessi delle imprese a scapito dei diritti dei lavoratori e delle protezioni sociali e ambientali», scrive nel comunicato la Ces, che ha anche annunciato una nuova manifestazione per il 25 febbraio.

L’appello dei sindacati

Nel corso della manifestazione, il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, ha lanciato un appello forte alle istituzioni europee: «Siamo qui per dire al Parlamento europeo di fermarsi, perché questa transizione, così come è strutturata, distrugge posti di lavoro e interi settori industriali. L’Europa rischia di autodistruggersi mentre il resto del mondo procede con politiche più equilibrate. Noi vogliamo salvare il pianeta, ma anche le persone e la loro dignità. Non possiamo accettare una transizione ecologica che incentiva la povertà e penalizza solo l’Europa». 

Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, ha evidenziato la necessità di un cambiamento radicale nell’approccio alla transizione: «Mentre in Europa crescono nazionalismi e divisioni, i lavoratori si uniscono per difendere i propri diritti. La transizione ecologica non può avvenire contro i lavoratori, ma solo con loro. È necessario bloccare i licenziamenti, garantire l’occupazione e redistribuire le risorse attraverso salari equi e una riduzione dell’orario di lavoro. Se vogliamo un futuro democratico per l’Europa, dobbiamo fondarlo sul lavoro». 

La manifestazione di mercoledì 5 febbraio a Bruxelles rappresenta un segnale forte da parte del mondo del lavoro, che chiede con urgenza un cambio di rotta nelle politiche industriali comunitarie, a fronte della concreta prospettiva di un’Europa sempre più fragile dal punto di vista economico e sociale, con conseguenze nefaste per milioni di lavoratori e per il tessuto produttivo dell’intero continente.

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