Arriva la proposta di legge per vietare la pubblicità dei cibi ultraprocessati – Ruminantia – Web Magazine del mondo dei Ruminanti

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Negli anni, Ruminantia si è impegnata strenuamente nella divulgazione scientifica e nel dibattito sui temi legati all’alimentazione, con particolare attenzione alla questione dei cibi ultraprocessati. Attraverso numerosi articoli, interviste a esperti in nutrizione e approfondimenti nella nostra rubrica “Etica & Salute“, abbiamo costantemente portato all’attenzione dei nostri lettori i rischi connessi a questi prodotti e la necessità di promuovere modelli alimentari più sani e sostenibili.

Proprio per questo, accogliamo con vivo entusiasmo la nuova proposta di legge (a.c. 2089) presentata dalla deputata Luana Zanella (AVS) lo scorso 14 ottobre 2024, intitolata “Disposizioni per la promozione della dieta mediterranea e divieto di pubblicità dei prodotti alimentari ultra-processati“, e recentemente assegnata in sede referente alla XII Commissione Affari sociali. Un passo importante nel riconoscimento istituzionale di un problema che da anni denunciamo con forza.

Cosa sono i cibi ultraprocessati e perché sono un problema

Prima di entrare nel merito della proposta di legge, però, è doveroso qualificare meglio cosa si intende per cibi ultraprocessati e comprendere le ragioni che hanno portato alla formulazione di questo provvedimento.

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Coniato nel 1951 da Michael F. Jacobson, il termine “junk food” (cibo spazzatura) si riferisce ad alimenti dal basso valore nutrizionale e dall’elevato apporto calorico, caratterizzati da un eccesso di zuccheri, grassi saturi e sale. I cibi ultraprocessati rientrano in questa categoria, ma con un livello di trasformazione industriale ancora più spinto, che ne modifica la struttura originaria attraverso l’uso massiccio di additivi, conservanti e aromi artificiali. Questi prodotti sono spesso progettati per essere estremamente appetibili, inducendo una sorta di dipendenza che porta al loro consumo eccessivo.

Il problema della pubblicità

Un ruolo determinante nella diffusione di questi alimenti è giocato dal marketing aggressivo e dalle strategie pubblicitarie mirate. Le grandi aziende alimentari investono enormi risorse per rendere questi prodotti desiderabili, specialmente per il pubblico più giovane. Packaging accattivanti, mascotte divertenti e spot televisivi strategicamente posizionati nei programmi per bambini contribuiscono a plasmare le preferenze alimentari sin dall’infanzia, influenzando abitudini che spesso si consolidano nell’età adulta.

La pubblicità, amplificata dai media tradizionali e digitali, normalizza il consumo di questi prodotti, presentandoli come soluzioni rapide e convenienti, spesso nascondendo i loro effetti negativi sulla salute. Studi epidemiologici e nutrizionali hanno però dimostrato che il consumo abituale di cibi ultraprocessati è associato a un maggiore rischio di obesità, diabete, malattie cardiovascolari e persino disturbi cognitivi. Alcuni Paesi, come il Regno Unito e la Francia, hanno introdotto normative restrittive sulla pubblicità di questi prodotti, soprattutto nei confronti dei minori, nel tentativo di arginare l’impatto negativo sulla salute pubblica.

La crescente consapevolezza dei danni causati dai cibi ultraprocessati e il loro impatto sulla salute collettiva hanno portato alla formulazione della proposta di legge come di seguito dettagliata.

Oggetto, finalità e definizioni (Artt. 1 e 2)

La proposta di legge si pone l’obiettivo di promuovere il consumo di alimenti sani e genuini, con particolare attenzione alla dieta mediterranea, riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio culturale immateriale. La dieta mediterranea non è vista solo come un insieme di abitudini alimentari, ma come un modello culturale e sociale che valorizza tradizioni, competenze e conoscenze tramandate nel tempo.

Questa legge vuole incentivare stili di vita sani, riducendo il rischio di malattie legate all’alimentazione, e punta a introdurre i prodotti tipici della dieta mediterranea nei servizi di ristorazione collettiva, con un focus specifico sulle mense scolastiche.

Per definire il concetto di dieta mediterranea, la legge sottolinea che si tratta di un insieme di pratiche tradizionali che riguardano non solo il consumo di cibo, ma anche la coltivazione, la raccolta, la pesca, la trasformazione e la preparazione degli alimenti. Questo modello alimentare è stato mantenuto stabile nel tempo ed è un elemento identitario per le popolazioni del Mediterraneo.

Divieto di pubblicità degli alimenti ultraprocessati (Art. 3)

Per proteggere i minori di 16 anni e contrastare i disturbi alimentari, si vieta qualsiasi forma di pubblicità diretta o indiretta relativa ai prodotti alimentari ultraprocessati. Questo divieto si applica a tutti i mezzi di comunicazione, inclusi televisione, radio, giornali, affissioni, social media ed eventi culturali, sportivi o artistici.

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Chi viola il divieto (sia il committente della pubblicità che il proprietario del mezzo di diffusione o dell’evento) dovrà pagare una multa pari al 20% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità, con un importo minimo di 50.000 euro per ogni violazione.

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) è incaricata di vigilare sul rispetto del divieto e di applicare le sanzioni previste.

Le somme raccolte dalle sanzioni saranno destinate a un fondo pubblico per il sostegno di iniziative nel settore alimentare e nutrizionale.

I contratti pubblicitari già in corso al momento dell’entrata in vigore della legge potranno continuare ad essere rispettati per un massimo di un anno.

Punti di forza e criticità. Una breve analisi

La legge intende dunque introdurre un rigoroso divieto sulla pubblicità dei cibi ultraprocessati, con l’obiettivo di tutelare i minori e contrastare i disturbi alimentari. Questo approccio è simile a quello adottato per il tabacco e l’alcol, settori in cui si è riconosciuta l’influenza negativa della pubblicità sui comportamenti dei consumatori più giovani.

Uno dei principali punti di forza di questa disposizione è la tutela della salute pubblica. Gli alimenti ultraprocessati sono spesso associati a problemi di obesità, diabete e altre malattie croniche, e ridurne la promozione può contribuire a disincentivarne il consumo. L’attenzione verso i minori è particolarmente significativa: i bambini e gli adolescenti sono facilmente influenzabili dalla pubblicità e spesso non hanno gli strumenti critici per distinguere tra un messaggio promozionale e una scelta alimentare consapevole. Eliminare la pubblicità di questi prodotti potrebbe quindi portare a una maggiore consapevolezza alimentare tra le giovani generazioni, promuovendo abitudini più sane fin dalla tenera età.

Un altro elemento positivo è l’ampiezza del divieto. La norma non si limita a vietare la pubblicità tradizionale, come quella televisiva o radiofonica, ma include anche eventi sportivi, culturali e artistici, oltre ai social media e alle pubblicazioni digitali. Questa scelta è particolarmente rilevante nell’era della comunicazione online, dove il marketing si è spostato sempre più verso piattaforme digitali frequentate dai giovani. Coprendo ogni possibile forma di sponsorizzazione e promozione, la legge cerca di evitare scappatoie e di garantire un’efficace protezione dei consumatori più vulnerabili.

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Tuttavia, l’articolo 3 presenta anche alcune criticità che potrebbero rendere difficile la sua applicazione.

Un primo problema è la mancanza di una chiara definizione di “prodotto ultraprocessato”. La legge rimanda a un successivo decreto ministeriale per stabilire i criteri specifici, ma senza una base scientifica solida e condivisa si rischia di creare ambiguità e incertezze. Se la definizione risultasse troppo restrittiva, alcune aziende potrebbero modificare leggermente le ricette dei loro prodotti per aggirare il divieto; al contrario, se fosse troppo generica, si potrebbero penalizzare anche alimenti che non rappresentano un reale pericolo per la salute.

Un altro aspetto critico riguarda i potenziali contrasti con l’industria alimentare. Il settore potrebbe opporsi alla misura, sostenendo che la pubblicità non è l’unico fattore che influenza le scelte alimentari e che la responsabilità delle abitudini nutrizionali spetta ai consumatori e alle loro famiglie. Inoltre, le aziende potrebbero trovare modi alternativi per promuovere i propri prodotti, ad esempio attraverso l’influencer marketing o la vendita diretta tramite piattaforme digitali meno regolamentate.

L’effettiva applicazione del divieto rappresenta un’ulteriore sfida. La sorveglianza sui media tradizionali potrebbe essere relativamente semplice, ma il monitoraggio dei social media e delle piattaforme digitali richiederà strumenti avanzati e una costante vigilanza. L’AGCOM, incaricata di far rispettare la norma, dovrà eventualemente sviluppare meccanismi di controllo efficaci per evitare che le aziende sfruttino le lacune normative a proprio vantaggio. Inoltre, le difficoltà potrebbero aumentare nel caso di aziende con sede all’estero, che potrebbero continuare a diffondere pubblicità su piattaforme internazionali difficili da regolamentare.

Infine, va considerato il possibile impatto economico negativo. Molti eventi sportivi e culturali ricevono finanziamenti dalle aziende alimentari e il divieto potrebbe ridurre queste entrate, mettendo in difficoltà organizzatori e sponsor. Se non si trovassero alternative di finanziamento, alcune manifestazioni potrebbero essere compromesse. Anche le imprese che producono snack, bibite e altri prodotti ultra-processati potrebbero subire un calo delle vendite, con potenziali ripercussioni sull’occupazione nel settore.

Conclusioni e prospettive future

Questa proposta di legge rappresenta un intervento ambizioso e potenzialmente efficace per ridurre il consumo di alimenti ultraprocessati tra i giovani, ma il suo successo dipenderà da diversi fattori. La chiarezza nella definizione dei prodotti interessati, la capacità di monitorare e far rispettare il divieto e la gestione delle inevitabili resistenze dell’industria alimentare saranno elementi chiave per garantire un’applicazione equa ed efficace della norma. Potrebbero inoltre essere necessari interventi complementari, come incentivi per le aziende che migliorano la qualità nutrizionale dei loro prodotti e programmi educativi per sensibilizzare i consumatori a scelte più consapevoli.

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Continueremo a seguire con attenzione l’iter di questa proposta di legge, fornendo aggiornamenti sulle sue evoluzioni e sulle eventuali modifiche. Noi di Ruminantia siamo sinceramente entusiasti di vedere un’iniziativa che mette al centro la salute pubblica e la valorizzazione della dieta mediterranea, e ci auguriamo che possa tradursi in un cambiamento concreto e positivo per il settore agroalimentare e per i consumatori.

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