La Bce taglierà ancora, ma di quanto? Ecco perché potrà scendere sotto il “tasso neutrale”. Che significa per famiglie e aziende

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Nelle ultime settimane banchieri centrali ed economisti hanno fatto spesso riferimento al tasso neutrale, quello che non stimola né comprime l’economia. La Bce non ha dovuto preoccuparsi più di tanto di questo tasso negli ultimi anni perché ha avuto un obiettivo differente: frenare l’economia attraverso i tassi alti con l’obiettivo di ridurre l’inflazione e riportarla all’obiettivo del 2%.

Il carovita nell’Eurozona era arrivato a un picco del 10,6% a ottobre 2022 come conseguenza della rottura delle filiere produttive per la pandemia e della crisi energetica per la guerra in Ucraina. In questo scenario la Bce ha dovuto varare la stretta monetaria più forte nella storia dell’euro, con un rialzo dei tassi del 4,5% tra luglio 2022 e settembre 2023.

Grazie anche alle manovre della banca centrale, l’inflazione ha avuto un netto calo fino ad arrivare al 2,5% a gennaio. La Bce ora prevede che l’obiettivo del 2% sia molto vicino. I salari e i servizi, che negli ultimi mesi sono stati le componenti più persistenti dell’inflazione, sono attesi in frenata quest’anno. Il rischio principale è ora costituito dai prezzi dell’energia e da eventuali crisi geopolitiche. Ma salvo nuovi shock Francoforte prevede di raggiungere il 2% di inflazione in modo duraturo da metà anno.

Il dibattito sul tasso neutrale

Di conseguenza tornano d’attualità le discussioni sul tasso neutrale. Poiché l’obiettivo di inflazione è ormai a un passo, la Bce non ha più bisogno di comprimere l’economia con alti tassi. I riferimenti a politiche restrittive sono già stati eliminati nei comunicati ufficiali. Da giugno la Bce ha ridotto i tassi cinque volte, dal 4% all’attuale 2,75%. Il problema è ora capire a quale livello fermare i tagli. In tal senso la definizione del tasso neutrale è un fattore tra quelli da considerare.

Questo spiega perché i banchieri centrali dell’Eurozona citano in modo sempre più frequente il tasso neutrale, con stime che variano anche in base all’orientamento di politica monetaria. Il falco Isabel Schnabel, membro tedesco del comitato esecutivo, ha parlato nei giorni scorsi di una fascia compresa tra il 2 e il 3%, chiedendo perciò cautela riguardo a ulteriori tagli. Sulla base di questi valori, la Bce sarebbe già dentro la forchetta del livello neutrale, avendo già ora tassi al 2,75%. Ma le stime di Schnabel sono state poi negate dai colleghi del board.

La presidente Christine Lagarde ha parlato inizialmente di un livello tra 1,75 e 2,5%, poi a Davos ha ristretto il range a 1,75% e 2,25%. Il governatore francese François Villeroy de Galhau ha indicato un valore del 2% aggiungendo che potrebbe essere raggiunto prima dell’estate (quindi tagliando i tassi dello 0,25% in ogni riunione fino a giugno).

Il dibattito sul tasso neutrale è stato chiuso da uno studio Bce, pubblicato il 7 febbraio, che ha comparato diversi modelli e ha confermato la forchetta 1,75-2,25%. Ciò vuol dire che serviranno altri due tagli dei tassi dello 0,25% per arrivare alla parte alta dell’intervallo e altri quattro per raggiungere il livello inferiore. L’analisi ha confermato la «direzione» della politica monetaria che è quella di ulteriori riduzioni. Secondo lo studio, il tasso neutrale è salito lievemente dopo la pandemia ma è poi rimasto invariato da fine 2023.

I fattori da considerare sui tassi

Chiusa la discussione sul tasso neutrale, non si può tuttavia archiviare quella sul tasso finale del ciclo di tagli Bce. Ci sono molte ragioni che lo impediscono. Innanzitutto il tasso neutrale può essere soltanto ipotizzato attraverso modelli economici ed è in evoluzione. In particolare i valori potrebbero cambiare in caso di shock. Inoltre le analisi individuano intervalli: per la Bce tuttavia è molto diverso fermarsi a 2,25% o a 1,75%.

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Oltre a tutto ciò, come ha osservato di recente il capoeconomista Bce Philip Lane, il grado di «restrittività» della politica monetaria per l’economia deve essere valutato sulla base di molti fattori, non solo uno. Il compito della banchiere centrale non è soltanto quello di definire i tassi più in basso o più in alto rispetto al livello neutrale. La valutazione è più complicata e deve includere altri dati economici, incluso quello che Lagarde ha chiamato «guardare fuori dalla finestra». Lane ha indicato nove fattori tecnici collegati alla trasmissione della politica monetaria, ai tassi di mercato e alle condizioni di finanziamento per famiglie e imprese.

Infine va considerato che la Bce potrebbe portare i tassi sotto il livello neutrale se tra qualche mese sarà necessario non solo terminare la restrizione monetaria, ma anche stimolare l’economia. Alcuni segnali in questa direzione già si vedono. La crescita del pil nell’Eurozona è tornata a zero nel quarto trimestre 2024. Consumi e investimenti potrebbero tardare ulteriormente la ripartenza. Soprattutto i dazi di Donald Trump (anche quelli indiretti attraverso la Cina) potrebbero colpire in modo significativo l’economia europea, fino a portare l’inflazione sotto l’obiettivo del 2% (il cosiddetto undershooting, che per la Bce è da evitare allo stesso modo dell’overshooting). Negli ultimi giorni, poi, è arrivato un segnale di forte frenata sui salari quest’anno.

L’ipotesi di tassi sotto il livello neutrale non è stata esclusa nelle scorse settimane da diversi banchieri centrali tra cui Villeroy, il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta e quello portoghese Mario Centeno.

Le attese di mercato

In definitiva, i risultati dello studio Bce sul tasso neutrale non mettono la parola fine sul numero di tagli, ma nello stesso tempo hanno consolidato le attese di mercato sui tassi. Gli operatori monetari scontano altre tre-quattro riduzioni quest’anno, fino ad arrivare all’1,75-2% a dicembre. Questa previsione non è cambiata dopo la pubblicazione dell’analisi Bce.

Secondo un sondaggio della banca centrale, gli analisti si aspettano tassi al 2% a fine anno (valore mediano), anche se molti scendono sotto questo livello. Il capoeconomista globale di Citi Nathan Sheets ha detto a Milano Finanza di aspettarsi un tasso finale all’1,5%. Lo stesso livello è stato indicato da BofA, Barclays e Capital Economics. Morgan Stanley ipotizza anche l’1%.

Il mercato si porta avanti ed è obbligato a prevedere il tasso finale. La Bce invece potrà essere più paziente, decidendo «riunione per riunione» la politica monetaria appropriata. In questo quadro saranno considerate anche (ma non soltanto) le stime sul tasso neutrale. (riproduzione riservata)

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