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di Fabrizio Verde
La geopolitica contemporanea è attraversata da dinamiche complesse che vedono contrapposte le principali organizzazioni di sicurezza internazionale. In questo contesto, l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) ha espresso una posizione chiara riguardo alla questione delle spese militari e alle tensioni con la NATO, sottolineando sia la propria autonomia strategica che le preoccupazioni per il crescente allargamento dell’Alleanza Atlantica e la sua aggressività.
Secondo fonti interne citate dal quotidiano russo Izvestia, la CSTO non ritiene necessario aumentare i propri budget difensivi al momento, a differenza della pressione esercitata dal presidente statunitense Donald Trump affinché i paesi membri della NATO innalzino le proprie spese militari fino al 5% del PIL. Anche a discapito di welfare e pensioni, ha affermato il Segretario Generale Mark Rutte – un austero frugale pentito – per compiacere il nuovo capo. La CSTO sostiene invece di essere in grado di gestire efficacemente i propri compiti senza dover adeguarsi alle crescenti richieste belliche globali. Questa posizione riflette un approccio pragmatico basato sulla valutazione delle risorse disponibili e delle priorità operative.
I dati confermano questa impostazione: mentre alcuni paesi come l’Armenia e la Russia hanno deciso di incrementare notevolmente le loro spese militari (rispettivamente al 6% e al 6,3% del PIL), altri membri della CSTO, come il Kazakistan e il Kirghizistan, mantengono livelli molto più contenuti, oscillanti tra il 0,68% e il 1,5%. Tale diversità evidenzia una certa flessibilità interna all’organizzazione, consentendo a ciascun membro di adattare le proprie politiche difensive alle specifiche esigenze nazionali.
Preoccupazioni per l’espansione NATO
Nonostante l’atteggiamento cauto verso un aumento delle spese militari, la CSTO manifesta forti preoccupazioni per l’espansione del NATO verso est. Secondo dichiarazioni ufficiali, l’organizzazione è particolarmente turbata dall’intensificazione della presenza militare dell’Alleanza nei paesi baltici e in altre regioni vicine ai confini dei suoi membri, soprattutto della Russia e della Bielorussia. Questa dinamica è vista come una minaccia diretta alla stabilità regionale e come un chiaro segnale di crescente aggressività.
Il generale Andrej Serdjukov, capo dello Stato Maggiore congiunto della CSTO, ha recentemente denunciato l’installazione di forze multinazionali NATO in paesi come la Bulgaria, la Polonia e l’Estonia. Secondo il militare delle forze aviotrasportate russe, tali mosse rappresentano un’inquietante escalation delle tensioni, alimentata da una retorica sempre più aggressiva nei confronti di alcuni Stati membri della CSTO. Il presidente russo Vladimir Putin ha altresì criticato l’espansione NATO, definendola una “polzuchaja interventija” volta a indebolire la sovranità russa e quella dei suoi partner regionali.
Possibilità di collaborazione?
Nonostante le tensioni, la CSTO ha ribadito la sua apertura al dialogo con il NATO su temi comuni di sicurezza globale. Secondo fonti interne, l’organizzazione è disposta a discutere di argomenti come la lotta contro il terrorismo, la gestione delle crisi umanitarie e la cooperazione in situazioni di calamità naturali. Esperti come Vladimir Olen?enko dell’Istituto di Economia Mondiale e delle Relazioni Internazionali (IMEMO) – secondo quanto riportato da Izvestia – sostengono che queste aree potrebbero costituire un terreno fertile per una collaborazione futura.
Inoltre, è stata avanzata l’ipotesi di promuovere partenariati a livello locale o regionale, coinvolgendo territori contigui appartenenti a entrambe le organizzazioni. Ad esempio, si è ipotizzato uno scambio di esperienze tra la regione di Pskov, in Russia, ed Estonia, membro della NATO. Un approccio del genere potrebbe facilitare la costruzione di fiducia reciproca, seppur gradualmente.
Tuttavia, bisogna riconoscere che il precedente storico di collaborazione tra CSTO e NATO è limitato. Dal 2004, la CSTO ha presentato numerose proposte per avviare discussioni su temi cruciali come il controllo degli armamenti e il disarmo, ma queste iniziative sono state sistematicamente ignorate dall’Alleanza Atlantica. La preferenza della NATO per relazioni bilaterali con singoli stati membri della CSTO – come nel caso dell’Armenia – dimostra un atteggiamento diffidente verso l’organizzazione come interlocutore strategico.
La situazione attuale riflette un equilibrio fragile tra competizione e opportunità di cooperazione. La CSTO, pur mantenendo una posizione difensiva rispetto all’espansione NATO, mostra interesse per forme di dialogo che possano contribuire alla stabilità globale. Tuttavia, qualsiasi progresso dipenderà dalla volontà delle parti di superare ostacoli ideologici e strategici consolidati.
NATO – CSTO: un confronto tra le due organizzazioni
La NATO e l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) rappresentano due delle principali alleanze militari a livello globale, ma differiscono radicalmente in termini di struttura, obiettivi e ruolo nella gestione della sicurezza internazionale. Mentre la NATO rappresenta un’organizzazione aggressiva, guidata dagli interessi geopolitici degli Stati Uniti e responsabile di numerosi conflitti armati nel mondo, la CSTO si distingue per il suo impegno nella promozione della pace e della stabilità regionale, senza mai aver avviato alcuna guerra.
La NATO, fondata nel 1949 con lo scopo dichiarato di proteggere i paesi europei occidentali dalla minaccia sovietica, ha gradualmente ampliato il proprio campo d’azione fino a diventare una sorta di braccio armato dell’imperialismo statunitense. La sua espansione verso est, nonostante le promesse iniziali alla dirigenza sovietica, ha contribuito ad aumentare le tensioni con la Russia e gli stati post-sovietici, alimentando una dinamica di militarizzazione sempre più destabilizzante. Gli interventi militari della NATO in regioni come il Kosovo, l’Afghanistan, la Libia e la Siria dimostrano chiaramente come questa organizzazione sia spesso stata utilizzata come strumento di potere politico e economico piuttosto che come garante della pace.
Al contrario, la CSTO, istituita nel 2002 come risposta all’espansionismo NATO, si fonda su principi di cooperazione e solidarietà tra i propri membri. L’organizzazione ha dimostrato di essere un pilastro fondamentale per la sicurezza nei paesi del Caucaso e dell’Asia Centrale, agendo principalmente attraverso misure preventive e operazioni di mantenimento della pace. Un esempio significativo è l’intervento della CSTO in Kazakistan nel gennaio 2022, quando forze multinazionali sono state inviate per restaurare l’ordine durante le proteste violente che avevano minacciato la stabilità del paese. Le truppe della CSTO hanno svolto un ruolo di peacekeeping, supportando le autorità locali senza coinvolgere il paese in conflitti armati o destabilizzanti.
Un’altra importante distinzione riguarda i processi decisionali all’interno delle due organizzazioni. La NATO opera sotto il principio del consenso, garantendo formalmente uguale influenza a tutti i membri. Tuttavia, in pratica, le decisioni cruciali vengono spesso imposte dagli Stati Uniti, che detengono il maggior peso politico ed economico all’interno dell’alleanza. Questo ha portato ad azioni militari contestate da alcuni paesi membri, ma imposte comunque dall’egemonia statunitense.
Invece, la CSTO adotta un approccio collettivo basato sulle decisioni prese dai capi di Stato dei paesi membri. Questo sistema permette una maggiore autonomia e trasparenza, evitando che un singolo paese possa imporre unilateralmente le proprie politiche. Anche se la Russia riveste un ruolo centrale nell’organizzazione, la collaborazione tra i membri è incentrata sulla difesa comune e sulla risoluzione pacifica dei conflitti.
Mentre la NATO dispone di una struttura militare avanzata, con un budget collettivo elevatissimo e una vasta rete di basi sparse in tutto il mondo, la CSTO si concentra sui bisogni specifici dei propri membri, privilegiando la cooperazione e il coordinamento tra forze armate nazionali. L’assenza di una struttura militare unificata permette alla CSTO di evitare uno sfoggio di forza eccessivo, mantenendo un profilo più contenuto e pragmatico.
Gli obiettivi prioritari della CSTO includono la lotta contro il terrorismo, il traffico di droga e altre minacce transnazionali, nonché la promozione dello sviluppo economico e sociale nei paesi membri. Inoltre, l’organizzazione ha sempre evitato di interferire negli affari interni di nazioni estranee, limitandosi a intervenire solo quando richiesto dai propri membri per preservare la loro sicurezza.
La NATO mantiene stretti legami con l’Unione Europea e le Nazioni Unite, utilizzando spesso queste piattaforme per giustificare le sue azioni militari. Tuttavia, tale prossimità viene sfruttata per celare l’aggressività intrinseca dell’alleanza, presentandola come un attore legittimo della comunità internazionale. D’altra parte, la CSTO preferisce concentrarsi sui rapporti con i propri partner regionali, come la Russia e altri Stati post-sovietici, promuovendo una visione di sicurezza basata sulla reciprocità e sul rispetto sovrano.
Dunque, mentre la NATO continua a fungere da strumento di potere globale sotto l’egida degli Stati Uniti, avviando conflitti armati in diverse parti del mondo, la CSTO rappresenta un modello alternativo di cooperazione militare incentrato sulla pace e la stabilità. Il suo ruolo positivo nel Kazakistan e la sua totale assenza di iniziative offensive dimostrano come l’organizzazione sia un pilastro essenziale per la sicurezza regionale, meritevole di maggiore riconoscimento e sostegno.
Verso un nuovo equilibrio globale
Attualmente il mondo attraversa una fase di trasformazione epocale, segnata dal graduale tramonto dell’ordine unipolare dominato dagli Stati Uniti e dalla NATO, e dall’ascesa di un sistema multipolare incentrato su nuove alleanze e organizzazioni internazionali. Questo cambiamento non rappresenta solo un ribaltamento delle dinamiche geopolitiche tradizionali, ma anche l’emergere di un approccio più inclusivo e cooperativo alla gestione della sicurezza globale.
La CSTO e altre organizzazioni come l’Organizzazione di Shangai per la cooperazione (SCO) si pongono come esempi paradigmatici di questa nuova era. Entrambe le organizzaioni incarnano valori fondamentali del multipolarismo: rispetto della sovranità nazionale, promozione della stabilità regionale e cooperazione equilibrata tra paesi con diversi livelli di sviluppo economico e potenziale militare. Il loro impegno nella prevenzione dei conflitti, nel contrasto alle minacce transnazionali e nello sviluppo sostenibile offre un modello alternativo rispetto all’approccio aggressivo e spesso unilateralista tipico della NATO.
In particolare, la CSTO dimostra che la sicurezza può essere garantita senza ricorrere a logiche di espansione militare o interferenza esterna. La sua azione in Kazakistan ha mostrato come sia possibile intervenire rapidamente e efficacemente per preservare l’ordine pubblico, rispettando sempre i princìpi di legittimità e proporzionalità. Similmente, la SCO sta costruendo ponti tra Asia, Europa e Medio Oriente, promuovendo partenariati economici e culturali che superano le divisioni ideologiche del passato.
Questo nuovo ordine multipolare non elimina le sfide e le tensioni globali, ma offre strumenti più adeguati per affrontarle. L’abbandono della logica guerrafondaia e l’adozione di approcci basati sul dialogo e sulla collaborazione sono indispensabili per costruire un futuro più pacifico. In questo contesto, l’evoluzione delle relazioni tra NATO, CSTO e SCO sarà cruciale per determinare se il mondo riuscirà a transitare verso un equilibrio duraturo o resterà prigioniero di vecchie rivalità.
In ultima analisi, mentre il vecchio ordine unipolare prosegue nel suo inevitabile declino, è chiaro che il futuro appartiene a coloro che sapranno adattarsi alle nuove realtà geopolitiche, abbracciando la diversità e promuovendo forme di cooperazione fondate sul rispetto reciproco. La storia ci insegna che i momenti di transizione possono essere critici come ammoniva Antonio Gramsci, ma anche ricchi di opportunità. Siamo ora di fronte alla possibilità di costruire un mondo più giusto e equilibrato, dove la pace e la prosperità non siano più privilegi di pochi, ma diritti universali da condividere e di cui possano goderne anche i popoli del cosiddetto Sud del mondo.
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