Pollino, la centrale elettrica che fa litigare la destra

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Una centrale a biomasse, che produce elettricità bruciando ogni anno 350mila tonnellate di legna, sistemata in area protetta patrimonio Unesco: l’impianto Mercure nel parco del Pollino sta spaccando il centrodestra, contrapponendo il presidente della regione Calabria Occhiuto al governo amico. È il gigante del sud: il massiccio del Pollino ha cime che svettano oltre 2mila metri. Da qui lo sguardo spazia su tre mari: Ionio, Tirreno e Adriatico. La varietà faunistica è rilevante. Fino al secolo scorso comprendeva l’orso, la lince e il cervo. Tuttora vi abitano il lupo, la lontra e il capriolo. Tutto ciò, unitamente alla rara biodiversità vegetale, ha determinato la consacrazione dell’area a parco nazionale: il più esteso d’Italia, uno dei più grandi d’Europa. Ma quando nel 1988 fu istituito il parco, la centrale era già lì da un pezzo.

IL FIUME ha due nomi: Lao sul versante calabrese, Mercure per i Lucani. Gli ambientalisti sorvegliano: temono che le acque di scarico della centrale ne possano alterarne l’equilibrio faunistico. E sono terrorizzati da quanto è avvenuto negli ultimi anni sull’Aspromonte, in gran parte carbonizzato da incendi dolosi che hanno trasformato interi boschi in riserve per attingere biomasse. Le manifestazioni contro l’impianto del Mercure risalgono ormai a due decenni fa. Comitati e organizzazioni ecologiste non riuscirono a bloccarne l’apertura, ma perlomeno realizzarono un controllo popolare. L’impianto conveniva ai privati, che ricevevano incentivi pubblici, ma danneggiava le popolazioni locali: scarsi i posti di lavoro e notevole l’impatto provocato dai gas di scarico dei camion che ogni giorno attraversano il Pollino per trasportare tonnellate di legno.

CONSIGLIERE REGIONALE di opposizione, capogruppo Dema, medico, ambientalista, vicepresidente di Medici per l’ambiente, Ferdinando Laghi è il firmatario della legge regionale 36/2024: «Non scrivete che è una legge cucita su misura per il Mercure. Il ridimensionamento della sua potenza era già previsto dalla legge istitutiva del parco. Il mio intervento tende piuttosto a ridurre l’impatto di altre centrali in diverse aree protette della Calabria». Laghi la centrale la conosce da quando fu impiantata: «I processi di combustione in siffatte aree, figurarsi in un parco nazionale, non dovrebbero proprio starci. E invece il Mercure ‘divora’ ogni anno 350mila tonnellate di alberi». Da qualche decennio importanti multinazionali gestiscono pezzi rilevanti dei nostri beni comuni: acqua, aria e terra di Calabria sono state messe a profitto. «Il consigliere Laghi mi è venuto a parlare della centrale ed è stato convincente. Nel parco più bello d’Europa una centrale elettrica a biomasse non ci dovrebbe stare. Non bisogna essere ambientalisti per fare questa considerazione». A dirlo è il presidente della Calabria, Roberto Occhiuto, vicepresidente di Fi. La legge Laghi contiene l’articolo 14 che vieta una potenza superiore ai 10 megawatt termici agli impianti a biomasse nelle aree protette calabresi.

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LA CENTRALE del Mercure ha una potenza pari a 41 mw elettrici lordi: equivalenti a circa 130 mw termici. A fine anno la legge era già stata oggetto di ricorso al Tar della Calabria da parte di Mercure Srl (proprietaria dell’impianto e controllata da Sorgenia, un tempo del gruppo Cir di Carlo De Benedetti, oggi del fondo d’investimento iberico F2I) poiché, secondo uno dei motivi del ricorso, «la norma varata viola il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, art. 117 della Costituzione». Di traverso si è messo pure il governo. Il consiglio dei ministri, su proposta del ministro per gli Affari regionali Calderoli, ha deciso di impugnare di fronte alla Corte Costituzionale la legge Laghi poiché violerebbe «la normativa statale ed europea in materia di energia da fonti rinnovabili e ambiente, l’articolo 117 della Costituzione, il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3, di certezza del diritto e del legittimo affidamento, nonché di libertà di iniziativa economica di cui all’articolo 41 della Costituzione». Insomma, il governo di centrodestra contro una regione di centrodestra. Quel che si gioca tra la Calabria e la Lucania è però una partita che travalica i confini regionali.

I RAPPORTI tra il segretario di Forza Italia, Tajani, e Occhiuto sono tesi, i due sono in competizione. In tanti vedono nel giovane Occhiuto un’alternativa alla leadership di Tajani. Non a caso, lo scontro istituzionale tra il centrodestra nazionale e quello calabrese è uno dei leitmotiv della consiliatura. Ben sette volte le leggi regionali sono state stoppate dal governo “amico”. Nemmeno un’impugnativa, invece, contro la regione Basilicata, anch’essa guidata da Fi. Occhiuto di centrale del Mercure non vuol più sentire parlare: è pronto ad assumere i 22 lavoratori e a ristorare i comuni coinvolti. Ha già deciso quale ne sarà il futuro, tanto da minacciare di dimettersi se la legge venisse abrogata. Al contrario della Basilicata, il cui presidente Vito Bardi ha confermato il sostegno alla centrale: se ne riparlerà nella terza commissione del parlamentino lucano per volontà del capogruppo Pd, Piero Lacorazza.

GIÀ, IL PD. Se qualcuno immaginasse i dem calabresi a capo della battaglia ambientalista, avrebbe sbagliato regione. Nel caso del Mercure, il Pd sta dall’altra parte della barricata in compagnia di Azione. L’ex presidente della Basilicata, Marcello Pittella, è un pezzo grosso calendiano ed è il più ostinato sostenitore della centrale. Al pari del fratello Gianni, ex capogruppo Pse a Strasburgo, oggi sindaco di Lauria. In Calabria la proposta di abrogazione della legge Laghi è già stata depositata. In calce ha le firme dei 10 consiglieri Pd. A far da sponda ci pensa la presidente della Commissione sviluppo, Katia Gentile (Lega). Intorno alla centrale del Mercure frulla, dunque, una maionese impazzita in cui i colori politici si stingono sempre più. Da parte sua, Laghi non molla: «Malgrado non mi sia permesso di entrare nella centrale e mi sia stato sempre negato l’accesso agli atti, vado avanti. Per proteggerci dai cambiamenti climatici, la centrale dovrebbero chiuderla come è stata chiusa quella a carbone di Sant’Irene a Rossano».



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