Intelligenza artificiale e Fisco all’Università di Torino

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A Torino, nella cornice del Campus Luigi Einaudi, il convegno “Il fisco digitale: articolazione della conoscenza e del potere” ha offerto un’occasione di confronto sul futuro della fiscalità nell’era della digitalizzazione. Organizzato nell’ambito del progetto PRIN 2020, l’evento ha riunito accademici di diversa estrazione per discutere le implicazioni dell’innovazione tecnologica nel rapporto tra fisco e contribuente, toccando temi cruciali come l’accesso ai dati, la semplificazione normativa e l’uso dell’intelligenza artificiale negli strumenti di selezione e controllo.

L’introduzione delle nuove tecnologie nel sistema tributario, oltre a facilitare l’automazione dei processi interni alle aziende (aspetto sottolineato nella relazione pomeridiana del prof. Pier Luca Cardella dell’Università La Sapienza), viene spesso presentata come una strada obbligata per rendere la macchina amministrativa più efficiente e trasparente. Ma è davvero così? Quali sono i rischi di una gestione interamente digitale della fiscalità?

Nell’intervento di apertura, il prof. Del Federico ha sottolineato la necessità di ripensare radicalmente l’approccio dell’Amministrazione Finanziaria al controllo fiscale. Attualmente, infatti, la lotta all’evasione si concentra sulla contestazione dei costi, sulla revoca delle agevolazioni e su aspetti di tipo formale; in sostanza, l’attenzione è posta su dati già dichiarati dal contribuente.

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Sfuggono, così, all’Amministrazione, tutti quei soggetti che, pur sostenendo ingenti spese, non presentano la dichiarazione e pertanto non possono essere intercettati: per usare le parole del professore, «il controllo avviene su dati noti e dichiarati da parte dei soliti noti e dichiaranti».

È stata invece sottolineata la necessità di estendere gli ISA (o strumenti analoghi) ai contribuenti “invisibili”, aumentando al contempo le garanzie procedimentali, nonché di porre maggiore attenzione sulla circolazione del contante e di rilanciare l’accertamento sintetico, strumento assai efficace ma – forse proprio per questo motivo – “impopolare”.

La prof.ssa Mastroiacovo ha evidenziato come la standardizzazione resa possibile dall’analisi quantitativa consenta di abbattere i costi e di perseguire un canone di verosimiglianza del dato, ma, nel contempo, il rischio è che si rinunci ad individuare una capacità contributiva effettiva.

Tra i vari interventi, la prof.ssa Conte ha affrontato il tema della neo-introdotta consultazione semplificata di cui all’art. 10-nonies della L. n. 212/2000, il cui obiettivo è quello di evitare la dispersione di risorse nella soluzione di questioni seriali, relative a persone fisiche e contribuenti di piccole dimensioni. Proprio con riferimento al nuovo istituto, il prof. Pierpaolo Vivo del King’s College di Londra ha evidenziato le opacità connesse alle modalità di training dei chatbot che dovranno fornire la risposta automatizzata, e, ancora, alla possibilità che l’algoritmo possa essere ospitato su server privati (con gli intuibili rischi legati alla privacy). Particolarmente stimolante la riflessione sulla prompt sensitivity, ossia sulla possibilità di orientare la risposta dell’Amministrazione attraverso una formulazione omissiva (seppur non “menzognera”) del quesito.

Insomma, la gestione dei dati fiscali rappresenta una risorsa straordinaria per la ricerca e la politica economica, ma resta il nodo della loro accessibilità e del bilanciamento tra interesse pubblico e tutela della privacy.

In una prospettiva più “pratica”, il ricercatore del CNR Francesco Romano ha illustrato un progetto di standardizzazione nella redazione degli atti amministrativi che, con l’intento di favorire la conoscibilità e la leggibilità degli atti da parte della più ampia platea possibile di cittadini, agisce sia sul piano del lessico, ad esempio eliminando l’uso espressioni ridondanti (quali «procedere ad acquisire» in luogo di «acquistare»), che sul piano della struttura del testo, uniformando la sequenza di paragrafi e sottoparagrafi o aspetti quali le modalità di redazione del preambolo o di citazione delle leggi.

Le dott.sse Santin e Fidelangeli hanno affrontato il tema della network analysis, metodo di organizzazione di conoscenza e di lettura della struttura dei rapporti tra i nodi che compongono una rete, applicata al diritto tributario. In particolare, si è trattata la citation network analysis, che si incentra sull’analisi dei provvedimenti giudiziari. Si tratta di uno strumento nato nei Paesi di common law, oggi applicato anche all’analisi sentenze della Corte di Giustizia dell’U.E., il cui obiettivo è quello di verificare il rapporto tra la notorietà di una sentenza e la ricorrenza delle sue citazioni nelle pronunce più recenti. La social network analysis, invece, studia le relazioni sociali esaminando la struttura dei legami tra individui, gruppi e istituzioni. Attualmente, tale metodologia è applicata nel contrasto alle frodi IVA, materia connotata dalla ricorrenza di schemi “seriali”. Non è chiaro peraltro se l’algoritmo italiano Ve.Ra. ne faccia utilizzo, come avviene in altri Paesi (il primo dei quali è stato il Belgio, nel 2014), ma un esplicito riferimento alla transactional network analysis (TNA) si rinviene nella circolare n. 21/E/2022 dell’Agenzia delle Entrate.

Anche tale strumento, comunque, non è esente da rischi, legati ai bias sistematici e alla discriminazione indiretta che portarono nei Paesi Bassi alle dimissioni del governo Rutte nel 2021.

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La sessione pomeridiana, coordinata dal prof. Enrico Marello, è stata principalmente dedicata al digitale come strumento di mediazione.

Il prof. Farri ha affrontato il tema dell’uso dell’IA come strumento di sorveglianza di massa, soffermandosi sull’esperienza del social scoring in Cina. Si tratta di un progetto di ingegneria sociale che, nelle intenzioni, dovrebbe integrare il sistema di legalità socialista, conferendo ai cittadini un “patentino” di affidabilità o inaffidabilità, e attribuendo benefici e penalizzazioni a seconda del tasso di rispetto delle leggi.

Il prof. Andrea Cabiale dell’Università di Torino ha affrontato il tema dell’IA nel processo penale, illustrando il fallimento della piattaforma “App”, che avrebbe dovuto fornire supporto alla digitalizzazione del processo penale, il cui utilizzo è attualmente sospeso per le numerosissime criticità che presenta.

Attraverso cinque sessioni tematiche, gli interventi hanno delineato un quadro complesso e sfaccettato, in cui il digitale appare tanto come una leva di efficienza quanto come un elemento di potenziale alienazione.

Il convegno ha comunque evidenziato una certezza: la rivoluzione fiscale digitale è già in atto, e comprenderne le implicazioni è fondamentale per costruire un sistema più equo e consapevole.



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