La storico negozio Il Trittico, in via san Vittore, ospita autori che si fingono librai e seguono i clienti. «Poi, a sorpresa, presentano le loro opere. Avevo convinto persino Fernanda Pivano»
La ditta, che è il nome con cui dentro la libreria «Il Trittico» di via San Vittore chiamano il cantiere della M 4 (proprio davanti alla loro porta d’ingresso), apre tutte le mattine intorno alle 7.30, e chiude dopo dodici ore filate di lavoro. Sabato compreso. Nel weekend gli operai dovrebbero staccare alle tredici, ma se qualcosa durante la settimana è andato storto, e succede, c’è il recupero. Il libraio Pietro Linzalone precisa che «non è solo una questione di rumore e polvere, c’è la perdita di passaggio, il marciapiede è stato ridotto per fare posto allo scavo». E dichiara, «nove anni di mortificazione». Apparentemente, però, mantiene un profilo compassato, segno che, nonostante il disagio, il bilancio continua a essere positivo. Linzalone ha rilevato la storica libreria, aperta nel 1958 dalla famiglia Russano, a fine ’99, nel 2023 ha poi ceduto le quote a Neri Pozza, rimanendo però al timone insieme alla sua squadra, composta da Vincenzo Buscema e Michele Bertinotti. «La libreria non è diventata monomarca e sono sempre io, in completa autonomia, a scegliere il catalogo», precisa, parlando dell’acquisizione da parte della casa editrice come «un buon affare per entrambi».
Racconta di aver appreso l’abc del mestiere alla Aleph, la libreria del mezzanino di Lima specializzata in testi di psicologia e scienze umane. «Andavo a comprare da loro a metà anni Ottanta, quando studiavo psicologia a Padova, dopo la laurea mi hanno proposto di fermarmi e ho accettato. La passione per i libri», spiega, «anche per il commercio dei libri, e la mia visione delle librerie come presidi culturali hanno finito per spegnere qualsiasi pensiero, che non nego di aver avuto, sul diventare terapeuta». Identifica il primo periodo al Trittico come meraviglioso, «era un’altra stagione, più facile, avevo ereditato un treno già in marcia, per farlo andare più veloce è bastato allargare il catalogo e aprire una sezione per bambini e ragazzi». Sui giovani lettori dissente dalla chiacchiera generale, «leggono, leggono», dice. La parte riservata a loro è lo spazio che si allarga in fondo al negozio, «io la indico e li lascio esplorare, nella fase iniziale è la libreria a parlare, non il libraio, altrimenti diventa un’imposizione del gusto dell’adulto. Intervengo se noto indecisione, e comunque prima mi informo, chiedo cosa fanno e di cosa avrebbero voglia». Stessa filosofia con gli adulti: «Siamo un negozio di servizio, uno ha il diritto di muoversi tranquillo fra i quattordicimila titoli presenti». E aggiunge: «Il settanta per cento dei clienti entra con un titolo o un genere già in testa, non c’è quasi scambio, sono persone che magari non vedrai più. Il restante trenta per cento sono gli affezionati di cui sai tutto, preferenze, titoli odiati, ultime letture, inevitabilmente ti concentri su loro».
Due vetrine, una per la narrativa e l’altra per la saggistica, con un turn over esagerato, perché quell’affaccio, come il bancone centrale, è solo per le novità, e in Italia escono libri a getto continuo. Sugli scaffali l’ordine seguito è per editore, nella stanza che si apre sulla destra c’è la manualistica e i saggi di tutti i generi — storia, spiritualità, salute, biografie, viaggi —, nel corridoio i thriller, la poesia e gli illustrati. Lanzalone è un lettore vorace, da tre-quattro volumi a settimana, cita gli ultimi, «Il rovescio della testa» di René Daumal (Adelphi), «era dannatamente intelligente, capace di indicarti una strada», «L’anniversario» di Andrea Bajani (Feltrinelli), «potente, ti lascia senza fiato» e «Di spalle a questo mondo» di Wanda Marasco (Neri Pozza).
Sulle presentazioni viaggia controcorrente rispetto ai colleghi, la sua tesi è che a Milano abbiano stancato, quindi meglio non esagerare e soprattutto essere certi di avere pubblico prima di lanciarne una. Lui si diverte a fare uscire gli scrittori dalla comfort zone: «Li invitiamo a fare i librai insieme a noi per un paio d’ore, seguono i clienti e con furbizia, al momento giusto, si presentano e mostrano la loro opera. Se funziona? Benissimo. Pochi si negano, avevo convinto persino Fernanda Pivano».
Pietro Linzalone (Milano, 1966), dopo la laurea in Psicologia all’Università di Padova, ha lavorato alla libreria Aleph nel mezzanino di Lima fino al 1999, quando ha rilevato «Il Trittico» di via San Vittore 3, che era stato aperto dalla famiglia Russano nel 1958.
Nel 2023 la libreria, che ha carattere generalista e un catalogo di quattordicimila titoli, è stata acquisita dalla casa editrice Neri Pozza; la gestione è rimasta a Linzalone e ai suoi collaboratori.
Tra le iniziative del Trittico quella di invitare gli scrittori a presentare le loro opere mentre prestano servizio per qualche ora come librai.
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