ROMA\ aise\ – “La memoria delle foibe può essere accostata a quella dei lager e dei gulag, per richiamare ogni giorno le nostre coscienze al dovere di custodire la pace, la libertà, la democrazia, la fratellanza tra i popoli, il fecondo scambio tra le culture”. Si tratta di “un dono che ci hanno fatto le generazioni passate” e “noi abbiamo il dovere di custodirlo con coraggio e con fermezza nel nostro Paese e in ogni luogo del mondo, dall’Ucraina al Medio Oriente, in cui questi valori sono messi in discussione dalla crudeltà nei conflitti. Solo così onoreremo come merita la memoria di questi nostri connazionali innocenti”. Con queste parole il vice presidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, è intervenuto questa mattina al Quirinale alle celebrazioni del Giorno del Ricordo, in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo istriano, fiumano e dalmata.
Una celebrazione, ha sottolineato Tajani, “importante”, “densa di emozioni e di significati per l’intera collettività nazionale”.
Il Giorno del Ricordo, istituito nel 2004 dall’allora governo Berlusconi, ha ricordato il ministro, “ci pone a confronto con una pagina tragica nella storia nazionale. Una pagina fatta del martirio di tanti innocenti, ma anche dell’esodo forzato dalle loro case e dalle loro terre di centinaia di migliaia di esseri umani colpevoli solo di essere italiani”.
“Oggi è un giorno consacrato al ricordo di queste vite spezzate e di questi eventi traumatici” e il ministro Tajani si è voluto soffermare sulla parola “ricordo”, che “significa raccoglimento, omaggio alla memoria, riflessione su un passato che non può essere dimenticato affinché non accada mai più. “Ricordo” non vuol dire dunque né recriminazione né tantomeno revanscismo”, ha precisato il vice presidente del Consiglio, sottolineando che “i nostri vicini dell’Est, i Paesi nati dalla dissoluzione dello Stato Jugoslavo”, le odierne Slovenia e Croazia, “non hanno evidentemente nessuna responsabilità dell’accaduto” e, al contrario, “sono nostri partner e amici nella nuova Europa che stiamo faticosamente costruendo, condividono i nostri principi di libertà, di democrazia, di stato di diritto; sono nostri preziosi partner, nella politica di speciale attenzione che l’Italia rivolge ai Balcani, auspicando l’adesione all’Unione Europea e all’Alleanza Atlantica dei Paesi di quell’area che ancora non ne fanno parte”.
Rammentando che proprio oggi si terrà a Villa Madama una riunione dei Ministri degli Esteri del Gruppo degli Amici dei Balcani, Tajani ha parlato di “riunificazione con la famiglia europea” e di “abbraccio fraterno alla regione”, sancita nel 2022 dalla “storica stretta di mano” tra il presidente sloveno Pahor e Mattarella alla foiba di Basovizza, “luogo simbolo di quella grande tragedia, ha sancito nel modo più solenne la ritrovata fratellanza dei due popoli”, profanato alla vigilia del Giorno del Ricordo da “un atto intollerabile e ingiustificabile”, che “offende la memoria delle vittime”, ha condannato Tajani, “un gesto che non soltanto oltraggia i caduti ma riapre dolorose ferite nei viventi”.
“Fortunatamente un gesto isolato”, ha osservato Tajani ribadendo lo “spirito” di unità e rispetto “che impronta i rapporti non solo tra gli Stati ma tra i popoli”. A dimostrarlo la scelta di Gorizia e Nova Gorica Capitali europee della Cultura, “insieme” per rendere “il giusto onore a un luogo di grande prestigio culturale e nel quale tante espressioni letterarie e artistiche sono nate o si sono sviluppate”, valorizzando “la comune identità di una città che la duplice appartenenza italiana e slovena definisce luogo di incontro, di scambio, di felice sintesi di popoli, di commerci, di idee, di fede e di valori condivisi”.
“Le vittime stimate del dramma delle foibe sono oltre quattromila, i profughi giuliano-dalmati esuli dalle loro terre, dalle terre dei loro padri, sono stati oltre trecentocinquantamila”, ha ricordato ancora il ministro. “Sono i numeri di una pulizia etnica, perpetrata in nome di due aberrazioni tipiche del XX secolo, il nazionalismo esasperato e il comunismo. Pulizia etnica perché si è trattato di vittime innocenti, o colpevoli solo di avere un cognome italiano, di parlare la lingua italiana, di sentirsi italiani. Una popolazione civile laboriosa che aveva convissuto pacificamente per secoli con i loro vicini slavi. Una popolazione della quale rimangono pochissimi eredi, una tradizione millenaria che merita di essere tutelata. Anche in questo senso il cordiale rapporto che ci lega alla Slovenia garantisce finalmente un giusto rispetto alle residue minoranza italiane in Slovenia, come delle minoranze slovene in Italia, anch’esse, non vogliamo affatto negarlo, vittime di persecuzioni e di angherie nella stagione del totalitarismo fascista”.
Tajani ha sottolineato non solo “i numeri di questo dramma”, ma anche il fatto che abbia riguardato ”nella stragrande maggioranza dei casi civili inermi e innocenti, molti dei quali di sentimenti antifascisti”, vittime di una “esecuzione atroce e crudele”. Il ministro ne ha volute citare alcune, soffermandosi in particolare sul “tragico destino di alcune donne, mogli, madri, figli, insegnanti, lavoratrici, nella maggior parte dei casi vittime di atti persecutori per presunte colpe dei loro congiunti maschi. Donne che hanno subito l’onta e la ferita profonda della violazione della propria intimità prima ancora di essere vittime di un brutale assassinio”: la studentessa univeristaria Norma Cossetto; le tre sorelle Radecchi, Fosca, Caterina e Albina, quest’ultima in stato di avanzata gravidanza; e Amalia Ardossi, 45 anni, che chiese di seguire il marito in prigionia e con lui morì in una foiba. “Questi racconti potrebbero continuare a lungo, schiudendo nuove pagine d’orrore. Le donne innocenti assassinate nelle foibe sono state 453, diverse di loro erano insegnanti e maestre. La ferocia dei partigiani titini non si fermò neppure di fronte a loro”.
Poi Tajani si è avviato a concludere. “Queste dolorose storie parlano per coloro che non possono parlare: donne, uomini, anziani, bambini, strappati alle loro case, ai loro affetti, al calore del focolare domestico. Il loro ricordo è un dovere verso vittime a lungo tempo dimenticate, verso una tragedia minimizzata in passato per un pregiudizio ideologico. Ma il loro ricordo è soprattutto un monito verso la crudeltà della guerra, verso la follia dell’odio interetnico, verso la pericolosità delle ideologie totalizzanti in nome delle quali, nel secolo scorso, sono stati commessi i più efferati delitti che la storia ricordi, e in nome dei quali anche la nostra Patria ebbe a subire tanti lutti e tante sofferenze. La memoria delle foibe può essere accostata, nonostante i numeri diversi, a quella dei lager e dei gulag, per richiamare ogni giorno le nostre coscienze al dovere di custodire la pace, la libertà, la democrazia, la fratellanza tra i popoli, il fecondo scambio tra le culture. Tutto questo non è mai acquisito definitivamente. È un dono che ci hanno fatto, almeno in Europa, in Occidente, le generazioni passate, noi abbiamo il dovere di custodirlo con coraggio e con fermezza nel nostro Paese e in ogni luogo del mondo, dall’Ucraina al Medio Oriente, in cui questi valori sono messi in discussione dalla crudeltà nei conflitti. Solo così”, ha chiosato il ministro Tajani, “onoreremo come merita la memoria di questi nostri connazionali innocenti”. (aise)
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