Alessia Pifferi, pg dice no a perizia psichiatrica

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È cominciato il processo d’appello per Alessia Pifferi, la 38enne condannata in primo grado all’ergastolo per l’omicidio volontario pluriaggravato della figlia Diana, di 18 mesi, abbandonata per una settimana nella loro casa di via Parea, a Milano, fino alla morte per stenti il 14 luglio 2022.

L’udienza si svolge davanti alla Corte d’assise d’appello di Milano (presieduta dal giudice Caputo, con Anelli come giudice a latere). La difesa di Pifferi è rappresentata dall’avvocata Alessia Pontenani, mentre la madre e la sorella dell’imputata, Maria Assandri e Viviana Pifferi, sono costituite parte civile con l’avvocato Emanuele De Mitri. La pubblica accusa è sostenuta dal sostituto procuratore generale Lucilla Tontodonati.

L’ultima udienza, prevista per il 29 gennaio, era stata rinviata a causa delle condizioni di salute dell’imputata.

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La procura generale: «Nessun elemento per riconoscere l’incapacità di intendere e volere»

Al centro del dibattito vi è la possibilità di disporre una nuova perizia psichiatrica per valutare lo stato mentale di Pifferi. Tuttavia, il sostituto pg Lucilla Tontodonati ha ribadito la posizione della procura, negando la presenza di elementi che possano giustificare l’ipotesi di incapacità di intendere e di volere.

«Non c’è nessun elemento che possa far pensare a una incapacità. Se l’uomo della strada può pensarlo per l’efferatezza del fatto, incomprensibile per il comune sentire – aver abbandonato la figlia per giorni -, non ogni delitto efferato si spiega con l’incapacità di intendere e volere», ha dichiarato il pg Tontodonati in aula.

Secondo la pubblica accusa, la lucidità mostrata da Alessia Pifferi nelle sue risposte al giudice delle indagini preliminari, così come durante le audizioni in aula, dimostrerebbe la sua piena consapevolezza. Anche il perito del tribunale, nella sua valutazione, ha escluso la presenza di disturbi della personalità o deficit cognitivi che possano aver influenzato la sua capacità di intendere e volere.

«Non c’è nessuna incapacità cognitiva o disturbo della personalità che possa aver influito sulla capacità», ha precisato la pubblica accusa. Inoltre, le recenti lettere scritte dalla Pifferi dal carcere, allegate al fascicolo dalla difesa, non sarebbero prove di un deficit mentale, ma piuttosto dimostrerebbero un «lucido disegno difensivo», secondo la procura.

Le rivelazioni dell’ex avvocata: «Le psicologhe del carcere avevano il controllo su Pifferi»

Nel frattempo, emergono nuove informazioni su quanto accaduto nel periodo precedente alla condanna di Alessia Pifferi. L’ex legale della donna, Solange Marchignoli, ha testimoniato nel corso delle indagini contro quattro psicologhe del carcere di San Vittore, l’avvocata Alessia Pontenani e un consulente, accusati a vario titolo di falsa testimonianza e false dichiarazioni.

Secondo Marchignoli, le psicologhe avrebbero esercitato un “dominio” su Pifferi. «Ci fu un cambiamento di atteggiamento da parte di Pifferi nel momento in cui ha iniziato questi colloqui con le psicologhe Guerzoni e Marazzi. Pifferi aveva cominciato ad avere un atteggiamento aggressivo nei nostri confronti (mio e del codifensore Luca D’Auria), a mo’ di maestrina. Soprattutto nei confronti di D’Auria, perché molte volte andava lui, io ero in vacanza, era agosto, e D’Auria mi riferiva che lei era bella spigliata e gli diceva che la nostra figura era diventata deleteria per le nostre apparizioni televisive. Aveva detto che queste psicologhe in qualche modo le facevano vedere cioè lei si guardava le apparizioni televisive nostre e che io le stavo rovinando tutto perché andavo in tv», ha raccontato Marchignoli.

L’ex avvocata ha inoltre rivelato che le psicologhe del carcere trattenevano documenti processuali, sottraendoli alla detenuta: «Le psicologhe avevano talmente il dominio della signora che non le consegnavano i documenti processuali che io volevo che lei leggesse per farla parlare di quello che era successo», ha spiegato.

Dopo questo episodio, Pifferi avrebbe assunto un atteggiamento sempre più ostile nei confronti della sua difesa. «Dopo questo episodio, ha cominciato a cambiare, a essere così cattiva», ha aggiunto Marchignoli, sottolineando come né lei né il collega D’Auria abbiano mai avuto l’impressione che l’imputata fosse incapace di intendere e di volere.

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Un profilo controverso: «Piaceva piacere, riceveva lettere d’amore in carcere»

L’ex avvocata ha descritto Alessia Pifferi come una persona attenta alla propria immagine, che in carcere riceveva molte lettere d’amore e che non sembrava in alcun modo estraniata dalla realtà. «È una donna a cui piace piacere, in carcere riceveva molte lettere d’amore e ne era felice, ricevevo anche dei regali per lei che non le ho mai consegnato», ha raccontato Marchignoli. L’ex legale ha anche dichiarato di possedere registrazioni audio tra Pifferi e un’amica, nelle quali la donna si esprime in modo perfettamente coerente. «Mi ero fatta l’idea che fosse una donna sola, una brava donna, capito? Anche una brava mamma, ci sono mamme ben peggiori se vuoi, molto attenta», ha dichiarato Marchignoli, riportando che alcune persone avevano riferito che la bambina fosse sempre pulita e ben nutrita. Tuttavia, ha aggiunto di essere rimasta colpita da quanto accaduto, domandandosi: «Ma cos’è successo?».

Il processo d’appello nei confronti di Alessia Pifferi si sta sviluppando attorno al nodo della capacità di intendere e di volere, con la procura che insiste sulla lucidità della donna e sulla sua piena consapevolezza al momento del delitto.



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