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Caotico e non trasparente: così Septimius Parvus di Expert Forum definisce il processo di gestione e successivo annullamento delle elezioni presidenziali in Romania, un precedente che solleva questioni cruciali per la democrazia anche nel resto dell’Ue. Nostra intervista

Secondo Septimius Parvus, analista di Expert Forum (think-tank con sede a Bucarest, che si occupa di osservare e analizzare il livello di democraticità delle politiche pubbliche in Romania e nei paesi vicini), lo shock dell’annullamento delle elezioni dello scorso novembre è il risultato di un lungo periodo di cattiva gestione governativa.

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“Se vogliamo capire cos’è successo, dobbiamo guardare a tutto l’anno appena trascorso ma, forse, al deterioramento istituzionale che è in atto almeno dal 2020”, dice durante una conversazione con OBCT.

Expert Forum ha da poco pubblicato un dettagliato report annuale intitolato La crisi dello stato romeno, che ricostruisce contesto e motivazioni del controverso processo che ha portato prima all’esclusione dalla corsa presidenziale della candidata del partito di estrema destra SOS-Romania Diana Iovanovici-Şoşoacă; poi allo sconcerto generale per la crescita improvvisa nei consensi e la vittoria al primo turno dell’altro candidato di estrema destra Călin Georgescu, spinto da campagne di dubbia liceità su TikTok e su altri social media; infine, al clamoroso annullamento delle elezioni da parte della Corte Costituzionale.

Sulla vicenda si è espressa di recente anche la Commissione di Venezia. Intanto, nel paese sembra crescere la polarizzazione politica (diversi candidati stanno mobilitando il proprio elettorato con manifestazioni di protesta) e nuove elezioni presidenziali sono state fissate per il prossimo maggio.

Nel vostro report menzionate il fatto che la coalizione di governo, invece di fornire spiegazioni, sembra più intenta a “mettere sotto il tappeto” il recente annullamento delle elezioni. In generale, qual è l’atteggiamento della classe politica rispetto alla crisi in atto?

Una buona parte di quanto è accaduto a novembre e dicembre trova le sue radici nel modo in cui è stato gestito l’intero anno elettorale. A giugno il popolo romeno era già stato chiamato alle urne per le consultazioni sia locali che europee. Il governo (una coalizione ideologicamente “ibrida”, fra i socialdemocratici del PSD e il centrodestra del PNL) ha preso decisioni caotiche dal punto di vista organizzativo, sia rispetto alla scelta delle date sia per il fatto che alcune regole sono state cambiate in corsa.

L’impressione è che PSD e PNL abbiano cercato di piegare la gestione delle consultazione a proprio vantaggio, in un’ottica strumentale. Tutto ciò ha creato un sentimento di insoddisfazione trasversale tra i cittadini, che si è acuito con le presidenziali di novembre. Qui, prima è stata esclusa la candidata Şoşoacă, poi si sono annullate le elezioni sulla base di un report dei servizi segreti che segnalava attacchi informatici al sito della commissione elettorale, influenze russe e una campagna di finanziamento illegale nonché promozioni illecite sui social a favore di Georgescu.

Il presidente Iohannis ha dichiarato semplicemente che “bisogna guardare avanti”. In generale, il comportamento della compagine di governo sembra voler passare sopra a quello che è successo, senza tener conto delle esigenze di trasparenza. È vero, c’è una decisione della Corte Costituzionale, si sono aperte alcune indagini ma per ora non conosciamo l’intera storia nei suoi dettagli.

Sappiamo chi ha finanziato tutta la campagna di Georgescu? Conosciamo la reale estensione dell’influenza russa? No, abbiamo solo consapevolezza della presenza di questi fattori ma non abbiamo idea delle proporzioni e della loro reale incisività. Risulta allora un po’ grottesco che nel frattempo ci ritroviamo con le stesse persone al potere e che queste non si impegnino a fornire spiegazioni soddisfacenti.

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La società civile chiede maggiore trasparenza?

Non tutti la pensano allo stesso modo. C’è chi sostiene che l’annullamento delle elezioni sia stato un fatto legittimo e positivo, c’è chi invece è molto critico. A sua volta, in questo “campo”, una parte interpreta il comportamento del governo come semplice incompetenza e chi ci vede della complicità interessata. In linea di massima si è creata un’aspettativa trasversale affinché ci sia maggiore trasparenza e vengano fornite più informazioni utili a capire la scala del fallimento a cui abbiamo assistito.

Un gruppo di associazioni della società civile chiede che ci siano dimissioni nei servizi segreti, nell’agenzia di controllo dei finanziamenti elettorali, insomma da parte di quelle istituzioni che non hanno saputo effettuare i controlli per tempo. Ci sono poi altre figure della società civile, opinionisti, analisti, ecc. così come membri delle opposizioni politiche che chiedono le dimissioni del presidente, il cui mandato è stato prolungato in maniera controversa sulla base di un articolo costituzionale che può essere interpretato in modi differenti.

Voi avete provato ad analizzare l’impatto dei social media sulla campagna elettorale. È stato così determinante?

Il problema è che per ora non abbiamo accesso a dati che non siano pubblici. È chiaro che un certo grado di manipolazione si è verificato, sia su TikTok che su altre piattaforme come Facebook (dove, per esempio, da un certo momento in poi gruppi di discussioni su temi di natura assolutamente non politica hanno iniziato a fare campagna elettorale), e soprattutto ci sono stati flussi di denaro a sostegno di Georgescu di natura illecita. Ma ancora non sappiamo l’entità di questi finanziamenti, e dunque il loro reale impatto sul processo elettorale (i report dei servizi segreti parlano di decine di migliaia di euro, che però sembra una cifra risibile).

In generale, penso si possa dire che queste dinamiche non sono avvenute solo online ma anche offline. È probabile, come affermano alcuni, che la Chiesa Ortodossa (che storicamente è stato un fattore di orientamento del voto) abbia giocato un ruolo in alcune comunità, così come altre confessioni. È vero comunque che in tal caso parliamo di processi di lunga durata e rispetto ai quali non è semplice stabilire se sia avvenuta manipolazione e di che tipo.

E l’influenza russa?

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Diciamo che le prove definitive del fatto che i soldi siano arrivati dall’esterno attualmente non ci sono. Non si può certo escludere la possibilità, dal momento che si sono viste dinamiche simili all’opera in Moldova o in Bulgaria, così come parzialmente in Ucraina… E le figure politiche che hanno beneficiato dei finanziamenti portano avanti una linea politica favorevole a Mosca.

Ma il punto è che il tema dell’influenza russa, la cui presenza non è da escludere, viene utilizzato come “capro espiatorio” da diverse forze politiche. A mio modo di vedere occorre concentrarsi di più sulle questioni interne: ci sono state inchieste che hanno mostrato come il sostegno a Georgescu sia arrivato da ufficiali di polizia, da ex-membri dei servizi segreti, da ufficiali dell’esercito. Insomma, il quadro è molto confuso. In generale, il problema è proprio l’incapacità e la scarsa volontà da parte della coalizione di governo e delle istituzioni di compiere il proprio dovere e di informare correttamente i cittadini.

In conclusione, mi sento di dire che siamo forse di fronte al primo caso di elezioni annullate per ragioni in cui le nuove tecnologie di propaganda hanno avuto un ruolo preponderante. Purtroppo non abbiamo un quadro sufficientemente chiaro per capire la rilevanza e il peso giocato da tali elementi nell’influenzare il processo di voto, ma le elezioni romene sollevano questioni cruciali per la democrazia di tanti altri paesi. Di certo, però, il modo in cui sono state gestite non rappresenta un caso di successo.

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