Il volume d’affari delle mafie italiane

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Il volume d’affari delle mafie italiane si aggira attorno ai 40 miliardi di euro l’anno

Il fenomeno mafioso sembra essere sempre meno percepito come un problema grave per i cittadini italiani.

Nonostante la diminuzione della violenza visibile, le mafie continuano ad esercitare il loro potere, adattandosi e infiltrandosi nei settori legali dell’economia.

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Quattro italiani su dieci ritengono infatti che la mafia sia “meno violenta rispetto al passato”, pur continuando a considerarne la presenza altrettanto preoccupante.

Secondo un sondaggio di Libera-Demos per Repubblica, il 54% degli intervistati considera ormai la mafia legata ai “colletti bianchi” e ai professionisti.

Le mafie, infatti, sono riuscite a infiltrarsi sempre più nell’economia legale, creando un’area grigia dove i confini tra il legale e l’illegale diventano sempre più sfumati.

Questa alleanza tra mondo mafioso e professionisti legali consente alle organizzazioni criminali di differenziare i loro affari e di esercitare il loro potere in modo più invisibile e meno violento: https://www.libera.it/it-schede-2697-mafia_inabissata_la_nuova_invisibilita_del_crimine_organizzato

Come va sottolineando da tempo don Luigi Ciotti:
“Oggi le mafie sono più forti di prima.
Sparano di meno, fanno meno rumore e quindi non c’è questa consapevolezza nella gente, tra le istituzioni.
Dobbiamo dircelo con chiarezza: si è passati dalla percezione del crimine organizzato mafioso al crimine normalizzato”.
E aggiunge: “Le mafie cercano altre alleanze, sono più diffuse, sono transnazionali, sono tecnologiche.
I grandi boss sono diventati manager, imprenditori”.

Dalla Procura nazionale antimafia emerge che oggi i rapporti tra mafia e politica in Italia sono diffusi, disincantati e pragmatici.”

A confermare questo fenomeno di normalizzazione del crimine organizzato, che rappresenta un pericolo ancora maggiore, poiché rischia di indebolire la capacità di reazione della società civile e delle istituzioni, è anche un recente Report dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre che arriva a stimare il volume d’affari delle mafie italiane attorno ai 40 miliardi di euro l’anno; una cifra spaventosa che vale praticamente due punti di Pil.

Se effettuiamo una comparazione puramente teorica che, tuttavia, ci consente di “dimensionare” la portata del fenomeno, il fatturato dell’industria del crimine risulta essere ipoteticamente al quarto posto a livello nazionale, dopo quello registrato dall’Eni (93,7 miliardi di euro), dall’Enel (92,9 miliardi) e dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) (55,1 miliardi).

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Un giro d’affari che, come sottolineato dalla CGIA, risulta certamente sottostimato, poiché non è possibile misurare anche i proventi riconducibili all’infiltrazione di queste realtà nell’economia legale.

In Italia sono 150mila le imprese nell’“orbita” della criminalità organizzata.

In virtù dei dati in possesso dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia – struttura che, per legge, riceve ogni anno dagli intermediari finanziari centinaia di migliaia di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette – è stato possibile mappare il numero delle imprese presenti in Italia che potenzialmente sono contigue a contesti di criminalità organizzata.

Oltre alle segnalazioni ricevute, la UIF ha incrociato anche gli scambi informativi acquisiti dalla Direzione Nazionale Antimafia e dall’Autorità giudiziaria.

Grazie a questo mix di dati è stato possibile censire almeno 150mila imprese che potrebbero essere potenzialmente controllate o collegate a vario titolo alle organizzazioni criminali di stampo mafioso.

Analizzando la diffusione territoriale delle aziende in “odor di mafia”, scorgiamo che sono le attività più a rischio sono quelle presenti nelle grandi aree metropolitane.

A Napoli, ad esempio, sarebbero quasi 18.500, a Roma poco più di 16.700 e a Milano sfiorano le 15.650 unità.

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In queste tre realtà geografiche è concentrato il 34 per cento circa delle imprese a rischio in tutto il Paese.
Seguono Caserta con 5.873 imprese, Brescia con 4.043, Palermo con 4.016, Salerno con 3.862, Bari con 3.358 e Catania con 3.291.

Gli ambiti criminali in cui le mafie fanno business sono numerosissimi.

Tra i principali il Report segnala il narcotraffico, il traffico d’armi, lo smaltimento illegale dei rifiuti, gli appalti pubblici, le scommesse clandestine, il gioco d’azzardo, l’usura, il contrabbando di sigarette e la prostituzione.

Tra le attività esercitate da queste consorterie malavitose, le estorsioni sono quelle più remunerative e le vittime di questo reato sono, quasi esclusivamente, imprenditori.

Non solo. Nei territori dove il numero di denunce all’Autorità giudiziaria per estorsione/racket – ma anche per reati ambientali, contraffazione, lavoro nero, caporalato, etc. – è molto alto, la probabilità che vi sia una presenza radicata e diffusa di una o più organizzazioni di stampo mafioso è altrettanto elevata.

Qui per approfondire: https://www.cgiamestre.com/wp-content/uploads/2024/12/AICopiaCriminale-economia-14.12.24-1.pdf.

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