“Taranto fa parte della questione meridionale”. E’ partito da questa constatazione un lavoro di approfondimento sull’Ilva e le conseguenze ambientali e sanitarie sul territorio di questa sfortunata città, la cui popolazione non possiede strumenti politici e culturali di autodifesa perchè molti cittadini risultano poco attive e consapevoli, nonostante in questi ultimi anni Taranto abbia raggiunto nel suo complesso un notevole grado di consapevolezza e sensibilizzazione anche tramite l’attivismo e l’associazionismo ambientale.
E’ stato possibile analizzare le competenze chiave della cittadinanza attiva nella lotta in campo ambientale nelle specifiche accezioni dei fenomeni quali il conflitto e la giustizia ambientali, la violenza strutturale e il razzismo ambientale.
Il tutto per attuare un orientamento di comprensione valido, per costruire una strategia efficace finalizzata alla propria lotta specifica in campo ambientale e ecologico. La città di Taranto deve diventare un caso di studio per una concettualizzazione di portata generale e universale.
Con una rete telematica per la pace e per l’ambiente che dal 1991 ha sperimentato forme di connessione comunicativa innovative, tenendo contatti con padre Kizito Sesana, con il mondo della cooperazione e della solidarietà internazionali, con il medico di guerra in Congo, la dottoressa Chiara Castellani e con il padre comboniano Alex Zanotelli nelle sue missioni in Africa e in particolare a Nairobi e nella baraccopoli di Korogocho.
Si sono intessuti rapporti con questi esponenti di spicco di esperienze molto forti in contesti di accentuata ingiustizia sociale e queste sono storie di vita e esperienze da trasferire su Taranto come caso nazionale e internazionale e universale.
Ican la Campagna Internazionale per l’abolizione e la messa al bando degli ordigni e delle armi nucleari, che ha vinto il Premio Nobel per la pace nel 2017 e sono state fatte molte iniziative per sostenere e promuovere questo nostro premio Nobel da noi attivisti anche con le altre associazioni membri Ican.
Quando si tratta di giustizia ambientale non si considera l’ecologia come serie di iniziative di tutela del paesaggio, ma la lotta ecologista consiste nella applicazione della giustizia ambientale, nella tutela dei diritti umani, nella giustizia sociale che tocca le questioni del potere delle multinazionali, delle lobby del neoliberismo e del libero mercato, dei potentati economici e della negligenza dei governi nel dare dell’aiuto e del sostegno alle popolazioni. Negli USA gli afroamericani subiscono il peso dei maggiori impatti ambientali. Negli Stati Uniti l’ecologia dei potenti, dei ricchi tutelava i parchi e il verde. L’ecologia dei diseredati, dei poveri, si occupa delle discariche, nei ghetti neri con processi di produzione nocivi.
I pesi ambientali su certi territori sono determinati da situazioni svantaggiose della popolazione, ossia si tratta di territori sacrificabili dove la popolazione non risulta difesa e tutelata dalle politiche dei governi e dallo Stato.
L’Ilva è una fabbrica di morte
Morte provocata da una violenza strutturale che determina l’aumento di tassi di mortalità e disabilità, subiti da coloro che occupano i posti inferiori della società, nelle classi sociali più basse, più deboli e più a rischio.
A Taranto si registra il disastro ambientale più grande in Italia: il processo “ambiente svenduto” è il più grande processo nel nostro Paese. Il ricatto occupazionale che vige a Taranto consiste nella paura che non esista un’alternativa valida.
A Taranto si tende a liquidare il silenzio politico e l’omertà istituzionale con il ricatto occupazionale.
Secondo Galtung la strategia vincente della cittadinanza attiva consiste nel delocalizzare il conflitto e trasformare e far diventare la propria lotta, la lotta localistica, un esempio universale contro la violenza strutturale.
I movimenti ambientalisti devono essere nonviolenti. Altrimenti le questioni ambientali vengono catalogate e derubricate come un problema di ordine pubblico, un fatto di facinorosi. La lotta di Taranto deve essere e è stata sempre pacifica e nonviolenta e ha sempre posto al centro dell’attenzione le prime vittime innocenti: i bambini. I bambini sempre oggetto di razzismo ambientale perché subiscono l’eccesso di tumori infantili in quanto vivono in quartieri altamente inquinati con notevoli danni al neurosviluppo e all’apparato neurovegetativo a causa delle sostanze tossiche e nocive di origine industriale emesse nell’atmosfera.
Nei conflitti ambientali spesso subentra la rassegnazione e la delega alla politica e all’associazionismo e al mondo dell’attivismo ambientalista. Oppure tutto questo può essere dirottato e convogliato nella nostra scelta di attivisti per l’ambiente nella partecipazione attiva, diretta e efficace.
La nonviolenza deve essere la strategia della cittadinanza attiva, con obiettivi, mezzi, competenze, capacità di comunicazione ad esempio nel conquistare l’opinione pubblica e dove la prima preoccupazione sia il valore della verità sulle menzogne del sistema di potere.
“A scuola di cittadinanza attiva” è un libro autopubblicato a cura di Daniele Marescotti. Questo libro contiene tutte le declinazioni di cittadinanza attiva non come blocco unico, ma con diversità di sfaccettature e competenze che devono costituire il bagaglio culturale del cittadino attivo che deve essere in grado di utilizzare soprattutto gli strumenti digitali.
Una delle declinazioni della cittadinanza attiva è la cittadinanza globale che è una formula nata sulla base della definizione delle Nazioni Unite al cui interno è maturata l’Agenda ONU 2030 con i suoi obiettivi: la tutela degli ecosistemi, la riduzione delle disuguaglianze, l’educazione, il benessere delle persone, la tutela ambientale.
Durante il Webinar si sono rivelati molto interessanti i vari contributi e interventi dei partecipanti.
Sono stati posti in evidenza e sono emersi interessanti contributi e quesiti a proposito della strategia di attuazione delle dinamiche nonviolente come strategia per attuare il cambiamento costruttivo e alternativo.
Si è analizzato il ruolo del Sindacato nel porsi di fronte alle problematiche ambientali, prendendo a esempio il modello di sciopero al contrario di Di Vittorio.
E’ emersa l’esigenza di cercare di coinvolgere il mondo della scienza (citizen science) per avvalorare e corroborare ulteriormente le buone pratiche ambientaliste e ecologiste dei cittadini attivi e dei vari attivisti ambientali, come ha sostenuto nel suo ultimo intervento in pubblico, prima della scomparsa, il celebre padre dell’ecologismo Virginio Bettini.
Laura Tussi
Sitografia per approfondire:
Canale Mastodon
Bibliografia essenziale:
Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Resistenza e nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni.
Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Memoria e futuro, Mimesis Edizioni. Con scritti e partecipazione di Vittorio Agnoletto, Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Giorgio Cremaschi, Maurizio Acerbo, Paolo Ferrero e altri
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